Alla soglia degli 80 anni pensa che la morte «sia una liberazione. Il dispiacere è lasciare le persone che ami». La vita tumultuosa di un uomo che ha amato e anche «sbagliato»
La madre si impensierì quando lo vide, appena dodicenne, afferrare in bagno un porta sapone a forma di microfono e leggere per intero una commedia di Goldoni: «Si sarà detta “questo è matto”», commenta l’episodio Maurizio Costanzo e aggiunge: «La mia grande passione è sempre stata la radio, dove tuttora mi sento completamente a mio agio perché è pura parola. Sin da piccolo, prima di addormentarmi, la ascoltavo: a casa ne possedevamo una enorme, per trasportarla bisognava essere in due». Ma la sua lunga carriera inizia come giornalista nella carta stampata: «Mio padre era impiegato al Ministero dei trasporti, mamma casalinga. Non avevo giornalisti in famiglia, forse un nonno materno pare che in gioventù scribacchiasse da qualche parte. Ho cominciato facendo un giornalino scolastico alle medie. A 14 anni scrissi una lettera a Indro Montanelli, per me un mito: mi telefonò a casa e mi invitò a visitare la redazione del Corriere della Sera». Sì, però a 22 anni era già caporedattore: raccomandazioni? «No. Il direttore di Grazia mi aveva preso a ben volere e quando mi affidò la redazione romana del settimanale, ero molto preoccupato. Per darmi un tono mi aumentavo l’età: se me la chiedevano, rispondevo 28».
Da Totò a Donald Trump
Una delle sue prime interviste a Totò: «Era un uomo malinconico e, forse, non si rendeva conto della sua grandezza. Quando interpretò «Uccellacci uccellini» diretto da Pasolini non capì l’importanza e mi disse: «“Noi attori siamo come i tassisti, andiamo dove vuole il cliente”». Da Totò a Donald Trump, molto tempo dopo: «Era l’anno successivo alla tragedia delle Torri Gemelle. Andai a New York per degli special. Il tycoon mi accolse nel suo stratosferico ufficio, ma per arrivare a lui le guardie del corpo a momenti non mi denudavano. Fu cordiale, ancora non aveva il ciuffo di pannocchie in testa. Adesso i suoi diktat mi preoccupano». La svolta mediatica avviene con il successo di «Bontà loro», il primo talk show italiano: «Fu Angelo Guglielmi a chiedermi di lavorare a un programma di seconda serata. Proposi quell’idea». Dicono che sia stata ispirata dai talk già esistenti negli Stati Uniti: «Certo che esistevano, ma io non ne sapevo nulla! Essendo poco portato per le lingue straniere, anche se l’avessi visto su qualche canale non avrei capito un accidente! Comunque, penso che io sarò ricordato per il “Maurizio Costanzo Show”».
La scoperta di Camilleri
Un programma che continua ancora oggi (ad aprile 6 nuove puntate su Canale 5) e con cui ha lanciato tanti personaggi: di chi è più orgoglioso? «Andrea Camilleri: una sera venne a presentare un suo romanzo che avevo letto e mi era piaciuto molto. Mi rivolsi al pubblico mostrando il libro e dicendo compratelo, se non vi piace vi ridò i soldi. Nessuno mi chiese i soldi indietro. Sono orgoglioso anche di Paolo Villaggio: quando lo conobbi a Genova, era un impiegatuccio che si esibiva in un piccolo locale. Lo scritturai per un cabaret romano a Trastevere. Lui venne e, siccome non pensava di fermarsi a lungo, non si era portato nemmeno i vestiti di ricambio!». Tra i tanti portati al successo, quali i riconoscenti e gli irriconoscenti? «Iacchetti e Covatta appena li chiamo corrono e, se hanno altri impegni, li disdicono… Tra gli irriconoscenti, pensavo fosse Valerio Mastandrea, poi mi son ricreduto».
Gassman e Sordi
I veri amici? «Ho avuto un bellissimo rapporto con Vittorio Gassman e Alberto Sordi. Vittorio mi veniva a trovare e, mentre fumava una sigaretta, mi confidava anche i dispiaceri. Alberto era delizioso: se si fidava, ti apriva il cuore. Una volta gli chiesi se era vera la sua storia con Silvana Mangano. Mi rispose: ci siamo voluti bene». I nemici? «Bè, Riccardo Bocca non è stato molto elegante. Mi ha dedicato un libro contro: “Maurizio Costanzo Shock”». E tra i nemici vogliamo metterci anche Totò Riina? «Avevo fatto tante trasmissioni sulla mafia e so che Riina disse “questo Costanzo ha rotto i coglioni”. Una sentenza, che infatti si avverò con l’attentato del ‘93. Con Maria (De Filippi) ci salvammo perché quel giorno avevamo cambiato la nostra abituale auto. Il sicario, non riconoscendola, ebbe un attimo di incertezza e pigiò il pulsante in ritardo».
La quarta moglie
Maria è l’ultima, la più duratura di quattro mogli. Un passato da latin lover? Si schermisce: «No, mi sono sposato quattro volte perché, se il matrimonio si incrinava, non cercavo un amante, preferivo affrontare i problemi della separazione». La prima aveva quattordici anni più di lui, che ne aveva 25. «Lori Sammartino mi affascinava, era una grande fotografa. Il mio testimone all’altare fu Raimondo Vianello». Con la De Filippi è sposato da oltre vent’anni: perché con l’avanzare dell’età si è stancato di cambiare compagna o perché è finalmente quella giusta? «Quando Maria venne a lavorare nella mia società, Monica Vitti mi disse: “Quella ragazza ha una voce forte come la mia: porta bene”. Sì, è quella giusta: mi fido ciecamente di lei, tra noi non c’è mai carenza di dialogo». Un difettuccio? «Pur non avendo fatto studi in medicina, ne sa qualcosa e, quando mi ammalo, è una rottura di scatole: avere tra i piedi un medico mancato o una specie di infermiera, un vero strazio». È stata lei a costringerlo a smettere di fumare? «Io non ho molti vizi: non bevo, non mi drogo, ma le sigarette sì, ne fumavo tante. Quando ho smesso, me le sono sognate per altri 7-8 mesi! Poi basta: ne sono fiero».
Salvato dalla memoria
Quattro mogli e tre figli, Saverio, Camilla e l’adottivo Gabriele: con chi ha più empatia? «Forse Saverio, per via dell’amore per il cinema. L’esperienza dell’adozione, meravigliosa. Ricordo con tenerezza quando ci affidarono Gabriele: aveva 12 anni, ci venne incontro con i suoi occhi grandi». Ci sono anche quattro nipoti: «Li adoro e faccio il nonno a modo mio: non sono di quelli che li porta al parco o gioca col trenino». E poi il gatto Filippo e due cani, Ugo e Filippa: «Il gatto sta con me in ufficio e mi accoglie ogni mattina salendo sulla scrivania. I cani sono due bassotti affettuosi. Adoro gli animali, sanno consolarti nei momenti difficili». Per esempio quando scoppiò lo scandalo della P2? «Tra tutti coloro che negarono di appartenervi, io ho ammesso, avevo la coscienza a posto. Piuttosto – aggiunge con sarcasmo – credo che dessi fastidio a qualcuno, un modo per farmi fuori». Insieme a Maria De Filippi è stato spesso accusato di fare tv spazzatura: «Certa critica è spazzatura ed esiste anche un pubblico spazzatura». Alla soglia degli 80 anni, il bilancio è positivo? «Di sbagli ne ho commessi. Per fortuna la memoria ti salva, perché cancella molti brutti ricordi. A volte penso che si avvicina il momento del congedo: la morte è una liberazione, il dispiacere è di lasciare le persone che ami».
di Emilia Costantini, il Corriere della Sera