Il cantante, bassista, chitarrista, paroliere e anima del gruppo prog rock britannico, si è spento a causa di un cancro. Aveva 69 anni. Palmer: “La sua musica vivrà per sempre”
“Siamo affranti nel dover diffondere questo annuncio di Stewart Young: ‘Ieri, 7 dicembre, ho perso il mio migliore amico dopo una lunga e ostinata battaglia contro il cancro. Greg Lake rimarrà eternamente nel mio cuore, dove è sempre stato. La sua famiglia sarà grata a chi rispetterà la propria privacy in questo momento di dolore”. Il messaggio è stato scritto dal manager degli Emerson, Lake and Palmer, Stewart Young, per salutare Gregory Stuart ‘Greg’ Lake, cantante, bassista, chitarrista, paroliere, produttore e molto altro: in poche parole, l’anima di uno dei gruppi prog rock britannici più noti.
Dopo Keith Emerson, morto suicida pochi mesi fa, l’epopea del progressive perde un altro dei suoi eroi leggendari. Greg Lake aveva 69 anni e, dopo alcune sperienze minori con band come Shame, Shy Limbs e Gods, aveva fatto parte della prima formazione dei King Crimson. Poi l’esperienza trionfale con Keith Emerson e Carl Palmer, forse il più celebre e fortunato tra i supergruppi della storia del rock.
Bassista, cantante e produttore, Lake univa tecnica e creatività. Era amico fin da ragazzo di Robert Fripp ed entrò a far parte della prima formazione dei King Crimson, diventando parte fondamentale del rivoluzionario progetto dello stesso Fripp. Le sue parti vocali e il suo basso contribuirono in maniera sostanziale al successo dell’album In the court of the crimson king, uno dei dischi più innovativi di tutti gli anni 60.
L’esperienza con Fripp durò circa un anno, anche se, su richiesta del suo vecchio amico, partecipò alle registrazioni del secondo album dei Crimson, In the wake of Poseidon. Ma proprio durante un tour conobbe Keith Emerson, leader dei Nice, e con lui e il batterista Carl Palmer, a sua volta reduce da una importante esperienza con gli Atomic Rooster, mise in piedi il progetto EL&P. Una band strabordante, capace di esordire al Festival di Wight del 1970, una sorta di Woodstock europea (c’erano Jimi Hendrix, gli Who, Miles Davis, Jethro Tull, Joni Mitchell, Leonard Cohen, Donovan e tanti altri), e di stupire i 600.000 presenti con adattamenti rock di composizioni sinfoniche, in particolare quelle di Modest Musorgskij e della sua suite Pictures at an exhibition.
L’omonimo album di debutto di EL&P mise in luce l’incontenibile virtuosismo di Keith Emerson, ma il successo della band era strettamente legato anche all’abilità di produttore e compositore di Lake, che regalò al disco due perle acustiche come Take a pebble e la celebre Lucky man. La sua voce lirica e intensa regalava colori e sfumature al suono maestoso del gruppo, fornendo un contributo decisivo alla scalata al successo di un trio che ha dominato le scene per almeno un lustro. “Eravamo espressivi e potenti da un lato, dinamici e romantici dall’altro”, ha raccontato qualche anno fa il bassista riavvolgendo il nastro di una carriera folgorante e leggendaria, fatti di stadi pieni, pellicce e jet privati.
Una parabola che divise il pubblico: EL&P erano amati od odiati. Simbolo di un’epoca di musica barocca ed eccessiva o profeti del verbo del rock sinfonico. “Non ci siamo mai sentiti presuntuosi – aveva raccontato – cercavamo solo di ottenere il meglio da noi stessi. La musica è il frutto emotivo di un contratto non scritto tra persone. È importante avere una visione. ELP sposava l’artigianato con le emozioni”.
Dopo il boom dell’esordio, EL&P pubblicarono altri dischi di enorme successo: Tarkus, Pictures at an exhibition (accompagnato da un celebre film-concerto), Trilogy, Brain salad surgery scalarono le classifiche accompagnati da tour mondiali maestosi, spettacolari, pirotecnici. Poi i moog e le tastiere iniziarono a cedere il passo ai furori chitarristici del punk, le pellicce furono sostituite dai giubbotti di pelle e il progressive divenne un totem da abbattere. Nel 1980, dopo 40 milioni di dischi venduti, gli EL&P decisero di separarsi e Lake continuò come solista con gli album Greg Lake e Manouvres. Poi prese parte al tour degli Asia e collaborò con Bob Dylan, prima di rimettersi in pista con Keith Emerson nel progetto Emerson, Lake & Powell, con Cozy Powell alla batteria al posto di Carl Palmer.
All’inizio degli anni Novanta si impegnò a fondo in cause umanitarie (è di questo periodo la registrazione del brano Daddy in favore del National Center for Missing Exploited Children), prima di riportare in vita una versione sbiadita degli EL&P. Poi un tour con Ringo Starr, la partecipazione a uno show in favore della ricerca sul cancro nel 2003, la collaborazione con gli Who per il singolo Real good looking boy nel 2004, un tour insieme a una band di giovanissimi, una nuova serie di concerti con Keith Emerson nel 2010, e ancora un tour antologico intitolato Songs of a lifetime.
Negli ultimi mesi, in pieno revival progressive, aveva partecipato attivamente alla realizzazione delle ristampe degli album classici degli EL&P. “Il nostro faro-guida era la bellezza – aveva raccontato – esattamente l’opposto dei nostri giorni, che hanno dimenticato che cosa sia la parola ‘artigiano’. Molti produttori non hanno idea di cosa sia la musica. Imparano qualche trucco da studio d’incisione e si lanciano su Internet”. Nel suo sito personale aveva scritto: “The greatest music is made for love, not for money”.
“E’ con grande tristezza che devo dire addio al mio amico e compagno di band Greg Lake”. Così il batterista Carl Palmer, ultimo superstite del leggendario trio Emerson, Lake and Palmer, saluta oggi il collega scomparso. La notizia della sua morte è “particolarmente dura per noi”, scrive Palmer in un messaggio citato dall’agenzia britannica Pa. Ma – aggiunge – “la morte è vita, come Greg cantava alla fine di Pictures At An Exhibition e la sua musica vivrà per sempre, così come lui vivrà nei cuori di coloro che lo hanno amato”.
Carl Palmer ricorda poi “la voce e il talento di Greg” e “i molti memorabili concerti eseguiti insieme negli anni ’70”: fra i quali spicca nella memoria degli appassionati l’esordio indimenticabile al Festival dell’Isola di Wight che, come mai prima d’allora – rievoca la Pa -, trasformò un’esibizione rock in uno show teatrale.
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