IN ARTE NINO, L’OMAGGIO DI ELIO GERMANO A MANFREDI

IN ARTE NINO, L’OMAGGIO DI ELIO GERMANO A MANFREDI

La pellicola che ha aperto il Roma Fiction Fest, scritta e diretta dal figlio del comico, racconta gli anni della gioventù del ciociario. E ci ricorda quanto era unica la sua ironia

elio-germanoSaturnino si intrufola nelle cucine del sanatorio in piena notte, a bere vino e mangiare formaggio mentre suona la chitarra per gli amici. Fa il verso al professore, salvo poi finire cacciato dalla classe. Convince i pazienti creduloni che la loro prosperosa infermiera si fa toccare volentieri i seni, su cui tutti fanno sogni erotici. Una ne pensa e cento ne fa, Saturnino Manfredi. Anzi, Nino, come lo chiamano tutti.
La celebra il film Tv In Arte Nino, che mercoledì 7 dicembre ha aperto il Roma Fiction Fest. Scritta e diretta per Rai Fiction da Luca Manfredi, primogenito del comico ciociaro morto nel 2004, la pellicola racconta gli anni della gioventù di Nino, interpretato da un grande Elio Germano.
La storia comincia nell’ospedale dove era ricoverato nel 1939 per combattere la tubercolosi, continua nel 1943 quando frequenta (di nascosto) l’Accademia d’Arte drammatica Silvio D’Amico e poi inizia i primi lavoretti da squattrinato, fino all’incontro con la futura moglie Erminia (Miriam Leone).
Germano si cala nel ruolo senza riserve, mettendoci tutto quello che ha: dall’accento ciociaro al modo di camminare quasi saltellando e di recitare con quella postura e quel gesticolare che fanno rivivere il grande comico per i 100 minuti della pellicola (bellissime le scene in cui imita la gallina di casa, fa Charlie Chaplin davanti ai militari americani e convince la commissione a dargli la laurea con l’imitazione di Arlecchino).
Un nodo fondamentale del film è il rapporto di Nino con il padre, che non riesce a darsi pace per il figlio: combina una marachella dietro l’altra e non ne vuole sapere di mettere la testa a posto e far fruttare la laurea in legge. Ma Nino non lo fa con cattiveria, è più forte di lui. L’ironia è l’unica cosa che lo salva. Come gli dice l’insegnante all’Accademia d’Arte Drammatica, «l’ironia non si compra al mercato, o ce l’hai, o non ce l’hai». E Nino Manfredi ne aveva da vendere, per ogni occasione, anche davanti a un amico che sta morendo.
Per nostra fortuna, non è mai diventato avvocato. È un Manfredi privato, quello raccontato dal film, un omaggio che riesce a commuovere nonostante (o forse proprio perché) le battute del protagonista sembrano inesauribili. E davanti a Canzonissima, anche il papà maresciallo deve gettare la spugna.

Margherita Corsi, Vanity Fair

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