«In questa stagione di insulti, volgarità e risse sui social occorre che la politica accetti un leale confronto su fatti e programmi. Una tv generalista come La7, che ha la sua identità nell’informazione e nel racconto quotidiano del reale, si propone come un luogo di discussione, anche accesa, in cui non ci sono “nemici” ma avversari. Come dev’essere in democrazia».
Andrea Salerno è il direttore di La7 dal giugno 2017. Dunque la tv contro i social?
«Capisco che la tv generalista, al tempo della Rete, può apparire un po’ come un saggio di “Micromega”. Ma oggi rischiamo di essere immersi in una sceneggiatura tipo “Lost” in cui tutto sembra accadere senza una ragione. L’unica alternativa è capire. E si capisce confrontandosi. Non insultandosi».
Oggi, lunedì 9 settembre, riprende la programmazione regolare. Con quali obiettivi?
«La7 è rimasta “sempre accesa” l’intera estate, così come lo è da più di due anni. Quando c’è bisogno di informazione il pubblico cerca noi e magari ti regala un prime time al 5.35% di share, cioè +22% rispetto al 2018, e un 4.05% nella giornata, +29% con 34 milioni di telespettatori contattati. Risultati importanti grazie al lavoro de “L’aria che tira Estate” con Francesco Magnani, a “In onda” con David Parenzo e Luca Telese, alle magnifiche maratone di Enrico Mentana, quanto di più informativo e insieme istruttivo si possa offrire durante una crisi politica. L’obiettivo per la nuova stagione? Quello di sempre: La7 ha il suo ancoraggio nella narrazione del presente con un forte radicamento nel passato, altrimenti ciò che viviamo oggi diventa un flusso incomprensibile».
Il palinsesto de La7 offre molti volti noti. Ma le personalità sono molto diverse. Come si tiene insieme il rigore di Lilli Gruber con l’irruenza di Massimo Giletti? Non c’è il pericolo di sovrapposizioni di temi?
«Il nostro successo è proprio nella varietà di stili e di linguaggi: appunto Enrico Mentana, Lilli Gruber, Massimo Giletti accanto a Giovanni Floris, Myrta Merlino, Corrado Formigli, Andrea Purgatori, Diego Bianchi-Zoro, Tiziana Panella ora si aggiunge anche Licia Colò. Una squadra formidabile: i più bravi, i più autorevoli, la qualità del palinsesto è altissima: e sono proprio le disomogeneità a intercettare pubblici diversi. Non c’è quindi pericolo né di sovrapposizione né di incomprensioni».
La7 viene talvolta vista come una tv «di sinistra». È così?
«Ci hanno dato dei leghisti, dei grillini, dei filo-Pd, dei berlusconiani… Se ci attaccano tutti vuol dire che siamo liberi. Il nostro spirito è di “servizio al pubblico”, se non vogliamo sempre parlare del solito tema del servizio pubblico».
Lei viene da Rai3. C’è qualcosa di quell’esperienza nella «sua» La7?
«Anche diversi volti della nostra tv vengono da Rai3. Ma nel nostro progetto oggi ci sono uomini e donne di tv che assicurano a La7 un profilo completamente nuovo. Si lavora tutti insieme, ciascuno con la propria personalità, con l’obiettivo di offrire un eccellente prodotto collettivo».
Oltre all’informazione, Salerno?
«Tutte le pieghe del palinsesto fanno riferimento alla narrazione della realtà. Avremo nuove fiction come “Chernobyl”. O il docufilm “Our Godfather” su Tommaso Buscetta. Poi vorrei citare la “rete che non si vede”, cioè la struttura, l’organizzazione, la macchina… C’è un intenso lavoro artigianale sulla qualità delle luci, dell’allestimento degli studi. Una tv curata nel dettaglio, un altro punto di forza».
Cosa direbbe ai politici, a proposito de La7 come luogo di dibattito?
«Non negatevi al confronto. È una scelta assurda che rischia di lasciare il Paese smarrito in un campo aperto solo alle bassezze di certa truce propaganda sui social».
Paolo Conti, Corriere della Sera