A VENEZIA LILY-ROSE, LA RAGAZZINA CHE VEDE I FANTASMI. “IN PLANETARIUM C’È IL MIO LATO DARK”

A VENEZIA LILY-ROSE, LA RAGAZZINA CHE VEDE I FANTASMI. “IN PLANETARIUM C’È IL MIO LATO DARK”

La figlia di Johnny Depp e Vanessa Paradis al fianco di Natalie Portman nel film di Rebecca Zlotowsky. La storia (molto hitchcockiana) di due sorelle medium che negli anni 30 vengono coinvolte da un produttore cinematografico per un film sugli spettri

lily-deppLaura Barlow è una donna determinata, gira l’Europa con le sue sedute psichiche sognando un giorno di tornare a casa, in America. Kate Barlow è sua sorella minore, poco più che una ragazzina, è lei la più “dotata”, colei che riesce ad evocare gli spiriti dei cari estinti. Laura Barlow è l’attrice premio Oscar Natalie Portman (35 anni compiuti da poco), Kate Barlow è la diciassettenne figlia d’arte Lily-Rose Depp (la mamma è Vanessa Paradis, il papà è il tormentato Johnny). Alla Mostra presentano oggi Planetarium di Rebecca Zlotowski, fuori concorso.
Le incontriamo insieme in un salottino del Grande Albergo Ausonian e Hungarian del Lido, una residenza di inizio Novecento perfettamente in stile con il film, ambientato nella Francia di fine anni Trenta sullo sfondo della nascita dell’antisemitismo e della caccia agli ebrei. Natalie Portman appare radiosa, felice sicuramente degli applausi che la sua Jackie in concorso ha raccolto ieri, quando ha trovato anche il tempo di visitare la Biennale di Architettura trovandola incredibile, Lily-Rose leggermente intimidita benché sotto gli occhi dei riflettori da quando è nata conserva lo stupore delle prime volte “sono molto emozionata e adoro Venezia, c’ero stata solo da ragazzina, e mi piace che tutto sia sull’acqua”. Quanto al film, “il personaggio di Kate mi ha toccata, molti dei tratti della sua personalità risuonavano in me. Ho un lato gioioso, solare, ma ho anche, come lei, un lato più chiuso, timido, nel mio mondo. Lei non è sulla terra al cento per cento, ha un lato fluttuante tra la vita e la morte. Interpretare una medium mi ispirava, è forte. Nemmeno io sono completamente razionale, amo l’idea che alcuni spiriti restino con noi dopo la loro morte”.
La regista, nata a Parigi nel 1980, si è interessata alla storia delle sorelle Fox, tre sorelle medium americane che hanno inventato lo spiritismo alla fine dell’Ottocento, e in particolare ad “un episodio poco conosciuto ma che mi ha affascinato: l’assunzione, per un anno, da parte di un ricco banchiere, di una delle sorelle per incarnare lo spirito della moglie defunta. E’ stato un punto di partenza da thriller, fortemente hitchcockiano”. Rebecca Zlotowski ha poi deciso di spostare l’azione in Francia e trasformare questo banchiere in un produttore cinematografico. “La corrispondenza tra questi temi e il cinema mi sembrava potesse funzionare perfettamente. Fantasmi, spettri, scenografie… il mondo del cinema mi è parso cento volte più intimo di quello della finanza rispetto al tema dello spiritismo”. E così è nato il personaggio di André Korben (Emmanuel Salinger) ispirato ad un’altra figura realmente esistita, Bernard Natan, produttore di origine ebrea che aveva rilevato gli studi Pathé nel 1929 e che il governo francese consegnò agli occupanti nazisti nel ‘42.
Il cuore del film però è nella relazione di dipendenza, gelosia, complicità tra le due sorelle. Per creare l’affiatamento necessario la regista ha deciso di mandare le sue protagoniste alla Spa. “E’ stato buffo ma bello – racconta Natalie Portman – non ci conoscevamo per nulla e improvvisamente ci siamo ritrovate a fare massaggi una accanto all’altra”. “È stato ben strano ma anche divertente e poi siamo andati d’accordissimo sul set, quasi come sorelle” conclude Lily-Rose.
Un film con un’alta percentuale di donne: due protagoniste femminili e una regista dietro la macchina da presa. “Non credo ad una visione femminile in regia, sono convinta che ogni regista – uomo o donna che sia – abbia visioni sempre diverse. E Rebecca ha uno sguardo sicuramente unico, anche a livello produttivo di costumi, scenografie, riprese. L’unica differenza almeno negli Stati Uniti tra registi uomini e regista donne è che le donne hanno meno accesso alla macchina da presa – dice Portman che dopo il corto, presentato qui a Venezia, ha firmato lo scorso anno un lungo da regista A tale of love and darkness – eppure questa storia ha sicuramente un punto di vista femminile ed è una grande gioia quando si può lavorare con altre donne sul set e non si è l’unica circondata da uomini”.

Chiara Ugolini, La Repubblica

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