Auguri Lino Banfi

Auguri Lino Banfi

(di Tiziano Rapanà) La rilettura è sempre passato, ossia quella oscillazione tra malinconia e rimorso. Chi più e chi meno riscrive i ricordi, da come è cambiato oggi: e la lente della paturnia tende a volte a vedere le cose con eccessivo vittimismo. E si deve pensare bene per potersi dire: “Il bicchiere è pieno!” L’uso del punto esclamativo non è eccessivo entusiasmo, fuoco fatuo di una mielosità dura a morire, ma è un’occhiata alla finestra e capire che c’è il sole e le cose possono andare più che bene. La rilettura è un riflesso incondizionato. Se ne potrebbe fare a meno ed è molto meglio abbandonarsi al presente, ossia all’atto, al fare le cose. Ma si rilegge la propria vita e quella degli altri. Così come oggi, giorno dell’ottantasettesimo compleanno di Lino Banfi, si rilegge la vita di un grande artista. E abbiamo tutti un debito di riconoscenza nei suoi confronti, per le sue risate e la sua umanità. Nonno Libero come idea di un mondo dominato dalla concordia, da un’idea presente di famiglia, da incontro tra generazioni. Lui, grande tra i grandi, diretto da maestri come Nanni Loy e Joseph Sargent (sì, avete capito bene, il regista di MacArthur il generale ribelle e Lo squalo 4), che ha raccontato l’Italia per bene in più di sessant’anni di attività. Il brigadiere Pasquale Zagaria, il sindaco dell’Esorciccio, il commissario Lo Gatto, il mitico vigile Urbano Tommasi, eccoli: sono gli eroi di celluloide che hanno fatto parte del grande libro dell’arte di Lino nazionale. Ognuno rileggerà la sua carriera alla luce dell’oggi, da come si è diventati e se ci riconosce più nel bambino che ha visto ed ha apprezzato le mille peripezie di Banfi. Gli anni riscrivono le priorità e ogni risata cambia di impostazione, è tutto figlio dell’evoluzione degli individui: come sono cresciuti i piccoli fans di Banfi? E rammentano lo Svegliolino? Domani, lunedì, si ritorna alla grande giostra delle “cose che si devono fare”, dei doveri come chiodi e della lancetta del tempo che genera perenne frustrazione (e si pensano alle scadenze e alle consegne e agli appuntamenti inderogabili). Oggi si può pensare ancora all’infanzia, al bello di aver riso e di poterlo fare sempre con il grande Lino. Meglio fermarmi qui o rischio di rigirare il dito nella piaga del superfluo. E, come insegna Banfi, una parola è troppa e due sono poche.

tiziano.rp@gmail.com

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