Il New York Times lo ha definito un pianista «dal portamento nobile e dal suono sublime, capace di modellare linee musicali eleganti e pulite come quelle di un tempio greco». È Martin Helmchen, protagonista del concerto dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai in direttaalle 20.30 su Radio3 dall’Auditorium Rai “Arturo Toscanini” di Torino. Vincitore del Concorso “Clara Haskil” nel 2001 e del “Credit Suisse Young Artist Award” nel 2006, ha conquistato un posto di primo piano sulla scena internazionale collaborando con orchestre quali i Wiener Philharmoniker, la London Philharmonic Orchestra e la New York Philharmonic e direttori come Valery Gergiev, Andris Nelsons e Manfred Honeck. Dal 2010 è professore associato di musica da camera presso l’Accademia di Kronberg. Per il suo debutto con l’Orchestra Rai, interpreta il Concerto n. 1 in sol minore per pianoforte e orchestra op. 25, scritto da Felix Mendelssohn Bartholdy nel 1831 al ritorno dal suo soggiorno in Italia. Dedicata a una giovane pianista di Monaco di Baviera e allieva del musicista, Delphine von Schauroth, la pagina sfoggia una luminosità e una gioia di vivere totalmente estranee alle inflessioni più oscure del Romanticismo tedesco.
Sul podio dell’Orchestra Rai torna, dopo il successo dello scorso anno, Marc Albrecht. Direttore principale dell’Opera Nazionale Olandese di Amsterdam e delle Orchestre Filarmoniche e da camera Olandesi, è ospite regolare di formazioni prestigiose quali i Berliner Philharmoniker, l’Orchestra Reale del Concertgebouw e la Chamber Orchestra of Europe. Apprezzato interprete del repertorio tardo romantico tedesco e austriaco – da Wagner a Zemlinsky, da Strauss a Korngold – la sua attività si estende anche alla musica contemporanea. Nella seconda metà del programma propone la Sinfonia n. 7 in mi maggioredi Anton Bruckner, opera monumentale composta fra il 1881 e il 1883 che consacrò alla fama universale il suo autore, ormai sessantenne. Centro espressivo della Settima è la profonda meditazione sulla morte contenuta nell’Adagio, che Bruckner scrisse sotto l’impressione della malattia e della scomparsa del venerato Wagner.