Arriva la serie Netflix sulla rapina più misteriosa della storia dell’arte

Arriva la serie Netflix sulla rapina più misteriosa della storia dell’arte

Netflix è sempre alla ricerca di storie da raccontare e ancora una volta la realtà si è rivelata più intrigante della fantasia. Una prossima serie sarà dedicata alla rapina, avvenuta 30 anni fa, di quadri per un valore di 500 milioni di dollari dal museo Isabella Stewart Gardner di Boston. Sono sparite opere di Degas, Rembrandt, Vermeer e Manet, e non se ne è saputo più nulla. Sono state fatte decine di ipotesi, si è cercato ovunque: niente di niente. Il più grande furto d’arte della storia dell’arte è ancora un incredibile mistero.  

“This Is a Robbery: The World’s Biggest Art Heist” sarà una serie in quattro parti, diretta da Colin Barnicle, che arriverà a conclusioni plausibili ma non certe. Le indagini del regista e di suo fratello Nick sono cominciate nel 2014, con la speranza di riuscire a fare meglio di quanto abbiano fatto la polizia locale, l’FBI e decine di investigatori privati incaricati del caso. Ma anche loro si sono dovuti arrendere: una soluzione a questo giallo non c’è.  

Il museo Gardner, ospitato in un palazzo in stile veneziano fatto costruire nel 1899, era sembrato fin da subito il luogo ideale per rubarvi qualcosa senza correre eccessivi rischi. Il 18 marzo del 1990 due uomini vestiti da agenti di polizia sono entrati nell’edificio senza problemi, hanno legato e bendato con nastro adesivo il custode e sono passati a raccogliere indisturbati il bottino:  tre Rembrandt, tra cui “La tempesta sul mare di Galilea”, unico paesaggio marino del maestro olandese; “Il Concerto”, di Vermeer; alcuni schizzi di Degas; qualche opera di Flinck e di Manet,  un vaso di poco valore e l’aquila di una bandiera napoleonica. Hanno invece lasciato appesi ai muri un Beato Angelico, un Michelangelo, un Botticelli e un’opera di Giotto.  

Visto che il custode faceva uso di droghe leggere, la tesi del lavoro interno è subito prevalsa, ma senza frutti. L’FBI ha puntato invece sul mafioso locale Carmelo Merlino, che si sarebbe servito per la rapina di due scagnozzi: George Reissfelder e Leonard DiMuzio, morti nel 1991, uno per overdose e l’altro in una sparatoria. Secondo i federali, i quadri sono finiti a Robert Guarente, un rapinatore di banche morto nel 2004. La tesi di Barnicle è che le persone che hanno rubato le opere non siano le stesse che le hanno poi conservate, e che si sia trattato di un furto su commissione. Guarente sarebbe stato il mandante insieme con Bobby Donati, un altro mafioso, ucciso nel 1991. In questo giro di picciotti probabilmente poco esperti di arte, i quadri, sosterrà la serie di Netflix, potrebbero essere finiti a qualcuno che non ne conosce il valore e che li tiene appesi nel salotto di casa come si fa con le tele ricevute in eredità dalla nonna.  

L’FBI pensa che le opere siano state trasportate dalla criminalità organizzata nel Connecticut e a Filadelfia, dove nel 2003 si sarebbe notato l’ultimo avvistamento del paesaggio marino di Rembrandt. Da allora più niente. I testimoni e i sospettati sono quasi tutti morti, nessun arresto è stato compiuto, la taglia di cinque milioni di dollari non ha convinto nessuno a parlare. La speranza dei fratelli Barnicle è ora che qualcuno, sdraiato sul divano di casa con una birra in mano, veda la serie di Netflix e chieda alla moglie: “Ma quel quadro, non ti sembra uguale a quello che abbiamo appeso di là?”

Vittorio Sabadin, La Stampa

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