Per Luciano Ligabue è tempo di ricorrenze importanti: venerdì prossimo, il 13 marzo, compie 60 anni. Il 12 settembre, a Campovolo, ormai un luogo dell’anima per lui e i suoi fan, festeggerà i 30 anni di carriera con un concerto già sold out. Metà della sua vita dedicata alla musica: già perché Luciano da Correggio è arrivato tardi alla decisione di dedicarsi al rock’n’roll, dopo aver fatto il calciatore da serie minori (il calcio resta la sua grande passione vissuta da tifoso dell’Inter), vari mestieri, compreso il ragioniere che probabilmente è l’attività che gli ha fatto capire che il suo posto nel mondo (una della parole che più ricorre nelle sue canzoni) era sul palco.
La sua biografia racconta che un ruolo determinante nella sua decisione lo hanno giocato due conterranei: Pier Vittorio Tondelli, che era di Correggio, con i suoi libri che meglio di ogni altro autore italiano hanno raccontato la società e la generazione degli anni ’80 utilizzando il rock come chiave di lettura, e Pierangelo Bertoli, che invece era di Sassuolo, e che dopo aver ricevuto una telefonata dall’allora aspirante musicista lo aiutò a trovare un manager e i contatti per iniziare la carriera. Luciano Ligabue è oggi uno dei più celebri figli di quella via Emilia che è l’asse portante della musica italiana e che sta al nostro Paese come la via del Mississippi all’America. Ma anche un figlio della Provincia, intesa nel senso più alto del termine, di quei luoghi distanti dalle mille luci della città da cui provengono molte delle migliori menti italiane. Da Correggio non si è mai allontanato, è li, in un ambiente che lo protegge, che ci sono i suoi amici di sempre, è li che costruisce il suo universo creativo, è lì che nasce il suo modo di raccontare.
La sua carriera da star che rifugge gli atteggiamenti da divo se l’è costruita pezzo dopo pezzo, dai piccoli club e i festival dell’Unità fino agli stadi e alle tournée internazionali (tra l’altro ad aprile, coronavirus permettendo, è in programma un tour europeo), stabilendo un legame con i suoi fan che rappresenta qualcosa di speciale nel rapporto tra pubblico e artista. Con i suoi primi due album, “Ligabue” e “Lambrusco, coltelli, rose e pop corn” si è guadagnato la stima e le copertine delle riviste rock: l’Italia aveva trovato un nuovo cantautore rock, con un immaginario e un retroterra di riferimenti americani mescolati con influenze British e, naturalmente, italiane. Un rocker innamorato del rock che non si è mai lasciato tentare dalle trasgressioni del mestiere.
Uno stile molto definito, riconoscibile, una chiara vocazione melodica e a costruire canzoni diventate inni: 12 album in studio, compresi i super bestseller “Buon Compleanno Elvis” e “Miss Mondo”, cinque live, tre film da regista, con il felicissimo debutto dietro la macchina da presa nel 1998 con “Radiofreccia”, due romanzi, una raccolta di poesie e una di racconti, e poi una serie di canzoni entrate ormai nell’immaginario collettivo del nostro Paese, sono i dati che riassumono il percorso artistico dei suoi primi 60 anni. Bisogna aggiungere una bacheca piena di premi importanti, compreso un David di Donatello, tante collaborazioni di prestigio, compreso il duetto con Luciano Pavarotti in “Certe Notti”, qualche inevitabile momento difficile: è questa la storia che sarà celebrata a Campovolo. E che dimostra quanto sia importante credere fino in fondo ai propri sogni di rock’n’roll.