Eccoci di nuovo a vedere da vicino il meglio e il peggio del Festival di Sanremo 2017 dal punto di vista musicale.
Stavolta partiamo dal peggiore o, meglio, i peggiori: Nesli e Alice Paba. La canzone è “Do retta a te” e a leggere unicamente il testo già non brillava per ricercatezza, con rime del calibro di “tu: non c’è più” e “non ci penso più: cielo sempre blu”. Roba minima, di certo non ai livelli a cui Nesli ci ha abituati in passato. Bisognava ascoltarla, ok. E ascoltandola (e riascoltandola ora mentre ne scrivo) la resa è anche peggiore, perché i due non duettano mai, sono scollati, viaggiano a volumi diversi e il ponte ritmato in giambi ossessivi che prepara il ritornello sembra solo uno specchietto per le allodole ruffiano. A parte le già citate rime sciatte dell’inciso, infatti, appena le note si allungano sui “tu” i due si perdono reciprocamente, risultando persino sgradevoli all’ascolto. Da lì in poi l’imbarcata non è più recuperabile, né recuperata: come se non bastasse, il testo si ripete identico, anche nei “raffinati” versi del ritornello. Insomma: se hanno convinto persino meno dell’inspiegabile e arcaica Atzei e della trashata di Raige e Giulia Luzi il caso è proprio grave.
I tre brani se la vedranno al ballottaggio di stasera. Che brividi.
La migliore ieri sera è stata Paola Turci col brano “Fatti bella per te”. Sarebbe stato forse troppo facile citare Giorgia come punto musicale più alto; non è per fuggire da questa facilità che non lo faccio, ma perché penso che l’esibizione di Paola Turci abbia valore ancora maggiore in generale. Le canzoni in gara erano di livello inferiore rispetto a quelle della prima serata, che in media già non brillavano, a dir la verità. Paola Turci ha portato sul palco una vera e propria lezione di stile e carisma musicale: un brano pop-rock femminile e scintillante, fragile, fiero e al contempo marmoreo, che è entrato in rapporto dialettico col palco dell’Ariston, sparigliando le carte. La cantante dava l’impressione di sapere perfettamente come far arrivare il pezzo e come si stesse emozionando la gente. La canzone più bella tra le ventidue, e anche di molto: per intenzione musicale autentica, che si sposa col messaggio di chi rivendica la libertà della propria felicità; ma anche per i versi brevi e d’impatto che dialogano in maniera decisa e senza fronzoli con il riff vocale convincente, e insistono come monito per due volte nel passo “Tu dalle ragione!/ Tu dalle ragione!”, come preghiera che è invito tenace a non mollare.
Non credo vincerà e nemmeno che si piazzerà bene, perché non ha la retorica interpretativa di un brano talmente falso nel testo da sembrare vero come quello di Fiorella Mannoia. Ma che bello vedere Paola Turci su quel palco ieri sera! Quanto fascino e quanta consapevolezza artistica!
A domani, per la serata delle cover di canzoni storiche.
Paolo Talanca, Il Fatto Quotidiano