I primi nove mesi del gruppo. Gli spot calati a ottobre vanno meglio negli ultimi due mesi dell’anno
Ritorno all’utile di 36 milioni, costi tagliati dell’8%
Il 2017 del gruppo Mediaset si chiuderà con una raccolta in crescita dello 0,5%. Lo ha detto ieri Matteo Cardani, general manager marketing di Publitalia durante la presentazione dei conti dei nove mesi del Biscione. Un risultato leggermente più basso rispetto al dato gennaio-settembre che ha segnato un +0,8% a 1,42 miliardi di euro (contro il -4% del mercato tv), a causa di un ottobre non buono dopo che già luglio e agosto erano stati deboli.
Andranno meglio invece novembre e dicembre «perché le aziende hanno posticipato gli investimenti alla fine dell’anno», ha detto Cardani.
Il dato sulla pubblicità (si veda l’altro articolo in pagina) comprende anche la raccolta delle radio, entrate nel perimetro del gruppo nella seconda metà dello scorso anno, mentre per quanto riguarda la tv Mediaset sta ottenendo buoni risultati anche grazie all’incremento dei prezzi, al contrario di quanto hanno fatto gli altri operatori che hanno abbassato le tariffe.
«Uno dei motivi per cui il mercato sta soffrendo è sicuramente la competizione sui prezzi», ha detto Cardani. «Noi siamo l’unico operatore in grado di avere un ragionevole grado di inflazione. Il primo motivo è il buon andamento dell’audience sul target commerciale, il secondo riguarda l’efficacia. Abbiamo incontrato gli advertiser a giugno e abbiamo usato casi reali di investitori che hanno cercato di fare un piano tv senza Mediaset, combinando tutti gli altri competitor ma hanno sofferto immediatamente di un calo delle vendite». In media, ha spiegato ancora il manager, la differenza di prezzi fra Canale 5 e Rai 1 è di circa il 20% con picchi del 30% nel prime time sul costo di grp per il target commerciale.
Sul target commerciale (15-64 anni) i canali generalisti Mediaset hanno uno share del 25,6% contro il 23,6% della Rai, mentre sui canali tematici è al 9,1% contro il 7,7% della tv pubblica.
Allargando lo sguardo ai risultati consolidati, i ricavi di gruppo nei nove mesi sono stati di 2,533 miliardi di euro, con un calo del -1,2% dovuta in parte alla pay tv (441 milioni contro i 457,4 precedenti), ai minori ricavi dal cinema mancando quest’anno Checco Zalone e a una leggera debolezza della Spagna. Nonostante questo, però, e nonostante i diversi investimenti che il gruppo ha fatto (dalla numerazione 20 del digitale terrestre a Subasio, alle operazioni di m&a su Ei Towers), ha sottolineato il cfo Marco Giordani, il margine operativo lordo è cresciuto a 957,9 milioni (+7,3%) grazie soprattutto al contributo dell’Italia, mentre l’utile netto ha fatto un balzo di oltre 150 milioni, arrivando a 35,9 milioni dal rosso di 118 milioni dello stesso periodo dello scorso anno (con l’Italia comunque ancora in rosso a -38 milioni sebbene un anno fa fosse a -184,2 milioni). Alla base del miglioramento ci sono costi operativi calati del 7,7% a 2,34 miliardi, in anticipo rispetto al piano al 2020, in particolare nella Penisola i costi sono in calo dell’8,6%.
Peggiora l’indebitamento per gli investimenti effettuati, a 1,396 miliardi dagli 1,12 miliardi precedenti.
Giordani ha ribadito quanto detto dal consigliere di amministrazione Gina Nieri qualche giorno fa, ovvero che non ci sono attualmente contatti con Vivendi: «Ogni volta che leggo di questi rumors sulle agenzie mi auguro di trovare qualcosa nella cassetta della posta ma non ho trovato nulla finora». ha detto scherzando. «Non abbiamo ricevuto nessuna offerta». Nessun incontro finora nemmeno con il nuovo ceo di Tim, al lavoro per la joint venture con Canal+ di Vivendi: «Se veramente Tim vuole investire noi siamo uno dei maggiori produttori di contenuti, possiamo fare accordi ma al momento non sappiamo nulla», ha detto Giordani.
Per quanto riguarda i diritti tv della Serie A, infine, il cfo ha ripetuto che l’approccio è «opportunistico» e che nel primo bando non c’erano pacchetti buoni per Mediaset, mentre è da vedere cosa accadrà entro la metà di dicembre.
Oltre ai conti, cda di Mediaset ha approvato il progetto di fusione per incorporazione nel gruppo di Videotime, società controllata al 99,2% circa, un’operazione nell’ambito del processo di semplificazione della struttura societaria del gruppo.
Andrea Secchi, ItaliaOggi