Gionata Ruggieri, rapper classe 1991 originario di Pisticci, in provincia di Matera, pubblica ‘Black Mood’, in uscita il 6 settembre: “Quando ho cominciato a lavorarci mi sono chiesto, ‘perché dovrei dire che sto bene quando non è così?’”
Si può cercare la verità anche in una canzone. Anzi, secondo Gionata Ruggeri, in arte GionnyScandal, classe 1991, non può esserci altro che verità nelle sue nuove canzoni, quelle dell’album Black Mood, uscito venerdì 6 settembre: “Nell’album ci sono semplicemente io, senza filtri, senza finzioni”, dice lui, sottolineando come il nuovo album, settimo della sua carriera, parli di malessere, di quella sorta di ‘umore nero’ che è parte della sua vita di oggi, perché la verità va raccontata e la musica, l’arte, possono essere una chiave di salvezza, una sorta di terapia.“Il cuore di questo nuovo album è la verità. Quando ho cominciato a lavorarci mi sono chiesto, ‘perché dovrei dire che sto bene quando non è così?’. La cosa che non mi piace di molte cose che ascolto di altri rapper è che dicono che tutto è bello, che sono felici, che la vita è una figata, ma la vita non è sempre così, tantissimi ragazzi sono depressi e vivono con difficoltà, io per primo. Allora ho deciso di fare un disco senza filtri e di non censurare le cose come stanno davvero. Perché dovrei non dire la verità a chi mi ascolta?”. Da questo presupposto è nato Black Mood, “un titolo scelto per raffigurare il malessere generale che provo, mi serviva un titolo adeguato a spiegare la tematica dell’album, qualcosa che allo stesso tempo non fosse scontato e banale, ma che fosse chiaro e immediato”.Malessere, dunque, fragilità, paure, passioni, emozioni, trasformate in arte, musica, parole. Pensieri e sentimenti che si trasformano in melodie e rime, attraverso le quali GionnyScandal si racconta, si mette a nudo, senza timore. E lo fa cercando anche una formula musicale diversa, tirando fuori le chitarre, con un atteggiamento da cantautore, mescolando emo e trap: “Sì, forse è vero che c’è un approccio più da cantautore, ma a dire il vero non ci ho pensato molto al modo in cui ho scritto i brani, è stato un processo naturale, immediato. Quello che mi sentivo di fare era mettere insieme l’emo e l’hip hop, le mie radici nell’emocore e la trap, dare forma a qualcosa che sento profondamente mio e decisamente nuovo”.Quello di GionnyScandal è un album originale e interessante, fatto di sedici brani fulminei, molto ‘suonati’, con tante chitarre, tanto rock, ma allo stesso tempo una forte struttura hip hop, l’influenza del pop, l’elettronica, mescolati con grande equilibrio con l’aiuto della produzione di Sam Lover e un missaggio realizzato con attenzione negli Stati Uniti: “Abbiamo lavorato io e il mio produttore come quando ero in una band emo. La differenza è data dagli elementi trap che abbiamo aggiunto. Sam si è occupato di batterie e synth mentre io ho suonato tutte le parti di chitarra, abbiamo unito due mondi e il risultato è questo. Cerchiamo di rinnovare la scena italiana, dove ci sono molti artisti interessanti e validi, ma dove credo di ci sia bisogno di una cosa come questa. In America, da Lil Peep in poi, sono in molti ad aver cercato di mescolare le cose, come Post Malone ed è una strada che mi interessa. Io ascolto tantissimo emocore, non solo rap, quest’anno ho sentito molta roba degli anni duemila, questo mi ha influenzato ancora di più e credo che si senta nelle canzoni. Ho voluto fare una sorta di ‘back in 2000’, quando c’era l’emo e il punk pop, incastrando robe di venti anni fa con la trap”.GionnyScandal, una vita difficile alle spalle, raccontata in un bel libro intitolato La via di casa mia, è cresciuto, maturato, e con questo album si è spinto ancora più avanti: “Con questo album ho dato un indirizzo nuovo alla mia musica e alle mie parole. Ho sempre parlato di me stesso mettendo dei filtri, non ho mai detto tutta la verità su come stavo, ero attento a cosa scrivevo e come. Ora semplicemente non voglio più fare finta di stare bene, mi sono messo a nudo al cento per cento, è una forma di maturità? Non lo so, ho solo sentito il desiderio di scrivere e cantare queste cose. In questo momento sono io più di prima, le foto e il resto non rappresentano un personaggio, faccio solo quello che è vero, parlando di depressione e di malessere. Il ‘proibizionismo’ su questi temi non serve a nulla, c’è bisogno di verità, di condividere emozioni e sofferenze. Se i social sono lo specchio di quello che succede alla gente, perché io dovrei avere filtri? non c’è nulla di costruito, quello che voglio lo faccio vedere e sentire, preferisco essere così che essere qualcuno che non fa vedere la verità e dice stronzate. Scrivere questo album è stato per me terapeutico e spero che possa aiutare chi lo ascolta. Ma non faccio il dottore e non sono uno psichiatra, volevo dire queste cose, questo il rap”.
Ernesto Assante, repubblica.it