DRAHI VUOLE PRODURRE CONTENUTI

DRAHI VUOLE PRODURRE CONTENUTI

L’annuncio del tycoon franco-israeliano che controlla, tramite Sfr, il canale di all news Bfm-tv. In arrivo Altice Studios per realizzare serie tv, film e fiction

patrick-drahiSe, nel business televisivo del futuro (ma anche del presente) «the content is the king» come avvertiva nel lontano 1996 il boss di Microsoft, Bill Gates, che è il valore del contenuto, la qualità della produzione insomma, a fare la differenza, allora la cosa migliore è avere a disposizione una propria fabbrica di contenuti, una factory per dirla nel linguaggio del marketing, e produrseli in proprio questi contenuti e poi venderli agli altri dopo averli sfruttati come si deve – cioè riempiti di pubblicità – nei propri canali.
È quello che ha deciso di fare Patrick Drahi, il tycoon franco-israeliano (per questo noi di ItaliaOggi l’abbiamo soprannominato il De Benedetti francese), proprietario del gruppo editoriale Altice Media (24 miliardi di fatturato e 48 di debito, dentro ci sono il quotidiano Libération, il settimanale l’Express, il mensile Expansion, una ventina di testate e tante altre cose) e del terzo operatore telefonico, Sfr Numericable, annunciando la decisione di aprire al più presto «un studio dédié à la creation de programmes audiovisuels», insomma una «content factory» come si diceva prima. L’annuncio, l’abile finanziere-editore, gran supporter dell’ex ministro Emmanuel Macron (che si prepara ad entrare in lizza per le presidenziali con il suo movimento di sinistra liberale En marche!), lo ha fatto lo stesso giorno – lunedì 5 settembre – in cui il suo braccio destro, il direttore generale di Altice Media, Michel Combes, convocava i giornalisti finanziari per informarli dell’offerta pubblica di scambio che la holding aveva appena lanciato sulla controllata Sfr allo scopo di far confluire nella holding l’operatore telefonico, che a sua volta controlla Bfm-tv, il primo canale di all-news francese, quello a cui FranceInfo: si prepara a fare concorrenza (vedere ItaliaOggi del 2 settembre). Se, dunque, la strategia di Drahi è quella di creare un’unica holding medial-televisiva, la decisione di farsi la propria «fabbrica di contenuti» e di affidarla ad una esperta come Nora Melhi, responsabile di Shine France, la filiale francese della «factory» inglese Shine (quella che ha inventato, tra l’altro il format di Masterchef e che fa capo a News Corp. di Rupert Murdoch), appare assolutamente coerente con il disegno complessivo di un gruppo che punta a diventare (anche) «le premier créateur de sèries» come già avviene con Altice Israel e la sua factory Hot.
Il numero uno di Altice, Combes, anch’egli grande amico ed estimatore di Macron, lo ha spiegato, a margine della conferenza stampa sulla fusione Sfr-Altice, con parole inequivoche: Altice Studio – questo il nome scelto per ricordare gli studios hollywoodiani delle major – «à la vocation a devenir notre pôle intégré pour la création originale de cinéma et de séries», diventerà il polo produttivo da cui usciranno serie tv, film, fiction, insomma tutto quello che serve ad alimentare la catena del valore televisivo.
E, visti i tempi e le condizioni del mercato europeo, avverte un’altra esperta come Laetitia Recayte, direttrice sviluppo di France Télévisions, «cette question de production est centrale», la produzione dei contenuti è strategica ed è «desormais vital d’être propriétaires de leurs contenus», ed è essenziale, vitale per la propria sopravvivenza, esserne proprietari. In altre parole, verticalizzare la produzione, internalizzarla o affidarla a produttori-terzisti blindati con contratti di esclusiva, e così «risalire la catena del valore», per dirla ancora con le parole di Nicolas de Tavernost, presidente del canale M6, che sta facendo di tutto per convincere i suoi azionisti a entrare nel settore, a esserci «dans l’industrie de contenus» così come ha fatto Tf1 (gruppo Bouygues) che l’anno scorso ha acquistato la società Newen, il primo gruppo di produzione indipendente con 1.300 ore di programmi all’attivo. Scelta, quest’ultima, fatta per aggirare un vecchissimo divieto dei Decréts Tasca (risalgono, immaginate, al 1980) che impediscono alle società televisive, quelle che all’epoca si limitavano al broadcasting, di essere proprietarie di case di produzione. Un divieto «da era geologica», dice lo stesso sindacato dei piccoli produttori (Uspa), che Drahi e la sua Altice Media hanno deciso di non prendere neanche in considerazione. Altice Studios presto saranno una realtà.

Italia Oggi

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