L’industria discografica, come noto, è tra i settori più profondamente trasformati dalle tecnologie digitali: una trasformazione accelerata dalla crisi pandemica. Merito è soprattutto dello streaming, che ormai anche in Italia sta cambiando completamente il settore, compreso quello dei videoclip.
L’industria discografica, come noto, è tra i settori più profondamente trasformati dalle tecnologie digitali: una trasformazione accelerata dalla crisi pandemica. Merito è soprattutto dello streaming, che ormai anche in Italia sta cambiando completamente il settore. Secondo gli ultimi dati di Deloitte per FIMI, la Federazione che raggruppa le major nel nostro Paese, nell’ultimo semestre – quello condizionato dei mesi di lockdown – ha visto un nuovo importante salto del digitale, che ha raggiunto quota 85% di tutti i ricavi delle case discografiche. Lo streaming, che è salito del 25% nel primo semestre, è stato per lo più trainato dagli abbonamenti, cresciuti in Italia del 33%: gli abbonati ai servizi premium, peraltro, sono aumentati in tutto il mondo durante il lockdown, e Spotify ha annunciato nei giorni scorsi di aver raggiunto a livello globale 138 milioni di abbonati a pagamento (una crescita del 27% rispetto al 2019).
Anche se la crisi causata dalla pandemia di Covid-19 ha colpito duro, in particolare sul segmento dei CD e vinili, e in parte anche rallentando lo streaming sostenuto dalla pubblicità, le prospettive del settore restano interessanti proprio grazie al digitale e ai vari modelli di offerta che si stanno moltiplicando. Da un lato il blocco degli eventi live ha visto gli artisti sperimentare le nuove opzioni dello streaming in diretta: in Italia a settembre si terrà in diretta dall’Arena di Verona Heroes, il primo evento con ticket di accesso a pagamento per seguire un concerto in diretta streaming, mentre i BTS hanno di recente organizzato il Bang Bang con The Live, un evento in streaming entrato nel Guinness dei primati con 756 mila spettatori collegati da cento paesi, e un biglietto a 25 dollari.
Dall’altra parte molte novità emergono anche dall’area del video streaming musicale, che se fino a oggi ha visto incontrastato il dominio di YouTube, nell’ultimo periodo ha visto l’avanzata di TikTok: la piattaforma è sicuramente uno dei nuovi canali promozionali fondamentali per il lancio di artisti o novità discografiche, oltre a rappresentare un importante elemento di discovery per la generazione Z e infatti, sul quel fronte, Instagram ha risposto con il lancio di Reels. I reels sono un’altra “storia”: multi-clip di 15 secondi che possono essere girati direttamente dall’app e “modificati” in post-produzione con moltissimi effetti diversi. Instagram spera di ottenere il bis di quando con le stories ha inferto un deciso colpo a Snapchat. Ma anche quest’ultima azienda si sta muovendo nel settore musicale e ha chiuso accordi di licenza con le principali case discografiche ed editori musicali con l’obiettivo di spingere sul fronte della sincronizzazione di musica nei video degli utenti, così da tenere testa a TikTok e ora a Reels.
Sempre dall’orbita Facebook arriva anche la notizia della messa a disposizione di videoclip ufficiali sulla piattaforma, così come avviene su YouTube. FB ha una base di utenti con una media di età più alta di YouTube, che è sotto i 35 anni. Questo significa un buon campo di gioco per artisti più consolidati con un target adulto.
Per le case discografiche l’ampliamento dell’offerta musicale da parte di tante piattaforme è una buona notizia, perché amplia la concorrenza e genera maggiori ricavi, tenendo conto che la pandemia ha sicuramente inciso sui ricavi pubblicitari e quindi ha colpito quelle oggi più attive con il modello ad-supported come appunto YouTube. Nel primo semestre in Italia la piattaforma ha generato ricavi più bassi di Spotify free, e ora le due piattaforme sono di fatto alla pari su questa categoria. Con l’ingresso di Facebook, che si prevede offrirà il servizio video anche in Europa nei prossimi mesi e il potenziale di ricavi che potrebbe arrivare da TikTok, all’opera per chiudere nuovi accordi con le major, la musica digitale guarda al futuro con un certo ottimismo.
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