“Non amo parlare di me stesso e della mia esistenza. Ritengo di aver già espresso tutto il necessario”. Parole di Milan Kundera, uno degli autori più letti e amati globalmente, che ha preferito far parlare i suoi scritti e mantenere un profilo basso. A un anno dalla scomparsa del romanziere ceco, avvenuta l’11 luglio 2023 a Parigi, “Sciarada. Il circolo delle parole” presenta il documentario “Milan Kundera, dallo scherzo all’insignificanza” di Miloslav Šmídmajer, in onda lunedì 8 luglio alle 23.00 su Rai 5. Un ritratto prezioso arricchito da stralci delle rare interviste televisive e radiofoniche. Il viaggio nella vita e nelle opere dello scrittore, nato a Brno il 1° aprile 1929, è arricchito dalle testimonianze dei suoi allievi, come Lakis Proguidis e Massimo Rizzante, e dalle riflessioni di studiosi e intellettuali come Bernard-Henri Lévy, Yasmina Reza, Antoine Gallimard, Jean-Claude Carrière sui suoi capolavori: dal primo romanzo “Lo scherzo” del 1967, fino all’ultimo, “La festa dell’insignificanza” pubblicato nel 2013. È a metà di questa parabola creativa, nel 1984, con l’uscita de “L’insostenibile leggerezza dell’essere,” che Milan Kundera diventa uno degli autori più letti e noti al mondo.
Milan Kundera giunge in Francia a metà degli anni ‘70, come racconta la moglie Vera, non con l’intenzione di emigrare dal Paese che, nell’agosto del ’68, vide i carri armati sovietici soffocare le speranze della primavera di Praga, ma per fare una breve esperienza all’università di Rennes. Nel 1978 pubblica su una rivista il primo capitolo del romanzo “Il libro del riso e dell’oblio”: il regime lo accusa di antisocialismo e l’anno successivo gli revoca la cittadinanza, rendendolo esule.
“La Francia è sempre stata per me quasi come una seconda patria, una patria spirituale” – dice Milan Kundera. Nel 1981, appena eletto Presidente della Repubblica, François Mitterrand gli concede la cittadinanza francese.
Kundera collabora con lo sceneggiatore Jean-Claude Carrière per la versione cinematografica de “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, almeno in una prima fase. Tuttavia, è convinto che il cinema sia incompatibile con la letteratura. Tutto, nella produzione letteraria di Milan Kundera, suggerisce che i suoi personaggi siano in costante movimento e cambiamento. Persino a ogni lettura, appaiono differenti. “Sono – dice il filosofo Bernard-Henri Lévy – come delle “ipotesi”. Ma nella versione cinematografica, le ipotesi diventano certezze perché c’è un’attrice o un attore, spesso molto famosi, che vanno a dare loro un volto”.
“Per Kundera – aggiunge la scrittrice Yasmina Reza – ogni scritto era come un figlio, e quindi ci teneva enormemente. Qualsiasi trasposizione o adattamento, per quanto ben fatto, avrebbe inevitabilmente cambiato e “tradito” la sua opera. Infatti, ha sempre avuto un pessimo rapporto anche con le traduzioni”.
Lo conferma Antoine Gallimard, figlio dell’editore Claude: “Quando Kundera si è reso conto che le traduzioni delle sue opere erano così scadenti, è stato come scoprire un tradimento, e ha deciso di scrivere direttamente in francese”.
Le opere di Milan Kundera ottengono, poi, la consacrazione nella prestigiosa collana della Pléiade e oggi continuano a essere lette in tutto il mondo.