Femke Halsema vuole limitare la tratta delle donne e il riciclaggio di denaro sporco, oltre che ridurre i disagi per i residenti
I suoi obiettivi sono tre: evitare che le prostitute del quartiere a luci rosse di Amsterdam vengano derise, prese in giro e fotografate contro la loro volontà, limitare la tratta di esseri umani e il riciclaggio di denaro sporco e ridurre i disagi per i residenti e gli imprenditori che vivono e lavorano in zona e hanno diritto a un luogo «più tranquillo, più pulito e più vivibile di adesso». La prima donna sindaco di Amsterdam, Femke Halsema, ex leader del partito verde di sinistra, sta valutando l’ipotesi di chiudere il quartiere a luci rosse della città.
E sta affrontando le critiche e le proposte di chi ritiene che una misura simile causerebbe solo problemi aggiuntivi.
Un gruppo di lobby di nuova formazione, chiamato Red Light United, sostiene che il 90% delle sessanta donne sex worker intervistate volevano continuare a lavorare nelle vetrine degli stretti vicoli e lungo i canali di Singel e De Wallen. Un membro del gruppo, con lo pseudonimo Foxxy, ha dichiarato al giornale Het Parool: «Le sex worker sono persone e hanno diritto a un posto di lavoro. Spostare quei luoghi di lavoro non è un’opzione percorribile, perché i clienti non sapranno dove andare a trovare le prostitute. Halsema organizzerà forse dei viaggi in autobus per portarli da loro?».
Ma la sindaca è decisa: «Questi obiettivi non sono negoziabili. La situazione attuale è che le donne, prevalentemente straniere, che non sappiamo come siano finite qui, vengono derise e fotografate». E ancora: «La tratta di esseri umani si svolge nella parte più bella e antica della nostra città. In alcune centinaia di anni, si sono create delle situazioni che non sono più accettabili».
Oggi il quartiere a luci rosse di Amsterdam conta 330 vetrine. Le ipotesi che saranno prese in considerazione sono diverse, oltre a quella di chiudere definitivamente il quartiere a luci rosse: vietare le vetrine ma permettere il proseguimento del sex work, trasferirne alcune o installare cancelli girevoli su alcune strade «in modo da proteggere pezzi di spazio pubblico per i passanti che non hanno il desiderio di trovarsi lì».
Secondo Cor van Dijk, presidente della Ondernemersvereniging Oudezijds Achterburgwal, che rappresenta le imprese nel quartiere a luci rosse, sarebbe invece stata proprio la chiusura forzata di circa 100 vetrine, imposta dalla precedente amministrazione, a causare i problemi. «Molte vetrine sono state chiuse, ma erano proprio quelle che si trovavano nei vicoli, dove, quindi, i clienti avevano ancora un certo anonimato. Se vengono aggiunte altre vetrine, si allevia un po’ la pressione su una parte del quartiere a luci rosse. Non pensiamo che siano arrivati più turisti negli ultimi anni: lo stesso numero di persone si è concentrata in un’area più piccola».
I dibattiti sul tema si terranno la prossima settimana nel Compagnietheater del centro città. Più avanti, in estate, le «parti interessate» saranno invitate a esprimere le loro opinioni con la speranza di ridurre le tante, possibili opzioni a due, perché il Consiglio possa esaminarle. Se il quartiere a luci rosse dovesse chiudere, il Consiglio prenderebbe in considerazione l’istituzione, in altre parti della città, di «hotel della prostituzione in cui le sex worker affittano una stanza e a cui solo i clienti hanno accesso», spiega la sindaca.
Monica Coviello, Vanity Fair