(di Tiziano Rapanà) No, vi prego. Niente re né regine (e nemmeno regie, che sempre hanno la stessa idea di riprendere un programma). Aboliamo la monarchia come idea, come pensiero di comparazione, come verbo copula che identifica un ruolo (“Caio è il re della tv”). Teniamoci stretta la repubblica, questo principio utopistico che siamo tutti uguali e non c’è sopra né sotto e al diavolo le piramidi! Se questo è il regno, tenetevelo. I sudditi, fans che accorrono a offrire il loro cuoricino su Instagram e messaggi empatici in ogni dove, scelgano la via dell’approfondimento. Libri come via di un altrove che non sia inutile fuga dal presente (non ha senso passare da un intrattenimento all’altro). Non è un attacco al disimpegno, ma io penso a Flaiano e Marchesi e gli altri accendono la propria curiosità sui tipini che degradano la propria dignità. E nemmeno grazie mi diranno tutti i telespettatori liberati dal fardello di dover apprezzare il tal conduttore con una riverenza imbarazzante. Mi si confonderà con la boutade, giusto per perdere tempo. Ma il tempo degli esseri umani è sempre guadagnato. E mi raccomando con la richiesta di autografi e selfie, chiedetene a bizzeffe: la monarchia televisiva piace ancora a tanti. Abolitela, aboliamola, tutti uguali e con le stesse possibilità. Forse il bello dei social è proprio questo: aver livellato le differenze. Epperò, suvvia, questo talento tiratelo fuori. La vostra idea sul mondo conta eccome, non siate timidi.