di Cesare Lanza
Scommettiamo che i cantanti di una volta non tramonteranno mai? Forse, oltre alla musica, solo di calcio in Italia si parla con uguale intensità. Mia moglie mi accusa di essermi fermato agli anni Sessanta e Settanta. Forse è vero. Ma è come in letteratura. Se ho letto Tolstoj, Dostoevskij, se ancora mi emoziono quando ricordo versi di Dante, Petrarca e Leopardi, se penso che l’erotismo di Boccaccio sia inarrivabile, se mi sono divertito nel seguire le avventure di Casanova, e soprattutto dopo aver letto Proust, posso lasciarmi coinvolgere dagli scrittori di oggi? Vi faccio nomi e cognomi, anche per la musica. I Platters, Adriano Celentano, i Rolling Stones, i Beatles… Ho già scritto che al mio funerale, in chiesa, non vorrei dolore e lacrime, ma la dolcezza di Hey Jude. E Elvis Presley? Non era un miracolo che quel buzzurrotto con i capelli impomatati aprisse la bocca e uscisse il canto sublime di un usignolo? Soave nello slow, vertiginoso nel rock. E poi gli Abbai Anche loro vorrei che mi fossero vicini, al congedo dalla vita, al ritmo di Mamma mia. E poi Fabrizio de André e Paolo Conte, Rino Gaetano: hanno scritto canzoni che sono capolavori ancora oggi. Mina, mi dite? Non mi ha mai fatto vibrare il cuore: forse perché era troppo grande, senza imperfezioni. Mentre Gianna Nannini e Patty Pravo mi hanno acceso l’anima. E più di tutte Gabriella Ferri che certo non aveva una voce di qualità superiore, ma la passione sì, la passione umana, la consapevolezza del dolore individuale e dell’allegria popolare. Vi confido una gioia: l’altro giorno ho sorpreso in flagrante mia figlia, che mi prende in giro per le mie nostalgie senili: ascoltava beata My way, di Frank Sinatra.
di Cesare Lanza, La Verità