SHARK TANK CI FA RIMPIANGERE PORTOBELLO

SHARK TANK CI FA RIMPIANGERE PORTOBELLO

123_shark-tank(Mariano Sabatini, treatment Tiscali) Uno dei miei personaggi televisivi preferiti, forse il preferito (se si esclude il grande Luciano Rispoli, guarda caso suo amico ed epigono: prese il suo posto nelle Radio-telesquadre quando l’altro passò ad altro incarico), è Enzo Tortora. Presentatore, giornalista, uomo colto e di grande raffinatezza, aveva un carattere complicato.

A leggere i suoi commenti sui colleghi e sui fatti dell’epoca emerge il ritratto di un professionista rigoroso, inappuntabile, schietto ai limiti della brutalità. Ma tranciava giudizi che ancora oggi possono essere applicati alla realtà televisiva, uno su tutti celeberrimo: “La Rai è in jet supersonico pilotato da un gruppo di boy scout che litigano ai comandi”. Sortita che gli procurò uno dei tanti allontanamenti dal servizio pubblico. Senza per altro che si perdesse d’animo, considerando che fece cose pregevoli anche nell’emittenza privata locale.

Ebbene, Tortora con Portobello, sua creatura più longeva e fortunata, inventò gran parte della televisione moderna. Lo si dice sempre, ma fa bene ripeterlo: quel varietà a forma di mercatino del venerdì conteneva i semi dei maggiori format su cui si sono retti e si reggono i format attuali. La rubrica Fiori d’arancio, tanto per dire, ha originato l’Agenzia matrimoniale di Marta Flavi su Canale 5 e anche la nascitura (alla faccia delle novità!) Posta del cuore di Fabrizio Frizzi e Rita Dalla Chiesa su Rai1 le deve molto. E non è finita qui.

In queste settimane ha fatto il suo debutto su Italia1, il giovedì in prima serata, Shark tank: letteralmente “vasca di squali”. E sono davvero squali, supponenti e inutilmente sgarbati – sul calco vincente di Masterchef – gli espertoni di marketing, pubblicità e business chiamati a valutare le cosiddette star up sottoposte loro da un manipolo di illusi.

Termini inglesi per designare quelli che una volta si sarebbero chiamati “ cacciatori di teste” e semplici brevetti; abbozzi di progetti industriali, spicchi di sogni nati infranti, poetica follia. Sui quali Tortora costruiva momenti di televisione deliziosi; basti pensare al tipo che avrebbe voluto spianare il Turchino per eliminare la nebbia in Val Padana o quell’altro che aveva inventato l’impermeabile per proteggere e leggere in santa pace il quotidiano.

Ironia, cultura, senso dell’umorismo a Shark tank non sanno neppure cosa siano, a dispetto degli autori che ce la mettono tutta per introdurre squarci di esperienze divertenti. Come quello del costruttore di bare con i cuoricini da staccare e tenere come ricordo del caro estinto: poteva diventare un momento alla Six feet under, invece i cervelloni, tutti tendenti al tristanzuolo, lo hanno liquidato nel modo più banale che si potesse. Ci è mancato poco che si toccassero gli zebedei. Qui tutto si riduce alla fredda logica del profitto, nella sequela di questuanti che poco o nulla ha di televisivo. Anche nell’èra del lavoro come privilegio, in cui tutti sognano la svolta fortunata, ci vuole ben altro per tenere avvinte le folle.

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