“Mi sto curando con un’immunoterapia a base di biofarmaci. Non attacca la malattia; stimola la risposta del sistema immunitario. L’obiettivo non è sradicare il male, è tardi, ma guadagnare tempo”.
Ne ha parlato in un’intervista così come nel suo ultimo libro, edito da Mondadori, “Tre ciotole”. “Mi sto curando con un’immunoterapia a base di biofarmaci. Non attacca la malattia; stimola la risposta del sistema immunitario. L’obiettivo non è sradicare il male, è tardi, ma guadagnare tempo. Mesi, forse molti. Un’operazione non avrebbe senso”, spiega Murgia.
“Il cancro è una malattia gentile” – “Il cancro è una malattia molto gentile. Può crescere per anni senza farsene accorgere. In particolare sul rene, un organo che ha tanto spazio attorno. Non è una cosa che ho; è una cosa che sono. È un complice della mia complessità, non un nemico da distruggere. Non posso e non voglio fare guerra al mio corpo, a me stessa. Il tumore è uno dei prezzi che puoi pagare per essere speciale”, aggiunge Murgia. Alla domanda se trova la morte un’ingiustizia, la scrittrice risponde: “No. Ho cinquant’anni, ma ho vissuto dieci vite. Ho fatto cose che la stragrande maggioranza delle persone non fa in una vita intera. Cose che non sapevo neppure di desiderare. Ho ricordi preziosi”.
“A causa del Covid avevo trascurato i controlli” – Murgia ha già avuto un tumore in passato: “A un polmone. Tossivo. Feci un controllo. Era a uno stadio precocissimo, lo riconoscemmo subito. Una botta di culo. Però ero in campagna elettorale. Quella volta non potei dire che ero malata. Gli avversari mi avrebbero accusata di speculare sul dolore; i sostenitori non avrebbero visto in me la forza che cercavano. Dovetti nascondere il male, farmi operare altrove. Mi hanno tolto cinque litri d’acqua dal polmone. Stavolta il cancro era partito dal rene. Ma a causa del Covid avevo trascurato i controlli”.
“Ho preparato tutto” – “In questo tempo ho avuto modo di preparare tutto. Scrivere un alfabeto dell’addio. Predisporre un percorso collettivo. Tanti dicono di voler morire all’improvviso, nel sonno, senza accorgersene. Ora ho capito perché mia nonna da piccola mi faceva recitare una preghiera contro la morte improvvisa. Il dolore non si può cancellare; il trauma sì. Si può gestire. Hai bisogno di tempo per abituare te stessa e le persone a te vicine al transito. Un tempo per pensare come salutare chi ami, e come vorresti che ti salutasse. Io non sono sola. Ho dieci persone. La mia queer family”, sottolinea la scrittrice.
“Mi sposo” – E poi l’annuncio: “Ho comprato casa, con dieci posti letto, dove stare tutti insieme; mi è spiaciuto solo che mi abbiano negato il mutuo in quanto malata. Ho fatto tutto quello che volevo. E ora mi sposo. Con un uomo, ma poteva essere una donna. Nel prenderci cura gli uni degli altri non abbiamo mai fatto questione di genere. Lo Stato alla fine vorrà un nome legale che prenda le decisioni, ma non mi sto sposando solo per consentire a una persona di decidere per me. Amo e sono amata, i ruoli sono maschere che si assumono quando servono”.
Murgia conclude dicendo di non avere paura della morte e di poter “sopportare molto dolore, ma non di non essere presente a me stessa. Chi mi vuole bene sa cosa deve fare. Sono sempre stata vicina ai radicali, a Marco Cappato”.