“Vivi e lascia vivere” inchioda lo spettatore, lo intrattiene e lo diverte, poi lo emoziona e lo disorienta. A metà del percorso, la sfida di Pappi Corsicato è stata stravinta. A Fanpage.it, l’iconico regista si racconta: “Ho sempre voluto fare televisione anche all’inizio della mia carriera”. E sul futuro della serie: “Non nasceva con il presupposto di avere una seconda stagione, ma ho già un’idea”.
Una media di sette milioni di spettatori con una storia che sembra un “family drama” ma che poi si intreccia in una commistione di generi. “Vivi e lascia vivere” inchioda lo spettatore, lo intrattiene e lo diverte, poi lo emoziona e lo disorienta con il tratto inconfondibile del suo regista.
A metà del percorso, la sfida di Pappi Corsicato è stata stravinta. A Fanpage.it, l’iconico regista si racconta: “Ho sempre voluto fare televisione anche all’inizio della mia carriera, ma all’epoca non c’era il linguaggio giusto”. Storie rimaste nell’immaginario di ogni appassionato di cinema, come “Libera” e “I buchi neri”, troppo audaci per la tv di Stato di quegli anni. Ma la rivincita sulla vita di Laura Ruggero, interpretata da Elena Sofia Ricci, ha rappresentato l’occasione giusta per il pubblico di oggi: “Ho trovato una perfezionista e una professionista sul set”. E sul futuro, qualche indizio: “La serie era pensata per una seconda stagione, ma sto già pensando a come proseguire. Per ora, è tutto nella mia testa”.
Dal cinema alla televisione. È stato un passaggio impegnativo ma l’estetica di Pappi Corsicato non è cambiata.
Ho sempre voluto fare televisione anche all’inizio, quando ho cominciato la mia carriera ma facevo cose che all’epoca non erano giuste per il linguaggio televisivo. Mi riferisco a “Libera”, “I buchi neri”, storie che negli anni ’90 erano complesse da portare in tv. Questo progetto è piaciuto, ho coinvolto Elena Sofia Ricci e il produttore Angelo Bargagallo ed è stato tutto sorprendente. Ero anche spaventato di lavorare quattro mesi e mezzo con orari proibitivi e molte scene da girare al giorno, ma l’esperienza è stata tale che non mi è pesato.
Ha parlato di Elena Sofia Ricci. La sua fisicità per il personaggio di Laura sembra perfetta. Ha pensato subito a lei?
La conosco da anni ma non avevamo mai lavorato insieme e questa volta, per fortuna, è andata. Ha il fisico giusto, l’età giusta, il temperamento giusto per interpretare Laura. Ho trovato sul set una grande perfezionista e professionista, si vede che ha una grossa esperienza anche dei tempi televisivi. È stato stupefacente lavorare con lei.
Nel terzo episodio vediamo Laura più unita e vicina al personaggio di Toni, interpretato da Massimo Ghini.
Uniti, certo, ma in realtà sarà un episodio ricco di rivelazioni e di conflitti. La cosa interessante di questa serie è che tutti i personaggi non sono come sembrano, man mano si svelano per quello che sono. Questo provoca dei ribaltamenti, non perché siano falsi ma perché hanno difficoltà a mettersi a nudo. Questo scoprire genera novità che da un lato uniscono e dall’altro creano conflitto. Da adesso in poi si comincia a vedere un po’ di ciccia, usiamo questo termine.
Il racconto su piani temporali differenti è forse una delle chiavi del successo della serie. Piccoli tasselli, di puntata in puntata, per ricostruire da quello che è stato, quello che è. Sarà un tratto distintivo anche per i prossimi episodi?
La seconda parte della serie ha un grande svelamento che a sua volta comprenderà ulteriori complicazioni. Dalla quarta puntata in poi c’è una grande botta che spariglia nuovamente le carte e la suspence si amplia perché non solo ci saranno dei colpi di scena, ma quello che accadrà farà entrare ulteriormente nel lato nascosto di ogni personaggio.
Non ci si annoia mai.
Ecco perché è divertente perché all’apparenza è un “family drama” che poi si intreccia e si incontra con altri generi. Ti porta su altri piani e questo credo piaccia al pubblico.
Ho particolarmente amato la sequenza dell’epifania di Street Sartù, quella in cui Elena Sofia Ricci si ritrova nell’ape car insieme ai tre ragazzi estasiati dalla sua cucina. Come è nata la scrittura di quella scena?
Volevo raccontare in maniera sintetica che in un momento di difficoltà, la protagonista pensa di poter rivedere la sua vita e valorizzare un suo punto di forza, un suo hobby. Alcuni anni fa diressi una webserie per il Corriere del Mezzogiorno che raccontava di persone che si reinventavano dopo aver perso il lavoro. Il tema del rimettersi in gioco volevo riportarlo anche in questo progetto. In quella occasione particolare, dopo aver fatto un incidente, le viene l’illuminazione di utilizzare l’apecar per vendere il suo sartù. Tutto molto semplice, però mi interessava valorizzare la combinazione di idee e creatività, talento e capacità che ognuno ha dentro sé.
Nella serie viene fuori una Napoli discreta, che non abusa troppo dell’effetto cartolina. C’è anche il Centro Direzionale, che ritorna costantemente nelle sue opere. Come mai?
Il Centro Direzionale c’è in tutti i miei film perché mi dà un senso di modernità. Ha un’estetica che si contrasta molto con il resto della città. Ci sono così tante zone diverse a livello architettonico, che mi fa piacere farle vedere tutte. Da Bagnoli al Lungomare, da Piazza del Gesù al Centro Direzionale. È bello far vedere Napoli nella sua bellezza e nella sua diversità.
Non si era mai sentita una colonna sonora così ben assortita in prima serata. Ci sono persino i The National.
Per me la musica è molto importante, spesso parto prima dalla musica e poi sviluppo le storie. Avere molti pezzi di un certo tipo vanno a pesare sul budget. Mi sono tenuto cauto, ma conosco personalmente i The National e quindi mi faceva piacere inserirli. Ma ci sono ancora altri pezzi, giovani gruppi canadesi e altri ancora che ascolto ogni giorno. Consiglio a tutti di guardare la serie con Shazam aperto.
Iaia Forte è la sua attrice feticcio, è sempre presente nella sua filmografia. Che rapporto ha con lei?
Con Iaia c’è una grande amicizia, una grande affinità, una visione comune del cinema e del mondo. Ci conosciamo da tanto, non dico da quanto per non far capire l’età sua, ma ci conosciamo da così tanto che sappiamo cosa vogliamo. Ho voluto anche altri attori, un cast anche più giovane abbastanza inedito per le serie e le fiction Rai. Tutti scelti per la loro bravura. A parte i nomi già noti, come la Ricci, Ghini e Gerardi, ci sono volti interessanti come Bianca Nappi, Orsetta De Rossi, Teresa Saponangelo. Tutti i ruoli mi sembrano giusti e credibili, portano tutti una verità e dirigerli mi ha fatto piacere.
Siamo ancora lontani dal finale di stagione, ma possiamo considerare già un sequel per Vivi e lascia vivere?
Questa serie, in realtà, non nasceva con il presupposto di avere un seguito. Però ho già una idea di come potrebbe proseguire, ribaltando un po’ le carte ma è tutto ancora nella mia testa. Vediamo che succede anche con i decreti, le restrizioni, bisogna fare i conti anche con quello.
A proposito, come ha trascorso queste giornate?
Ma in realtà non mi è pesato perché già resto molto a casa, normalmente. Poi ho lavorato alla color degli episodi, seguivo tutto da casa e con l’eccitazione che sarebbe uscita la serie da lì a breve. Avevo molte cose da fare, oltre alla paura del contagio e di non sapere che fine faremo, sono stato molto pieno di lavoro.
Su Netflix c’è anche il suo documentario su Julian Schnabel.
Ma infatti è stata una strana coincidenza perché il documentario era già uscito su Sky e, quasi in contemporanea con Vivi e lascia vivere, è uscito poi su Netflix. Sapevo che era piaciuto e so che sulla piattaforma on demand sta avendo un grande riscontro.
Sta scoppiando una nuova Corsicato-mania?
Non lo so. So però di essere molto contento e felice di questo momento.
Gennaro Marco Duello, Fanpage.it