(di Mariano Sabatini, nurse Tiscali) Di Fabio e Mingo si parla e si scrive da qualche settimana. Una botta di notorietà, di cui non credo però che possano essere contenti. Se ne parla e se ne scrive da quando cioè il Gabibbo, autorità giornalistica non indifferente (tanto che mi stupisco non gli abbiano ancora attribuito il premio È giornalismo), ha dato la notizia in diretta su Canale 5 della sospensione dei due inviati pugliesi scognomati, deflagrata sui social network e nei blog.
Uno con diritto di parola e l’altro silente, Fabio e Mingo a Striscia la notizia hanno denunciato per anni malversazioni, ritardi, abusi, incalzando dirigenti locali a mantenere le promesse fatte e a rispondere delle ulteriori dilazioni. Lo hanno fatto con la brutalità virtuosa di chi opera dalla parte della verità e in difesa dei più deboli. I due attori, perché così si definiscono, hanno insomma svolto più che egregiamente il lavoro di cronisti. Tra l’altro contenendo all’interno del duo quel componente muto che incarna, più o meno consapevolmente, l’impossibilità dei più di avere davanti alla bocca un microfono funzionante.
Il loro apporto al Tg satirico di Antonio Ricci, la cui formula continua a funzionare da quasi trent’anni, sembrava quello di altri valorosi inviati: Max Laudadio, Stefania Petix, Mr Neuro (Charlie Gnocchi), Luca Abete, Edoardo Stoppa (in difesa degli animali), Jimmy Ghione, etc. Non era così, a quanto pare.
Dopo la sospensione e le inevitabili illazioni al riguardo, è arrivata la comunicazione da parte del pupazzone rosso, doppiato dal bravo coautore del programma Lorenzo Beccati: “Cari spettatori, parliamo di Fabio e Mingo e della loro redazione. Abbiamo acclarato che il caso di qualche tempo fa della maga sudamericana non esiste e anche il caso del falso avvocato era una messa in scena. A noi già questo basta”. Seguiranno le annunciate azioni legali. Ma, per estrema onestà cronachistica, bisogna dire che i due inviati hanno chiarito di aver sempre seguito le indicazioni degli autori nel disbrigo del loro lavoro.
L’aspetto più grave della faccenda rimane il tradimento del patto tacito stabilito tra Striscia la notizia e quanti, nella disperazione di non trovare altri interlocutori validi, si rivolgono al tg satirico per avere soddisfazione. È inevitabile infatti che chiunque appaia nei servizi a nome del programma contribuisca nel bene, o in questo caso nel male, alla credibilità del format. Ma la trasparenza con cui si è consumata la rottura tra Fabio e Mingo e patron Ricci fa pendere la bilancia dalla parte di quest’ultimo.
A chi dovesse obiettare che si tratta di satira e non di giornalismo puro, a parte lo specioso distinguo, ricordiamo che tali questioni riguardano anche gli iscritti all’albo: dagli applausi e i fischi aggiunti e cancellati nei “pezzi” dei telegiornali blasonati al presunto obolo passato da una giornalista di Mediaset (denunciato da Servizio pubblico e smentito dagli interessati) a una rom per fare le dichiarazioni richieste. Tutti comportamenti professionali deprecabili, che fanno scadere i giornalisti al rango di scribacchini, pennivendoli, mondani della notizia. È la stampa, bruttezza!