«The Crown» ha fatto schizzare del 190% le vendite di Barbour; «Bridgerton» ha riportato in auge i gioielli stile Impero e fatto salire del 300% le richieste di letti a baldacchino. Il segreto? «Il potere delle storie esercitato sul cervello»
In tema di shopping più degli influencer possono le serie tv: un impatto da milioni di euro, o di dollari. Ma il risultato non cambia. Sono loro che oggi, più di qualunque altra strategia di marketing, condizionano gli acquisti, nella moda come nell’arredo e nel food. The Crown, serie di Netflix sulle vicende della Royal Family inglese, ha fatto schizzare del 190% le vendite dei Barbour dopo che i fan hanno rivisto il capo indossato da Lady D (interpretata dalla venticinquenne Emma Corrin) nelle battute di caccia. Il sito del lusso 1stdibs.com dichiara una richiesta impressionante di gioielli stile Impero, dopo Bridgerton altra serie Netflix campione di ascolti. Non solo. Sempre per l’«effetto Bridgerton» sono salite alle stelle le richieste per un oggetto piuttosto frequente sulla scena: il letto a baldacchino di Habitat, arredo super-ricercato del catalogo Argos. Il rivenditore segnala un aumento delle vendite del 300%, e questo solo dal novembre scorso. Identico exploit per i corsetti, pare che siano andati letteralmente a ruba e che diversi marchi di abbigliamento abbiano deciso di inserirli in collezione. Il successo di Beth Harmon (alias l’attrice e modella Anya Taylor-Joy), protagonista in La regina degli scacchi, serie-rivelazione del 2020, ha determinato un aumento del 1000% nelle vendite del tradizionale gioco da tavolo, in declino da decenni. E questi sono solo alcuni esempi che evidenziano quanto le serie tv impattano sullo shopping.
Una lezione di marketing
«Si tratta dell’utilizzo potenziato di un meccanismo molto diffuso nel marketing: il product placement. L’idea è semplice. Se si vuole vendere qualcosa, serve prima mostrarla, per farla diventare familiare al consumatore. Il cliente più vede, più si fida, più vuole. Un oggetto diventa familiare dopo la visione e quindi più attrattivo. Il tentativo di vendere prodotti, collocandoli all’interno di pellicole o programmi di successo, non è una novità. Si tratta di una strategia applicata prima delle serie TV. Basti pensare al rilancio di Ray-Ban negli Anni 80, grazie al film Top Gun», spiega Lorenzo Dornetti, psicologo e direttore di Neurovendita Lab.
Meccanismo che viene potenziato nelle serie tv, così almeno dice la Neurovendita ovvero la disciplina che studia il cervello nell’ambito del comportamento d’acquisto. Secondo Dornetti: «Ricerche realizzate con tomografie a positroni mostrano che il desiderio di acquisto è connesso all’attivazione delle aree limbiche, le parti che governano l’emozione. Il solo fatto di vedere un prodotto, non è garanzia dell’attivazione di queste parti nel cervello. Oggi, il sistema nervoso è letteralmente bombardato di stimoli visivi. Ogni programma riporta la scritta “sono inseriti prodotti a fini commerciali”. I feed sui social sono pieni di influencer, in pratica pagine pubblicitarie viventi, che promuovono di tutto. Questo sovraccarico visivo riduce l’impatto del product placement rispetto al suo uso tradizionale. I prodotti sono così inseriti ovunque, che non li notiamo più, soprattutto se sono “cose” che già possediamo. Non si crea più la familiarità visiva che attira l’attenzione del cliente, come avveniva in passato».
L’impatto emotivo
A voler sintetizzare, oggi le serie tv sono per il marketing quello che era il cinema negli anni Ottanta e gli influencer nel periodo del boom di internet e dei social. Guardare Nicole Kidman, nel suo trench coat verde, nel ruolo di Grace in The Undoing, camminare di notte per le strade di New York, ci fa appassionare alla sua storia. Ciò che indossa si lega così tanto alla vicenda da non diventare solo familiare, ma da attrarci con la stessa carica emotiva che proviamo durante la visione. il sito di ecommerce Stylight ha riportato che da quando è uscita la serie in Italia si è registrato un incremento del 60% nelle vendite di cappotti simili a quelli indossati da Grace. Peccato che il capospalla verde – il più ambito – sia stato disegnato esclusivamente per la serie e quindi non disponibile, ma molti brand (come Etro, Gucci e Dries Van Noten) hanno proposto modelli simili nelle collezioni invernali. Ecco: il potere esercitato dalle storie sul cervello, questo spiega la forza delle serie TV.
Conclude Dornetti: «Ci innamoriamo di personaggi che vivono storie ambientate in cornici spazio-tempo lontane. Queste storie durano mesi, in alcuni casi anni. Gli studi che fotografano il cervello dimostrano che sono proprio le storie ad attivare le aree dell’emotività, non la semplice visione di un oggetto familiare. Un prodotto attira non perché lo vediamo e ci abituiamo tanto da volerlo. Il prodotto è oggetto di desiderio perché parte “stessa” della storia che attiva il cervello. È l’ingrediente del fascino del periodo in cui è ambientata la serie o delle caratteristiche dei personaggi. Il prodotto si vende non perché è inserito o mostrato, ma come parte integrante del soggetto che amiamo e del contesto in cui ci immergiamo. Le serie tv sommano alla forza della visione, che induce familiarità, la potenza emotiva delle storie sul cervello. Il risultato sulle vendite è superiore al product placement tradizionale».
lastampa.it