‘Non ci resta che il crimine’, tre uomini in una banda. Gassmann: “Uno spericolato action movie”

‘Non ci resta che il crimine’, tre uomini in una banda. Gassmann: “Uno spericolato action movie”

Il sala il 10 gennaio il film di Massimiliano Bruno: è un viaggio nel passato di tre amici, Tognazzi, Giallini e Gassmann, che si ritrovano nella Roma malavitosa dell’82 tra pop, rapine e i Kiss. Leo è Renatino, Ylenia Pastorelli la pupa del boss

Ritorno agli Ottanta: il pop, le spalline imbottite, i mondiali di calcio. E la banda della Magliana. Questi gli ingredienti della commedia di Massimiliano Bruno(firma la sceneggiatura Nicola Guaglianone) che racconta di tre amici – Alessandro GassmannGian Marco Tognazzi e Marco Giallini che durante un tour nella Roma criminale si ritrovano catapultati nel 1982 nella tana di Renatino e Co. Un viaggio nei ricordi, che gioca nel corto circuito tra passato e futuro: ecco la tutina di Heather Parisi, la giacca di Raffaella Carrà, I figli delle stelle e  la canzone ‘intrusa’ Sole cuore amore, i Kiss, le rapine, la maliarda con il cuore tenero. Gian Marco Tognazzi interpreta il più ‘debole’ del trio di amici, destinato però a una grande trasformazione di personalità durante il viaggio nel tempo anche grazie all’incontro con il terribile Renatino, il capo della banda della Magliana interpretato dall’ottimo Edoardo Leo e dalla donna del boss Ylenia Pastorelli. Abbiamo incontrato Gassmann e il regista Bruno che, tra un ricordo nostalgico e l’altro, ci spiegano perché dobbiamo andare al cinema a vedere Non ci resta che il crimine.
Non ci resta che il crimine è un viaggio nel tempo e nel cinema.
“Sì, un insieme di generi abbastanza atipico per quello che è il canone della commedia: si ride anche, ma alla fine è un film di avventura e action, direi un action comedy all’italiana, non un’Arma letale con botti e schioppi e gli elicotteri, ma che ti può sorprendere. La commedia resta di sottofondo la commedia, ma i toni cambiano, il film a tratti si fa anche serio e avvincente, per poi tornare alla commedia di situazione. È piano di omaggi e spunti che arrivano da un’epoca passata e che raccontiamo al livello cinematografico e musicale. Fin dal titolo il rimando è a Non ci resta che piangere di Troisi e Benigni, nel viaggio nel passato e nell’uso di elementi del presente, ma anche Ritorno al futuro, nella corsa contro il tempo per tornare all’oggi. E poi i tre amici in modo rocambolesco e surreale capitano negli anni Ottanta nel giugno-luglio del 1982, periodo storico molto suggestivo, direttamente nel covo della banda della Magliana, in pieno Romanzo Criminale.
In Romanzo criminale c’era anche lei.
“Ho un ricordo bellissimo, fu un film molto apprezzato, da cui poi è nata una bellissima serie, in cui c’era già l’idea di un cast fatto da attori già conosciuti individualmente ma uniti in un racconto corale. Il mio era un personaggio oscuro, una figura dei servizi segreti che sembrava agire per lo stato ma anche per qualcun altro mi diede non solo una candidatura al Nastro d’argento ma anche una serie di soddisfazioni e aprì forse un’epoca di un Gian Marco – Gibbo anche cattivo e inquietante che poi si sarebbe sviluppata in una serie di personaggi fin troppo oscuri che hanno fatto parte della mia carriera a partire dal 2005”.
Il suo personaggio è un ansioso cardiopatico con una prodigiosa memoria calcistica
“La passione enciclopedica per il calcio è una delle caratteristiche di Massimiliano Bruno nella vita. Una cosa da concorso, quasi da Rischiatutto, capace di ricordarsi, come il mio personaggio, gironi, goal e rigori di tutti i Mondiali dell’82. Caratteristica del mio personaggio, debole e frustrato, che si rivela fondamentale perchè il gruppo trovi una via di fuga. È anche vero che nell’arco della storia è quello che cambia più di tutti, trovando in sé una forza di reazione che non pensava di avere e la capacità di scoprire una nuova dimensione”.
Il film è una immersione totale negli anni Ottanta.
“Io sono nostalgico di mio, avendo avuto la fortuna di vivere quel periodo di crescita da ragazzino a adolescente in un’epoca in cui, con Ugo, il nostro stile di vita era all’insegna della convivialità, di feste e cene tra gioco e lavoro, una su tutti il torneo che rioganizzava a Torvaianica, dove vissi i Mondiali dell’82. Ritornare a quell’epoca significa provare la nostalgia di quella generazione di attori e registi con cui ci ritrovavamo a giocare e scherzare, in un’Italia che si era illusa, negli Ottanta, di essere la quarta potenza al mondo, l’americanismo che diventava per noi moda. Li ricordo bene, quei primi anni Ottanta con i pattini, le felpe fluorescenti. Nei rimandi il film è preciso, dalla fenomenologia di Rambo ai Figli delle stelle, ai Kiss di I was made for loving you: nel film siamo addirittura costretti a travestirci da Kiss perché sotto scacco con Renatino della Magliana. E, nel locale notturno, la Pastorelli con la tuta acrilica di Heather Parisi, esempio di una fenomenologia televisiva che si riversava anche in alcuni aspetti della società. Per quelli della mia generazione è un tuffo nel passato, un Amarcord. Il ricordo felice di un periodo di illusione su quel che potevamo essere. Poi abbiamo pagato tutto nei Novanta, ma allora ma c’era grande prospettiva”.

Arianna Finos, La Repubblica

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