La Stagione scaligera 2022/2023 si inaugura con l’opera composta dal russo Modest Petrovič Musorgskij
Al Teatro alla Scala di Milano è tutto pronto per l’inaugurazione della Stagione 2022/2023, la prima post Covid, senza mascherina e senza restrizioni. In scena il “Boris Godunov”, opera composta da Modest Petrovič Musorgskij e diretta da Riccardo Chailly. Ambientato in Russia nel “periodo dei torbidi”, il dramma musicale narra la spietata conquista del potere da parte di Boris che, tormentato dalla colpa per l’assassinio del legittimo erede al trono Dimitri, diviene folle.
Sarà una Prima all’insegna della ripresa, ma anche delle nuove preoccupazioni, delle polemiche e… del glam, con un foyer pieno di “vip” ed esponenti del mondo delle istituzioni.
Di positivo si registra il tutto esaurito dei biglietti, che arrivano a tremila euro in platea e nei palchi migliori e il ritorno degli stranieri, a partire dai giornalisti accreditati che vengono da 14 Paesi, inclusa la Russia, che non poteva mancare all’inaugurazione con un’opera proprio di un russo. Opera che invece più di qualche critica ha sollevato nella comunità ucraina.
Alcuni giorni fa infatti, il console ucraino a Milano Adrii Kartysh aveva scritto al sovrintendente della Scala, al sindaco Giuseppe Sala e al presidente della Regione per chiedere loro di non aprire la stagione con un’opera russa, e di “rivedere la programmazione” che include “spettacoli di musica russa”. Secondo lui ci sarebbe il rischio di “elementi propagandistici”.
Dal canto suo, presentando la Prima qualche settimana fa, il sovrintendente della Scala, Dominique Meyer, aveva detto: “Non facciamo propaganda a Putin, mostriamo un grande capolavoro della storia dell’arte”. E sottolineato: “Non c’è niente che vada contro l’Ucraina. E il libretto non fa apologia di un regime, tutto il contrario. Vorrei che si vedesse così, come un grande capolavoro della storia dell’opera, e che lanci un messaggio più universale”.
E si prevede intanto un foyer pieno signore ingioiellate e un mix di intellettuali, come Alessandro Baricco e il regista Luca Guadagnino, personalità dello spettacolo come Stefano Accorsi e la coppia Fabrizio Gifuni e Sonia Bergamasco, esponenti del mondo della finanza e dell’economia, archistar come Stefano Boeri e Italo Rota, sovrintendenti di altri teatri italiani e stranieri (fra gli altri Alexander Neef dell’Opéra di Parigi). Positiva è anche la presenza mai cosi’ massiccia di istituzioni: il Capo dello Stato Sergio Mattarella, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, la premier Giorgia Meloni, il presidente del Senato Ignazio La Russa e ancora i ministri della Cultura Gennaro Sangiuliano, del Made in Italy Adolfo Urso e delle Riforme Maria Elisabetta Casellati.
Un segno di attenzione verso il teatro, in un momento in cui dal pubblico (per lo meno da Regione e Comune) sono stati annunciati tagli dei contributi. Ed è qui che iniziano a vedersi le nubi all’orizzonte. I sindacati dei lavoratori avevano chiesto di poter leggere un messaggio per dire che “un Paese che taglia i finanziamenti alla Cultura taglia il futuro dei suoi cittadini” prima dell’Inno di Mameli e dell’Inno alla Gioia, l’inno europeo che sarà eseguito in onore della von der Leyen. Si accontenteranno di consegnare una lettera al presidente della Repubblica e agli altri esponenti delle istituzioni durante l’intervallo, che sarà allungato a 40 minuti per permettere a tutti di salutare il direttore d’orchestra Riccardo Chailly rispettando il protocollo. Ma annunciano iniziative per i prossimi giorni con le altre istituzioni milanesi. Fuori la protesta in piazza, contro la manovra e i rincari. Lo stesso sovrintendente Dominique Meyer ha ammesso che questo “sarà un anno difficile” e ha chiesto a tutto “uno sforzo comune per ribadire il valore della cultura”.
Nel frattempo il sottosegretario Vittorio Sgarbi ha criticato non solo i tagli ma anche una gestione con “regie faraoniche” di registi stranieri come straniero è il sovrintendente che si dovrebbe valutare se cambiare con un italiano. Ma alla fine di tutte le polemiche, i discorsi sugli abiti, sulla politica e sull’atmosfera generale l’ultima parola spetta alla musica, a uno spettacolo che all’anteprima giovani ha conquistato i ragazzi grazie all’allestimento di Kaspar Holten, che ha reso ancora più shakespeariano, e quindi umano, un dramma perfettamente reso dal cast, a partire dal basso Ildar Abdrazakov nel ruolo di Boris, dal coro di voci bianche, con 34 bambini che hanno imparato a cantare in russo, e dalla direzione di Riccardo Chailly.