Impresa della nuotatrice azzurra che sale per la prima volta in carriera anche sul gradino più alto ai Mondiali in vasca corta: trionfa nei 200 stile, poi è argento con la staffetta. Riscatta la delusione olimpica e adesso è campionessa di tutto: una notte magica
Come l’Araba Fenice che porta tatuata sul corpo, Federica Pellegrini spazza vie le ceneri della delusione olimpica e risorge mettendosi al collo l’unica medaglia che mancava nella sua già strepitosa bacheca: l’oro ai Mondiali in vasca corta. A Windsor, in Canada, la nuotatrice azzurra estrae dal cilindro una prestazione magnifica, frutto anche della rabbia per quel podio sfuggito in estate ai Giochi di Rio per pochi centesimi: spinge al massimo nelle ultime due vasche, rimonta la fortissima magiara Katinka Hosszu, e trionfa sfatando il suo piccolo tabù.
Perché come i bambini riempiono gli album di figurine al grido di «Ce l’ho, ce l’ho, mi manca», Fede fa collezione di medaglie internazionali: 46 totali, senza considerare le competizioni giovanili, con la fresca vittoria nei 200 stile, seguita due ore più tardi dall’argento nella staffetta 4×100. L’indimenticabile Olimpiade di Pechino, poi i successi Europei e Mondiali, in vasca lunga e corta: campionessa di tutto, insomma, lei che ai lustrini della tv ha sempre preferito – e continua a preferire – i faticosi allenamenti in piscina. «Sacrificio» è la parola d’ordine.
Sulle copertine ci va, è vero, ma non potrebbe essere altrimenti visto il prodigioso talento che fa di lei una delle icone dello sport italiano. Diva e Divina, con i suoi 10 tatuaggi e le centinaia di scarpe col tacco, ha una sfilza infinita di fan ma pure un manipolo di detrattori che la dipingono come «antipatica» e che, dopo la delusione brasiliana, erano pronti a celebrare il suo addio ai palcoscenici importanti. Occhi puntati e tanta pressione, tanto da spingerla a sbottare contro un tifoso su Twitter che la accusava di scarso impegno.
Reazione umana. Come umani sono stati gli attacchi di panico con i quali ha dovuto convivere per un periodo della carriera. Umane sono state anche le sue avventure amorose, da Gianfranco Meschin a Luca Marin, fino all’attuale Filippo Magnini. E umane, infine, pure le sconfitte, come quella della scorsa estate a Rio: «E’ una sensazione tremenda – disse Fede nel post gara -, ma non voglio ritirarmi piangendo». Detto fatto. Si è rimboccata le maniche e – a 28 anni suonati – ha ricominciato a lavorare duro, a testa bassa, e i risultati sono arrivati subito.
Nicola Bambini