Il primo film comprato all’estero, il suo battesimo, è stato ‘Quattro matrimoni e un funerale’. “Purtroppo mi sono scaduti i diritti, non è più mio e soffro”. Di successi ne ha inanellati parecchi negli anni Federica Lucisano, una delle rare donne produttrici cinematografiche italiane: ‘French kiss’, ‘Sleepers’, ‘Lord of war’, ‘John Rambo’, ‘Sfida senza regole’, ‘Drive’, miglior regia al festival di Cannes 2011, fino a ‘Non sposate le mie figlie’ e ‘The neon demon’. C’è ora ‘Midway’ di Roland Emmerich, in uscita il 28 novembre, in attesa del kolossal fantascientifico ‘Moonfall’, sempre per la regia di Emmerich, di cui ha acquistato i diritti per l’Italia.
Subentrata al padre Fulvio, Federica Lucisano è amministratrice delegata della Italian International Film dal 2012. Figlia d’arte in tutte le accezioni del caso. Con ‘Notte prima degli esami’, per la regìa di Fausto Brizzi, ha dato una sveglia alla commedia made in Italy toccando i sentimenti dell’italiano medio, senza mai scadere nella gag volgare.
Una professione costruita maturando esperienze sul set a fianco di maestri come Franco Zeffirelli, o in certi pomeriggi giocando a backgammon con il produttore americano specialista dell’horror, Samuel Z. Arkoff, per lei semplicemente ‘zio Sam’. “Negli anni Cinquanta era come se fosse un nostro socio, aveva una mini major e una marea di coproduzioni con papà che comprava film dall’estero e li distribuiva. Un sodalizio importante. Era una persona con una grossa capacità didattica e con lui ho imparato tanto”.
Voleva studiare filosofia, dopo il liceo linguistico alle Ancelle del Sacro Cuore, a Roma, dove è nata 52 anni fa da genitori romani ma con salde radici in Calabria, sulla costa dell’Alto Ionio cosentino. Nel mare di Amendolara, il paese della nonna materna, l’imprenditrice si tuffa ogni estate, nel mese di agosto; “ci ritroviamo lì con i cugini di Roma e i nostri figli”. Ma al momento di scegliere la facoltà “mio padre laureato in Legge disse no, devi saper leggere i bilanci. E allora ho preso Economia e Commercio alla Sapienza, e mi sono laureata con lode, me ne vanto, con una tesi, manco a dirlo in gestione e strategia nelle imprese di produzione cinematografica”.
In azienda a pieno titolo è entrata nel 2003, ma la gavetta è iniziata molto prima, in coincidenza con gli esordi universitari. “Il primo film è stato ‘Otello’ di Zeffirelli, io come assistente di produzione facevo lo schiavo, quello che porta i caffè. Al di là di tutto è stata un’alta scuola perché ho lavorato con un grande del cinema. Franco in quel periodo ha avuto la polmonite, questo ha ritardato le riprese e mi ha fatto saltare il primo anno di università. Poi sono andata in Tunisia per ‘L’inchiesta’, il film di Damiano Damiani. A novembre ho ripreso a seguire i corsi”.
Per due anni e mezzo Federica ha studiato senza sosta fin quando suo padre ha avuto di nuovo bisogno di lei per il film di Lina Wertmuller ‘In una notte di chiaro di luna’. “Con Lina si girava a New York, Londra, Parigi, Venezia e Roma, e a lui serviva una persona di fiducia. Ho sospeso di nuovo per sei mesi. Era molto stancante: sul set sei il primo che inizia e l’ultimo che va a dormire, però quanta energia, lo fai con piacere, cominci a guadagnare i tuoi primi soldi. Il rischio di mollare gli studi era elevato, per fortuna sono riuscita a evitarlo e dopo è stata tutta una volata”.
In azienda si è risolto brillantemente anche il passaggio generazionale. Con Federica nella società c’è anche Paola, sua sorella, che ha la delega alle produzioni televisive, un settore in espansione. “Essere donna è stato un vantaggio nei rapporti con mio padre, non ero il maschio alfa che ha bisogno di fare terra bruciata attorno a sé. All’inizio c’è stato però un problema di credibilità. Col mio carattere parecchio istintivo ho dovuto imparare l’arte della diplomazia. Mio padre è molto litigioso, io non potevo permettermi di esserlo, lui a 91 anni è ancora combattivo ma glielo perdonano, io figlia ho dovuto lavorare sul modello di riferimento, capirne i limiti, i pregi e non emularlo. Ascolto un po’ tutti i miei collaboratori, per me sono preziosi, faccio una sintesi e decido. Mentre nei rapporti con l’esterno essere donna è ancora un handicap; sono poche nel nostro settore quelle ad avere una posizione importante. Dico soltanto che qualche giorno fa ero in banca per una riunione e al tavolo con tanti uomini ero l’unica ‘quota rosa'”.
Con un figlio di sette anni, Manfredi, Federica Lucisano si iscrive al club delle ‘primipare attempate’. “Il vantaggio di esserlo è che tante cose non le percepisco come rinunce. E ho capito che i problemi li devo lasciare fuori dalla porta ed entrare sempre col sorriso”. Suo padre Fulvio ha fondato l’Italian International Film nel giorno in cui compiva 30 anni. “Siamo la più antica società di produzione operante in questo settore”. Le ha dato da subito un consiglio: ricordati che siamo dei sopravvissuti. “Vuol dire non fare il passo più lungo della gamba, non esaltarsi se le cose vanno bene, lottare per ottenere”.
E i momenti difficili non sono mancati. Agli inizi del Duemila, per esempio, “anni di grande cambiamento nel nostro sistema, quando si affacciavano le prime serie televisive di successo, e non si capivano bene i gusti del pubblico, anche dal punto di vista delle scelte editoriali: film d’autore o cine panettone? Non c’era una via di mezzo, non esisteva più la commedia brillante. Capire in che direzione portare l’azienda è stato molto complicato. E invece sono orgogliosa di essere stata l’artefice di ‘Notte prima degli esami’, un film che raccontava il paesaggio italiano con un processo di identificazione da parte del pubblico con la partecipazione a quell’emozione che nasceva tra la risata e la lacrima”.
I giorni nostri non sono più semplici. “Adesso è un altro momento delicato, ma io ora sono un filino più strutturata. Viviamo un passaggio epocale, il mondo dell’entertainment va verso le concentrazioni, i giganti si fondono tra di loro: Comcast compra Sky, Disney prende Fox, At&T acquisisce Warner”. L’imprenditrice come si muove? “Credo che la cosa più importante oggi sia non perdere di vista la centralità del prodotto, ragionare su questo, tenere gli occhi aperti per realizzare eventuali alleanze che possono essere integrazioni e poi acquisizioni”. Nel 2006 Italian International Film ha acquistato Stella film e da allora si è espansa dal punto di vista delle sale, con sette multiplex per un totale di 60 schermi. “L’unica grossa new entry negli ultimi dieci anni”. Nel 2018 l’azienda ha chiuso con un fatturato di 38 milioni di euro e la semestrale appena approvata registra ricavi in crescita del tre per cento. I dipendenti, esclusi quelli assunti per le varie produzioni, sono 80, considerato anche il personale delle sale cinematografiche. “Mediamente abbiamo in produzione quattro film all’anno per il cinema e una o due serie televisive. Il grande schermo ha sempre una sua centralità basti pensare che in tutto il mondo le serie importanti nascono da talent cinematografici. New Pope è l’opera di un premio Oscar, Paolo Sorrentino. La tv non è più considerata di serie b, ha una sua dignità, non ammazza il cinema, ha soltanto una declinazione diversa”.
L’estero l’ha sempre molto tentata ma Federica Lucisano sente forti le radici in Italia. “Nel percorso di studi per nostro figlio Manfredi abbiamo scelto una scuola italiana, mio marito Gabriele Nastasi è un colonnello della Guardia di Finanza, comandante provinciale all’Aquila. Poi devi avere una visione ampia, sono stata tanto in America e in Europa, questo mi ha dato quel know how necessario per poter gestire la mia attività. Faccio viaggiare mio figlio perché voglio che un po’ alla volta si faccia un’idea del mondo, ma io vorrei continuare a vivere qui. Mi muovo per lavoro lo stretto indispensabile, comunque non manco mai agli appuntamenti importanti: Cannes, Venezia, Londra. Faccio le cose che devo, e ho una famiglia da portare avanti”.
Guardare i film degli altri è fonte di idee e di ispirazione. “Tra noi produttori c’è competizione, ma abbastanza sana, avverto maggiore rispetto di un tempo, me ne rendo conto quando vado nelle associazioni di categoria. ‘Immaturi’ di Paolo Genovese mi è piaciuto molto, con ‘Perfetti sconosciuti’ quando sono uscita dalla proiezione ero esaltata. È difficile sempre copiare, diciamo che questi film sono di stimolo per fare bene il mestiere, essere sempre più accurati, meticolosi, con una forte capacità creativa”. Obiettivi non sempre facili. “Non credo che il cinema sia in crisi, si è però alzata l’asticella della qualità e del livello di originalità richiesti dal pubblico che si muove alla ricerca di qualcosa di speciale. La scommessa rispetto a quello che stai proponendo, è convincere lo spettatore a uscire di casa per andare a vedere il tuo film. Mio padre dice sempre che il mio datore di lavoro è il pubblico che paga il biglietto”.
L’agenda di Federica Lucisano è fitta di impegni. Sono iniziate le riprese del film di Max Bruno, ‘Ritorno al crimine’, che idealmente è il sequel di ‘Non ci resta che il crimine’. L’imprenditrice è impegnata nella post produzione di ‘Sette ore per farti innamorare’, il primo film di Giampaolo Morelli, “un gioiellino”, ed è in piena preparazione del film di Marco Tullio Giordana. “Cerco dei progetti belli, quelli che emozionano, che ti folgorano; come si declinano poi dipende dal gusto personale. I film di nicchia, di autore, di impegno sociale sono quelli che apprezzo. Esce a novembre ‘Aspromonte’ di Mimmo Calopresti con Valeria Bruni Tedeschi, è una storia fortemente voluta da mio padre. In quel mese ne abbiamo in uscita uno a settimana: ‘Uomini d’oro’ di Vincenzo Altieri, ‘Ailo’, la storia di una renna, sul genere della ‘Marcia dei pinguini’, con la voce di Fabio Volo e, ciliegina sulla torta, Midway di Emmerich, un colossal americano sulla battaglia della Seconda guerra mondiale”.
Le piace sciare e nuotare, “sono i miei must: montagna d’inverno e mare d’estate. Leggo solo in vacanza perché i copioni mi sommergono”. I week end spesso sono in campagna, “ho una casa vicino Roma e mi piace ospitare, avere intorno amici e bambini che si divertono, amo avere la casa aperta. Mio marito in cucina è bravissimo. Vado tanto al cinema e ancora di più ci va mio padre, vede almeno tre, quattro pellicole alla settimana. A volte traggo ispirazione per produzioni che vorrei realizzare. Una di queste è ‘Dora e la città perduta’, un teen movie da 50 milioni di budget basato sulla serie animata prodotta da Nickelodeon ‘Dora l’esploratrice’. Non mi piacciono i film noiosi, guardo sempre l’orologio, ogni volta dico certo se fosse durato un quarto d’ora di meno, sono Eduard mani di forbici”.
Sfegatata romanista, “da quando è nato mio figlio ho smesso di andare allo stadio, vedo le partite in tv, sono una lupacchiotta vera e fiera di esserlo”. Gli attori che ama sono “tutti quelli con cui ho lavorato. Ho un’amicizia speciale con Massimiliano Bruno e con Eduardo Leo, ho avuto un bel rapporto con Fausto Brizzi, ho finito di lavorare con lui nel 2011, dopo cinque film, poi lui ha fondato la sua società”. Sul regista, protagonista di uno dei casi italiani di molestie sessuali, dice con cautela: “Chi sono io per poter giudicare? Ho un atteggiamento laico, non ho elementi, non faccio Ponzio Pilato ma non mi piace nemmeno la caccia alle streghe. Una persona che ha un certo potere deve saperlo gestire e non abusarne, penale o non penale, è un problema etico”.
Ce n’è uno con cui vorrebbe fare un film? “Checco Zalone, ma non ci provo neanche, perché lui ha un legame storico col suo produttore, non mi va di interferire. Immagino che sia una mission impossible”.
Patrizia Capua, Repubblica.it