Il motore propone agli operatori tradizionali i suoi dispositivi per un palinsesto personalizzato. L’obiettivo è condividere il telespettatore, grazie all’Android tv
Google sul pc, Google sullo smartphone, Google sul televisore. I primi due passi sono ampiamente compiuti, sul terzo il gigante di internet ci sta lavorando. Il disegno è di essere il motore che porta ai contenuti tv così come accade sugli altri dispositivi, in particolare sui cellulari.
Lo strumento c’è già, la Android tv, un sistema operativo adatto per il piccolo schermo anima di set top box realizzati da produttori terzi. Chi ha già avuto possibilità di provare il decoder TimVision di Telecom Italia, sa di cosa si tratta: un decoder che consente di accedere ad applicazioni attraverso lo store Android, alla Internet tv di Tim, al digitale terrestre, tutto in un unico dispositivo.
Pensare soltanto all’unione di app, tv tradizionale e Iptv, però, non dà ancora la misura di quello che potrebbe accadere intorno al piccolo schermo. Perché, come si è accennato prima, Google mira a essere il punto di partenza della fruizione dei contenuti, grazie alle sue funzionalità di ricerca vocali e ai suggeriment basati sulla raccolta delle abitudini degli utenti. Il vecchio zapping, insomma, in futuro potrebbe perdere la forza che ha oggi, sostituito dalle proposte a video che guidano fra le migliaia di contenuti a disposizione del broadcasting tradizionale e della rete.
Nella presentazione di martedì scorso, Google ha mostrato alcuni pezzi del suo disegno complessivo sull’androidizzazione della casa: l’altoparlante Google Home, un assistente vocale per l’abitazione, la nuova Chromecast, ma è l’Android tv il pezzo pregiato di piazzare nei televisori domestici.
Per far ciò, Google ha scelto una strada diversa rispetto per esempio alla Apple tv: mentre quest’ultima fa un prodotto in proprio e dal quale al momento non si accede alla tv tradizionale se non tramite app, Google lascia che la propria Android tv sia adottata dai broadcaster e personalizzata.
Anzi, Google punta proprio sugli operatori televisivi per sfondare nel piccolo schermo. «Ci stiamo accordando con molti operatori anche nella tv tradizionale», ha detto di recente Sascha Pruter, il responsabile del progetto Android tv, spiegando che i telespettatori presentano a broadcaster e pay tv le aspettative che si sono generate con gli smartphone e si rivolgono a set top box come Apple tv e altri. Lo svantaggio per i broadcaster, continua il manager Google, è però di perdere così il contatto con il telespettatore: ecco perché adottare un set top box Android che unisce il nuovo con il tradizionale può fare al caso loro. «Gli operatori», conclude Pruter, «possono così concentrarsi su quello su cui sono veramente bravi. Ovvero offrire una grande esperienza televisiva».
«Il futuro della televisione non sarà composto da un unico player, ma da offerte che si sommano, da un palinsesto che ciascun utente crea da sé», commenta Daniela Biscarini, a capo dei contenuti di Tim. «E quello che noi offriamo va in questa direzione: Google è un partner chiave con cui integrare i miei contenuti e quelli di altri valorizzandoli, grazie anche alla piattaforma di raccomandazione».
Per ora le raccomandazioni sui contenuti di TimVision sono gestite direttamente da Telecom, mentre Android gestisce i consigli su app e altri contenuti online. Perché, come detto, dal decoder di Tim si accede anche all’Android store, sul quale, nonostante Telecom non dia i dettagli, c’è un accordo commerciale di revenue sharing fra l’operatore e Google sugli acquisti degli utenti.
Tim, peraltro, è già pronta a passare oltre questo decoder: entro l’anno lancerà un set top box più potente, sempre basato su Android, in grado di supportare i videogiochi in streaming, mentre in futuro l’attesa è per un dispositivo con hard disk capiente su cui salvare i contenuti.
Telecom, però, è una telco, non un broadcaster. Ovvero deve arrivare al telespettatore e quella di utilizzare un decoder Android a oggi è la carta migliore. Un broadcaster, invece, ha già il rapporto con il telespettatore e aprire a Google può significare dove per lo meno condividere questo rapporto con il motore (e che dire della nuova pubblicità che questi dispositivi accoglieranno?).
«Il mobile è sicuramente il driver del cambiamento delle abitudini di consumo, anche in ambito televisivo», commenta Augusto Preta di ItMedia Consulting. «E sistemi aperti come l’Android tv consentono di unire la tv tradizionale con le nuove esigenze. La parte problematica è che tutto questo può trasferire su altri soggetti non tradizionali il potere sul mercato televisivo. Mentre le telco giustamente si stanno portando avanti, il ruolo dei broadcaster rischia così di essere meno rilevante».
Italia Oggi