“Parlo con i morti, il protagonista del mio nuovo horror è autobiografico”

“Parlo con i morti, il protagonista del mio nuovo horror è autobiografico”

“Non mi sono mai allontanato più di tanto dal genere gotico, che dovremmo praticare di più in Italia credendoci maggiormente”. Parola di Pupi Avati, che a Venezia 81 porta fuori concorso ‘L’orto americano’, film di chiusura di quest’edizione della Mostra, in uscita con 01 distribution nel 2025: un horror gotico interpretato da Filippo Scotti, Roberto De Francesco, Armando De Ceccon, Chiara Caselli. La storia si svolge a Bologna, nei tempi della Liberazione, quando un giovane problematico con ambizioni letterarie si innamora follemente di un’infermiera dell’esercito americano.

“Il protagonista è ricoverato in un ospedale psichiatrico perché parla con i defunti – racconta Avati -. Ho trattato il tema del disturbo mentale: è un personaggio per certi aspetti autobiografico perché chi parla con i morti sono io che ogni sera richiamo a me molte persone care che non ci sono più, prima di addormentarmi. Sono io che sono angosciato per questioni anagrafiche e la sera mi preparo a dormire. Quando chiamo i miei amici sento che la stanza si riempie progressivamente di entità che mi vogliono bene e così mi riconcilio con il mondo e con la vita”.

E sulle numerose citazioni cinematografiche presenti nel film, dice: “Il mio film è ricco di immagini e citazioni del cinema americano anni ’40 e spero che i nostri critici l’abbiano riconosciuto, da Hitchcock in poi. Qui ho utilizzato il bianco e nero. Credo di aver fatto 54 film, ma è la prima volta che ho la sensazione di fare cinema con l’umiltà di una storia che vuole essere più popolare e raggiungere il pubblico”.

Sul TotoLeone del Festival scherza: “Paolo Del Brocco è l’unico a sapere chi vince”. E sulla Mostra del Cinema di Venezia: “Ricordo una meravigliosa accoglienza per ‘Una gita scolastica’ (nel 1983). Ho dei ricordi molto belli di questo festival, tanto che diressi un film chiamato Festival quando Walter Chiari ebbe un incidente. Il lido però non è solo baci e abbracci e red carpet”. Tanti i ‘casi umani’, come li definisce Pupi, presenti nel film tra cui il personaggio interpretato da Caterina Caselli. “Forse sono un caso umano visto che è la terza volta che recito con Pupi – dice l’attrice scherzando -. Per me è una conferma di un rapporto che si è stabilito tra noi dal ‘Signor diavolo’ a ‘Lei mi parla ancora’. È un regista che sta fisicamente vicino agli attori e non rimane nell’altra stanza. Per un attore è una formidabile guida”.

‘L’orto americano’ è un film con corpi di donne violate, con una simbologia femminile che pulsa vita, ma che rappresenta anche la morte. “Non ho inventato nulla. Queste sono storie che dal mostro di Firenze e giù di lì accadono. È la parte meno inventata e più realistica. Mi interessa di più la parte psicologica e psichiatrica. Il mio è un racconto di estrema e totale solitudine. Il protagonista è l’uomo più solo che ci sia”.

E poi: “Io sono stato una persona molto timida con grandi complessi di inferiorità e c’è molto di me in questo personaggio. Ai miei tempi il tema centrale erano le ragazze e l’amore e mi dispiace per le nuove generazioni non è più così. Dante ha corteggiato Beatrice per nove anni prima che lei gli dicesse ‘ti saluto’: ecco l’amore era così. Le storie d’amore devono tornare all’innocenza e al senso dell’effimero, non consumare tutto in una notte e poi domani ti chiamo o magari no”.

Infine conclude con un messaggio: “Educate i vostri figli a essere irragionevoli e a sognare, non a essere ragionevoli”.

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