Vent’anni senza il genio di Battisti

Vent’anni senza il genio di Battisti

Domenica 9 settembre cade il ventennale della morte di Lucio Battisti, stroncato a 55 anni da una malattia. Per un gioco del caso, l’anniversario della scomparsa di uno dei geni assoluti della musica italiana coincide con la notizia che potrebbe avviarsi a una soluzione definitiva l’intricatissima e annosa vicenda legale che ha come oggetto i diritti dei 12 album più amati e conosciuti della carriera di Battisti: quelli incisi con i testi di Mogol.

Come è stato raccontato, da una parte ci sono gli eredi, la vedova, Grazia Letizia Veronese e il figlio Luca, dall’altra Mogol e la multinazionale del disco che detiene il catalogo della Ricordi. Tutto nasce dalla decisione di Grazia Letizia Veronese di non autorizzare la diffusione della musica del marito se non per vinili e cd. Divieto di sfruttamento per pubblicità, colonne sonore, omaggi, perfino festival. E, tema scottante, per la diffusione su Internet, a cominciare dalle piattaforme di streaming. Anche il meno esperto si rende conto di quale sia la potenzialità commerciale, non sfruttata, di questo catalogo.

Ora la novità: vista l’impossibilità di arrivare a una soluzione, il Tribunale di Milano si è affidato a un esperto, l’avvocato Gaetano Maria Giovanni Presti affidandogli “tutti i poteri di legge volti alla miglior liquidazione della società (Le edizioni Acqua Azzurra, di cui sono soci tutti i soggetti citati sopra), nessuno escluso, che eserciterà nella sua piena discrezionalità e responsabilità senza necessità di autorizzazione alcuna dei soci, compresa la possibilità di concedere licenze di sfruttamento economico delle opere anche online”.

La musica di Lucio Battisti potrebbe essere diffusa online e dunque finire a disposizione anche di quel pubblico giovane e giovanissimo che ormai da tempo non utilizza i supporti fonografici. Battisti ha costruito la sua leggenda sulla sua musica di talento visionario e sulla sua assenza: detestava le derive del divismo, la pubblicità e i riti della comunicazione: la sua ultima, storica apparizione alla tv italiana è datata 23 aprile 1972: il programma è “Studio 10”, dopo aver presentato in playback “I giardini di marzo” si lancia in un duetto con Mina che resta uno dei momenti più alti della tv e della musica italiane. Qualche anno dopo sceglierà la via della chiusura totale a incontri, interviste, esibizioni lasciando parlare solo i suoi dischi. Il resto è stato, fino alla fine, impenetrabile riservatezza.

Fa una certa impressione che la rievocazione di Lucio Battisti coincida con le notizie che vengono da un tribunale. Per la musica non è certo una novità, se si pensa per fare solo qualche nome, a quanto accaduto a personaggi come George Michael, Prince, o al ferreo controllo esercitato dalla vedova di Frank Zappa sul catalogo del geniale marito. In fondo il sodalizio con Mogol si è interrotto perchè proprio Mogol pretendeva di dividere al 50% i diritti delle canzoni scritte insieme. E bisogna ricordare che Battisti non è soltanto quello con Mogol: a partire da “E già” e poi attraverso la collaborazione Pasquale Panella iniziata con “Don Giovanni”, Battisti ha progressivamente destrutturato la forma canzone, affidandosi a sonorità elettroniche e a un sempre più evidente distacco dai gusti del grande pubblico. Quello stesso pubblico che, al di là dei cultori e dei tanti ammiratori di “Don Giovanni”, ha impressi nella memoria i brani dei 12 album la cui vita futura è in mano al Tribunale.

Quella che resta al di sopra di ogni vicenda, è la straordinaria lezione lasciata in eredità da un genio, uno degli artisti che ha contribuito di più al rinnovamento della canzone italiana, aprendole le porte della contaminazione con il rock, la black music, fino alla disco, la musica latina, l’elettronica. Un genio che aveva cominciato come autore e che è stato convinto a cantare le sue canzoni: e lui, con la sua voce da “non cantante” è diventato uno dei più grandi di sempre. Anche per questo oggi, alcuni suoi colleghi di grande successo, devono ringraziarlo.

Paolo Biamonte, ANSA

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