Toro Scatenato, il film di Martin Scorsese torna al cinema dall’8 al 10 maggio

Toro Scatenato, il film di Martin Scorsese torna al cinema dall’8 al 10 maggio

Interpretato da Robert De Niro il biopic dedicato al pugile Jack La Motta, diretto dal regista italoamericano, arriva per la prima volta in sala in versione restaurata 4 k grazie a Lucky Red.  Scopriamo i segreti di un capolavoro diventato leggenda e premiato con 2 Oscar: miglior attore protagonista e miglior montaggio

Ci sono film che hanno messo al tappeto la storia del Cinema. Opere vincenti per manifesta superiorità.  Immagini fissate per sempre nella mente degli spettatori, come i segni di un jab sferrato da un campione. Una di queste pellicole è Toro Scatenato. Sono passati 42 anni da quel 12 febbraio 1981, quando il biopic dedicato a Jack La Motta fu proiettato per la prima volta in Italia, tre mesi dopo la première americana che, trattandosi di Martin Scorsese, non poteva che svolgersi a New York. Eppure, al netto delle secche del tempo, l’inizio di Raging Bull con il pugile che danza sul ring, sulle note della “Cavalleria Rusticana” di Mascagni” con l’accappatoio maculato e i guantoni, pare una scena girata oggi. I capolavori, si sa, non hanno età.  E ora “il più grande film di pugilato mai realizzato”, come lo ha definito la rivista Empire, torna nelle sale cinematografiche italiane in versione restaurata 4 K, distribuito da Lucky Red.

TORO SCATENATO, UN PARTO MOLTO COMPLICATO

Come spesso accade per i grandi film, la genesi di Toro Scatenato è complessa e travagliata.  Robert De Niro, dopo aver letto l’autobiografia di Jack La Motta, “Raging Bull: My Story”, si innamora del personaggio. Vuole a tutti i costi interpretare il Toro del Bronx. E vuole che a dirigerlo sia Martin Scorsese. Il regista sta girando “Alice non abita più qui” e alla fine non se ne fa più niente. Passano un paio d’anni, Scorsese gira “Taxi Driver”, “New York, New York”. De Niro continua a insistere, ma Martin non è convinto. Pensa addirittura di trasformare il libro in uno spettacolo teatrale da tradurre in pellicola intitolato Premio Fighter. La sceneggiatura è una sorta di Rashomon, con la vicenda di La Motta raccontata da diversi punta di vista con differenti versioni della stessa scena. Ma alla fine, il regista abbandona l’idea e decide di dedicarsi a “L’Ultimo valzer”.

SCORSESE: DALLA COCAINA AL RING

Solo chi cade può risorgere al cinema come nella vita. Scorsese, in crisi esistenziale è in pessime condizioni di salute a causa dell’abuso di cocaina. Nel settembre del 1978 viene ricoverato in ospedale per un’emorragia, De Niro lo va a trovare e gli domanda: “Vuoi morire?”. I due anni trascorsi nel delirio tossicofilo aiutano il regista a comprendere la vicenda umana di La Motta e il cineasta dice finalmente di sì al progetto. Si decide di partire dallo script rielaborato da Paul Schrader. Lo sceneggiatore di “Taxi Driver” ha la felice intuizione di partire da metà del racconto della vita del pugile. Ma questa volta sia il regista, sia De Niro sentono la necessità di cesellare lo script. Così il cineasta, insieme al suo attore feticcio partono per l’Isola di Saint Martin, nei Caraibi per un’ultima revisione. Alla fine Schrader non sarà felice dei cambiamenti ma manderà un telegramma di auguri a Scorsese e De Niro con queste parole: “Jack l’aveva fatta a modo suo, io a modo mio, voi a modo vostro”.

UN BIANCO E NERO PIENO DI GRIGI

Scorsese è convinto che Toro Scatenato sarà il suo ultimo film. Per questo ci si dedica anima e corpo. Lo stesso fa De Niro che incontra più volte La Motta, vuole sapere addirittura la marca dei sigari che fuma. Arriva addirittura a intervistare la ex moglie del pugile e a dormire sul suo divano. Ma se l’attore sfida la proverbiale gelosia del boxeur, il regista osa addirittura sfidare Hollywood: girare la pellicola in bianco e nero. E’ noto che il black & white è uno spauracchio per gli Studios (basti pensare alla fatica che fece Mel Brooks per non girare “Frankenstein Junior” a colori). Ma la United Artist è troppo impegnata con il film dell’anno: “I cancelli del cielo” di Michael Cimino. Senza contare che i produttori Irvin WInkler e Richard Chartoff, artefici del successo di “Rocky” sono convinti che Raging Bull possa funzionare al box office. Così nell’aprile del 1979 iniziano le riprese.

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