In attesa della Biennale si possono visitare le mostre di Gorky e Frankenthaler e l’omaggio a Kounellis
In attesa di capire se davvero stiamo vivendo tempi interessanti, ciò che sta per accadere a Venezia intorno alla Biennale (che apre al pubblico l’11 maggio) è ben di più di un semplice contorno ma addirittura il piatto forte.
Un programma di mostre che punta, soprattutto, su alcuni protagonisti del 900 perché l’arte ha bisogno della verifica con la storia. Solo il tempo, l’uscita dal contingente, dall’effetto cronaca e dalle mode temporanee potrà attribuire il vero valore alle cose. In tempi forse interessanti, sicuramente confusi, il riparo nei valori stabili aiuta e rassicura. Se ne è accorto da tempo il mercato, in scia curatori e direttori di museo.
Ralph Rugoff è americano e forse non è un caso che in giro per Venezia ci sia tanta America, cominciando dalla retrospettiva di Arshile Gorky a Ca’ Pesaro (9 maggio 22 settembre), la prima in Italia per un pittore tanto raro quanto tormentato, che pose fine alla sua vita nel 1948, prima della definitiva esplosione dell’Espressionismo Astratto. Un’esistenza segnata dalla fuga dall’Europa per sfuggire al genocidio armeno e l’arrivo negli States a soli 15 anni, per uno stile contrassegnato inizialmente dall’influenza surrealista che poi sfocia in una pittura tra segno e gesto, aniconica, che anticipa buona parte delle ricerche della Scuola di New York. Nel medesimo ambito ritroviamo la personale già annunciata su queste colonne – di Helen Frankenthaler a Palazzo Grimani (da oggi al 17 novembre), finalmente riconosciuta tra i grandi della pittura del XX secolo, figura di transito verso il Color Field per una pittura più emozionale e liquida, moderna e vibrante. Oltre a questi due grandi maestri, la tradizione astratta americana è presente anche nell’installazione Heterotopia 1 di Peter Halley organizzata dalla rivista Flash Art ai Magazzini del Sale 3 (8 maggio 10 agosto). Esponente della generazione Neo Geo emersa negli anni ’80, teorico e studioso, Halley esce dalla dimensione quadro per aggredire lo spazio: in questo nuovo progetto murale lavora insieme ad altri tre artisti più giovani, Lauren Clay, Andrew Kuo e R.M. Fischer.
A pochi passi è in corso da alcune settimane l’omaggio di Georg Baselitz a Emilio Vedova (alla Fondazione Vedova), ma è proprio il grande artista tedesco il protagonista di una delle mostre più attese: Baselitz Academy alle Gallerie dell’Accademia (8 maggio 8 settembre) che per la prima volta propongono un artista vivente. Padre del Neoespressionismo tedesco, celeberrimo per le figure a testa in giù, molto legato alla cultura italiana, cominciando dall’amore per Pontormo e i Manieristi, Baselitz è giustamente considerato un gigante della pittura, capace di emozionare e suscitare turbamento.
Se la «lista ufficiale» della Biennale di fatto ignora l’Italia, la rivincita del nostro Paese passa attraverso il lavoro delle fondazioni e degli spazi collaterali, cominciando da un nuovo, ulteriore, omaggio ad Alberto Burri ospitato dalla Fondazione Cini (10 maggio 28 luglio) e organizzato in collaborazione con Tornabuoni Art, Paola Sapone e Intesa Sanpaolo. Evocativo il titolo La pittura, irriducibile presenza, dedica implicita a chi si entusiasma per operazioni momentanee di piccolo conto. Tutti i più famosi cicli di Burri, dai Catrami degli anni ’40 agli ultimi Cellotex sono esposti e confermano che, pur avendo scelto un ruolo appartato, Burri ha anticipato i passaggi salienti dell’arte nel secondo 900, dal New Dada all’Arte Povera. E visto che si parla di Arte Povera, come in un ideale testimone, Fondazione Prada rende omaggio a Jannis Kounellis (11 maggio 24 novembre), scomparso due anni fa. Oltre sessanta lavori per tutto l’arco della carriera, provenienti da musei di prima grandezza, le installazioni più importanti: impossibile non provare una certa nostalgia per quando l’Italia era considerata un Paese centrale in ambito contemporaneo. Stesso sentimento emerge anche dalla personale di Alberto Biasi, il genius loci dell’Optical Art che diventa caso internazionale, ordinata in ben due mostre, a Palazzo Ferro Fini (da oggi al 18 luglio) e alla Scuola Grande della Misericordia (da oggi all’1 giugno).
E visto che tra Biennale e Padiglione Italia le nostre presenze sono ridotte al lumicino, ci pensano la Fondazione Sandretto e il Castello di Rivoli a riportare un po’ di ottimismo patriottico e un pizzico di provocazione con quello che non vuole essere un padiglione alternativo eppure ha proprio l’aria di esserlo: The Piedmont Pavilion al Campo dei Gesuiti (8 maggio 20 luglio) propone diverse eccellenze sabaude, da Gallizio a Pistoletto (questa sera in performance), da Pellizza da Volpedo a Mollino, dalla Fiat 500 al Barolo. Si annuncia divertente.
Luca Beatrice, ilGiornale.it