Sulla copertina di Tarantelle, il suo nuovo disco, c’è un giovanissimo Clementino con tanti riccioli d’oro in testa. È uno scatto che risale a quando Clemente Maccaro aveva 16 anni. A quando il sogno di fare rap era solo un sogno. A quando il rapper campano con un amico faceva finta di essere famoso. Ora, a 37 anni, dopo aver passato un momento difficile a causa della droga – come ha lui stesso raccontato più volte – Clementino guarda al passato, focalizzandosi sulla verità. Ciò che conta, infatti è il rap verità. D’altronde, come rappa nella prima rima dell’intero disco, lui è uno degli ultimi superstiti di una grande generazione di rap. «Non ce l’ho con i nuovi rapper che fanno trap – dice – ce ne sono di bravi. Parlo male della generazione che pensa solo a like e vestiti. Ce l’ho con chi non sa rappare, parla solo di cose futili e inneggia alla droga. Io ci stavo morendo. In un anno sono stato in due comunità, ho passato l’inferno».
Nell’album, infatti, qua e là riecheggia tra le rime questa faticosa esperienza, ma anche la rinascita dopo aver toccato il fondo. Un palmo dal cielo è forse uno dei pezzi più intimi e coinvolgenti dell’intero disco. Qui Clementino racconta, strofa dopo strofa, i sogni che faceva in comunità. «Li scrivevo su dei foglietti e poi li mettevo in un cassetto. Alla fine mi è venuto naturale usarli in un testo. Così quando sono tornato a casa dopo quasi sei mesi ho messo tutto in rima su un beat. Sono tutti sogni che ho realmente fatto».
La mia follia, poi, parla di un ragazzo che sta morendo per overdose di cocaina e – come racconta il rapper – «è stata scritta dopo una brutta serata, e anche questa is the real rap». Tra le tracce più intime c’è anche Versi di te. «La prima strofa è stata scritta a Lisbona sulla spiaggia davanti all’immensità dell’oceano». Chiude l’album un altro brano pieno di stile, ovvero Diario di bordo. «È stato scritto esattamente in ordine cronologico, prendendo spunto e consiglio dalla mia agenda in un periodo che va da marzo 2018 a gennaio 2019. E come in tutte le altre tracce, tutto ciò che racconto è vero».
Ma in Tarantelle non c’è solo la parte riflessiva, ci sono tanti pezzi nati per far saltare e ballare. «Il termine tarantelle viene dal morso della tarantola e dai suoi possibili rimedi secondo la tradizione nel sud Italia. Tra questi c’era il mettersi a ballare. In pratica ’sti poveri cristiani si mettevano a ballare per sopportare il dolore. Ed è quello che ho fatto io. Ma non significa solo questo. A Napoli è sinonimo di guai, casini e bordello». Per scatenarsi Sempreverde e Babylon (duetto con Caparezza) sono canzoni perfette. Tra le altre collaborazioni Nayt in Hola!, Gemitaiz in Alleluia e Fabri Fibra in Chi vuole essere milionario?.
Per sentire le hit dal vivo, però, bisognerà aspettare l’autunno. Ma un assaggio del tour ci sarà. Ma sarà all’estero. «È la prima volta che faccio un tour europeo e sono molto emozionato, ma è bello portare un messaggio di italianità agli italiani che stanno all’estero. sarà una prova generale per la tournée che si farà in Italia». Ma nel futuro di Clementino, forse, ci sarà spazio anche per altro (se e quando si presenterà l’occasione giusta). «Mi vedo come giudice di un talent, perché no, ma non alla ricerca di una voce rap. Vengo da anni da animatore nei villaggi, mi piacerebbe fare lo showman».
Alice Castanegri, La Stampa