Michela Giraud, la talentuosa regista, sceneggiatrice e attrice di 36 anni, si apre su Sette riguardo al suo nuovo film “Flaminia”, ispirato alla sua vita e al rapporto con la sorella con disturbo dello spettro autistico, Cristina. Il film, in uscita nei cinema dall’11 aprile, rappresenta per Giraud un modo di esplorare il senso di inadeguatezza verso la società e la mancanza di tutela per le persone diverse.
Parlando della pellicola, Michela rivela: “Volevo raccontare come ci si possa sentire inadeguati nei confronti della società. Le amiche di Flaminia nel film sono una metafora di quanta cattiveria possa venire fuori nelle relazioni”. Sull’esperienza con la sorella, Michela spiega: “Ho combattuto per lei. Siamo cresciute in un ambiente dove non c’era tutela del diverso”.
Per Michela, l’ironia è stata un’arma preziosa nella vita, ereditata da suo padre: “L’ironia nasconde una grande profondità. Riderci su è un modo per gestire il problema”. Tuttavia, Michela ammette di aver tenuto la sua storia sempre con sé, mascherando la sua vulnerabilità dietro un atteggiamento più aggressivo ed energetico.
Nel film, il personaggio di Flaminia si vergogna della sua parente, Ludovica, interpretata da Rita Abela. Parlando della sua esperienza personale, Michela rivela: “Da adolescente mi vergognavo di Cristina, poi no: ora io sono molto orgogliosa di lei”. Michela affronta anche i ricordi dolorosi dell’infanzia, quando era in imbarazzo per la condizione della sorella: “Era un misto tra rabbia e coraggio.
Infine, Michela chiarisce che raccontare la sua storia non è un tentativo di cercare compassione: “Non voglio che qualcuno creda che mi sto lamentando. A mia sorella devo tutto. Senza di lei non avrei avuto questa voglia, questa fame, questo afflato di vita”.