Rosanna Lambertucci: «Così ho reso la dieta un reality in tv. Mi manca Monica Vitti»

Rosanna Lambertucci: «Così ho reso la dieta un reality in tv. Mi manca Monica Vitti»

La conduttrice: «Ho avuto quattro aborti, Angelica è un dono. Andreotti? Mio confidente. “Più sani e più belli” è stata la prima forma di reality in tv».

Rosanna Lambertucci, ma che bella casa. 
«Era di Alida Valli, ma venga, si affacci: guardi che bel giardino nel cuore dei Parioli».

Ricco, ma raccolto. 
«Quando la casa venne comprata da Guido Alberti, proprietario del liquore Strega, con Maria Bellonci qui organizzarono le prime edizioni del premio».

Una casa piena di fotografie. 
«Ho molti ricordi. Perché ho conosciuto migliaia e migliaia di persone».

Nel salotto di «Più sani e più belli», durato sedici anni in Rai, dal 1981 si sono alternati scienziati e personaggi di cinema e tv. 
«Rita Levi Montalcini venne da me e per la prima volta si parlò seriamente di Alzheimer in tv. Lei disse che sarebbe stata la malattia del futuro e ora guardiamoci intorno: aveva ragione».

Venne anche Gigi Marzullo. 
«Ipocondriaco. Molti di questi personaggi svelavano le loro fragilità nel programma più seguito degli anni Ottanta e Novanta, assieme alla Domenica Sportiva. Gigi raccontò con semplicità le sue paure, anche Simona Ventura lo fece».

Poi magari arrivava il luminare internazionale, in una specie di altalena scientifica? 
«Be’, Christian Barnard nel mio salotto venne a raccontare il primo trapianto di cuore al mondo. Fu da me che gli italiani capirono davvero che cosa aveva fatto quell’uomo, perché lo spiegava con parole semplici, accessibili».

Umberto Veronesi era presenza ricorrente. 
«Di più. Lei lo sa che io e il professor Veronesi abbiamo fatto la prima autopalpazione al seno in diretta televisiva? Non le nascondo che ero preoccupata: avremmo mostrato seni nudi nella fascia protetta, poteva scoppiare un putiferio, non le dico quanto quello spazio tv facesse gola. Ebbene, non accadde nulla. Tutto fu così professionale, rispettoso dei parametri scientifici e soprattutto rigoroso, che tutti ne parlarono come un grande esempio di invito alla prevenzione. Oggi se ne discute molto, ma non era così in quegli anni. Per Veronesi era un punto fermo».

Una delle tante foto in questa casa la ritrae con Giulio Andreotti. Perché? 
«
Mi vanto di averlo avuto nella mia trasmissione non per parlare di politica, ma per confessare il suo vero demone: la cefalea. Ne soffriva da decenni, era in cura dal professor Sicuteri a Firenze, non sapeva come uscirne. Quando arrivavano gli attacchi di mal di testa doveva isolarsi e per un politico come lui non era una cosa da poco. Mi confidava le sue paure, ci si frequentava».

Lei parla spesso di Monica Vitti come di una persona cara. Eravate legate? 
«Ci si trovava a cena e sapesse come cantava bene. Posso dire una cosa a proposito di suo marito, Roberto Russo?».

Certo. 
«Quando si misero insieme ricordo che ci fu una valanga di pettegolezzi: “ah, ma è più giovane di lei”, e così via. Bene, questo signore le è stato accanto per anni e anni e, credetemi, non è facile assistere un malato di Alzheimer in casa».

Queste foto ci parlano di lei come di una donna bellissima e ancora oggi in forma. Dica la verità: in quanti l’hanno corteggiata? 
«Eh. Tanti».

Ma uno che ha davvero fatto pazzie per lei? 
«A Parigi avevo conosciuto Alain Delon». 

Ah. 
«Ma ero sposata ancora con Alberto Amodei e nostra figlia Angelica era piccola». 

Va bene, ma lui era sempre Alain Delon. 
«Fu molto galante e mi promise che se fosse venuto a Roma ci saremmo incontrati. Feci una festa per il mio compleanno in un famoso hotel di Roma e lo invitai. Non solo venne alla festa ma prese anche una suite in quell’albergo. Mi fece gli auguri e mi invitò da lui per un aperitivo».

E lei? 
«Ci andai, ma portai con me mia figlia».

No! 
«Sì, ero una donna fedele. Mi ricordo che ci accolse avvolto in un accappatoio bianco, con dei piedi nudi bellissimi. Grande uomo». 

Angelica, la sua unica figlia. Lei l’ha sempre definita come un «regalo della vita». 
«Lo è stata. Perché vede, io ho avuto quattro aborti spontanei e due bambine nate e sopravvissute appena due giorni. La maternità per me è stata un cammino molto travagliato».

Rosanna, che cosa spinge una donna a riprovare a restare incinta quando ha già vissuto quattro aborti consecutivi? 
«È difficile rispondere. Io non ho nulla contro l’interruzione di gravidanza, premetto. Però non avevo paura. Era come se avessi avuto una voce dentro di me che mi suggeriva di provare ancora. Pensi che io sono viva grazie a mio padre. O, meglio, grazie alla morte di mio padre. Tragico ma vero».

Racconti. 
«Papà morì in un incidente stradale. Quando arrivò all’ospedale di Latina non si accorsero che aveva una emorragia interna. Ora, in una delle mie tante gravidanze finite male, fu questo pensiero a salvarmi, perché eravamo in vacanza non lontani da Latina e io mi svegliai di notte in un lago di sangue. Distacco della placenta. Mio marito voleva andare a Roma, ma io dissi: no, fermiamoci all’ospedale di Latina. Il ginecologo capì subito che mi stavo dissanguando e mi operarono d’urgenza. Non sarei arrivata a Roma».

Suo marito. Per lunghi anni un dirigente Rai. Vi siete conosciuti in televisione? 
«Ci siamo visti in Rai ma poi ci siamo innamorati su un aereo per New York, viaggio aziendale. Al ritorno avevamo già deciso di sposarci. Ci siamo separati molti anni dopo, ma il legame è rimasto sempre vivo. Tanto è vero che quando Alberto è stato colpito da un’emorragia cerebrale che lo ha immobilizzato in buona parte del corpo, io ho lasciato tutto e mi sono dedicata a lui. Due anni terribili e bellissimi: insieme imparavamo di nuovo a mangiare e a camminare. Non è detto che le cose più importanti della vita siano sempre quelle felici. A volte anche il dolore diventa un ricordo prezioso».

E quella donna giovane e molto bella, sorridente in una foto un po’ ingiallita, chi è? 
«È mia madre, andata in sposa a quindici anni e rimasta vedova a trentotto. Si risposò con Achille Gallucci, capo della Procura di Roma. Nacque grazie a lui la mia decisione di studiare legge e pochi sanno che io sono laureata in Giurisprudenza e che mai avrei pensato di condurre una trasmissione sul benessere».

La sua famiglia possedeva un grissinificio. 
«Non solo. In tempi in cui non si parlava dei grassi saturi, loro avevano inventato un grissino che si chiamava Scrocchiarello e che, appunto, era privo di grassi. Non lo sapevo, ma sin da bambina mi stavo avvicinando al mondo della sana alimentazione».

Però lei ha trascorso lunghi anni praticamente reclusa in Rai, sempre in diretta, con ritmi di vita infernali. 
«E infatti anche se in trasmissione si parlava delle diete e dell’alimentazione sana, io mangiavo malissimo. Mescolavo pizza e pane, patate e pasta. Oggi mangio di tutto ma separando i mondi animali o unendoli a quello vegetale. Una regola semplicissima, ma essenziale».

Lei ha fatto della dieta un «reality», vero? 
«Possiamo dire la prima forma di reality in tv, perché i nostri specialisti seguivano un gruppo di persone che si sottoponevano a diete personalizzate in un percorso lungo, circa nove mesi, raccontando tutto in televisione. Ancora oggi c’è un signore, Luigi Baffo, che mi ringrazia perché ha perso 43 chili, mai ripresi».

Poi però l’idillio con la Rai si ruppe. 
«Ci fu quella — dolorosissima per me — vicenda delle telepromozioni».

Eravamo nel 1996, Mani Pulite aveva rivoluzionato il Paese. Lei e molti altri personaggi televisivi veniste accusati di aver preso dei soldi in più per promuovere «meglio» certi prodotti. Tutto finì con patteggiamenti e addii. 
«Ma pensi lei: dicevano che facendo la pubblicità di alcuni prodotti esibivamo sorrisi più smaglianti. Assurdo. Dissero che erano tangenti, ma ci rendiamo conto? In ogni caso, ne uscii del tutto, ma quella vicenda fu sconvolgente per me. Lasciai l’Italia, mi trasferii a Parigi. Avevo bisogno di cambiare paese, aria, persone».

E a Parigi che cosa fece? 
«Studiai. La Francia era all’avanguardia sulle ricerche specifiche dell’alimentazione. Dalle infiammazioni fino allo studio sulle funzioni dell’intestino. Oggi sappiamo che lì c’è una specie di secondo cervello, perché se stiamo male, se viviamo sotto pressione o se abbiamo un problema psicologico, le cose si riverberano lì. La pancia gonfia non dipende, o non solo, da quello che mangiamo, ma da come lo mangiamo». 

E oggi, che cosa fa Rosanna Lambertucci? 
«Conduco una trasmissione sul circuito video di ItalPresse, in cui intervisto numerosi medici. Uso i social per tenermi in contatto con il pubblico. Continuo a scrivere i miei libri, ormai con Mondadori dal 1985. Vado in tv ma solo a parlare di quello che so. Vado volentieri al tavolo di Alberto Matano, per capirci, ma ho detto di no a Signorini, che mi avrebbe voluto al Grande Fratello Vip. Non ho tempo, devo tenermi aggiornata sulle ricerche che riguardano la salute». 

Le piacerebbe riavere uno spazio suo in Rai? 
«Sì ma mi creda: non è per “tornare e basta”. Vorrei mettere a frutto la mia esperienza come giornalista che da anni si occupa di questi temi. E comunque non per fare cose che non mi competono. Perché se tu sai condurre un programma di salute ma in tv ci vai per cantare, ci sarà sempre qualcuno più bravo di te a cantare. È facile, si chiama coerenza. Sennò io, donna e anche carina, come avrei conquistato una tale longevità televisiva parlando di scienza? E adesso, prima che lei vada, posso offrirle qualcosa?»

Un succo di frutta? 
«Macché, prendiamoci una patatina fritta. Un peccato di gola ci vuole sempre».

di Roberta Scorranese rscorranese@corriere.it







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