RIINA JR A PORTA A PORTA: “NON CONDIVIDO DETERMINATE LEGGI O SENTENZE DELLO STATO. NÉ L’ARRESTO DI MIO PADRE”

RIINA JR A PORTA A PORTA: “NON CONDIVIDO DETERMINATE LEGGI O SENTENZE DELLO STATO. NÉ L’ARRESTO DI MIO PADRE”

Dopo le polemiche, le richieste di chiarimenti, l’intervento della Bindi, il forfait di Bersani ecco l’intervista di Salvo Riina, figlio del boss con un libro in uscita, nel salotto di Porta a Porta. “Un figlio può giudicare suo padre, ma se lo deve tenere per sé, non può andare in giro a dirlo in pubblico – dice intervistato da Bruno Vespa

riina - vespa - porta a portaLa mafia cos’è? “Non me lo sono mai chiesto, non so cosa sia. Oggi la mafia può essere tutto e nulla. Omicidi e traffico di droga non sono soltanto della mafia”. Dopo le polemiche, le richieste di chiarimenti, l’intervento della Bindi, il forfait di Bersani ecco l’intervista di Salvo Riina, figlio del boss con un libro in uscita, nel salotto di Porta a Porta. “Un figlio può giudicare suo padre, ma se lo deve tenere per sé, non può andare in giro a dirlo in pubblico – dice intervistato da Bruno Vespa -. Per me lo Stato è l’entità in cui vivo, questo per me è lo Stato. Io rispetto lo Stato, l’ho sempre rispettato, magari non condivido determinate leggi o sentenze. Se condivido l’arresto di mio padre? No, perché è mio padre. A me hanno tolto mio padre”. Boss stragista condannato, tra le altre cose, per i massacri di Falcone e Borsellino. “Io non giudico Falcone e Borsellino. Qualsiasi cosa io dico sarebbe strumentalizzata. Se io esterno un parere su queste persone viene strumentalizzato, io ho sempre rispetto per i morti, per tutti”. Della strage di Capaci però ha ricordi netti: “Noi solitamente uscivamo con la nostra compagnia e sentimmo un sacco di ambulanze, spesso se ne sentivano, ma questa volta c’era un viavai di ambulanze e auto della polizia che andavano verso Capaci. Ci dissero che avevano ucciso Giovanni Falcone. Restammo tutti ammutoliti, poi tornammo a casa e c’era mio padre che guardava il tg. Non mi venne mai il sospetto che mio padre era dietro gli attentati”. Trentanove anni, mafioso pure lui con una condanna a 8 anni e 10 mesi completamente scontata, l’uomo vive a Padova, dove è stato inviato al soggiorno obbligato dopo la scarcerazione. E dall’alto di questa esperienza che forse può dire: “Solo in Italia succede ciò. In tanti altri Paesi democratici non succede che un pentito che dice di aver commesso centinaia di omicidi non fa neanche un giorno di carcere. Poi accusano le persone, le mandano in carcere poi tornano a fare quello che facevano prima. Si poteva scegliere di fa scontare un minimo delle cose che avevano fatto”. Della sua famiglia fa un quadretto. La vita nella famiglia era “giocosa” e “piacevole”, c’era un “tacito accordo”. “Molti penseranno che è un libro reticente” ma “i rimproveri non toccano a me”. Lo afferma, nell’intervista a Bruno Vespa a Porta a Porta, Salvo Riina, il figlio di Totò Riina. Riina, raccontando della sua vita, parla di “un’infanzia molto serena, perché a casa nostra non ci hanno mai trasmesso determinate problematiche che potevano vivere i miei genitori”. E a Vespa che gli chiede se si è mai chiesto perché non andasse a scuola, Salvo Riina replica: “Per noi non era normale ma non ci siamo mai chiesti perché non ce le facevano queste domande, eravamo una sorta di famiglia diversa, abbiamo sempre vissuto un po questa vita diversa dagli altri. L’arresto mio padre è stato uno spartito. C’era – prosegue – una sorta di tacito accordo familiare, noi eravamo bambini particolari, il nostro contesto era diverso, abbiamo vissuto anche in maniera piacevole, nella sua complessità è stato come dire un gioco”.

Il Fatto Quotidiano

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