Ci vuole talento a chiamarsi Tinto Brass. E ci vogliono una forza e un coraggio senza pari per uscire indenne dalla bufera che ti colpisce alla soglia degli 89 anni. Il maestro del cinema erotico si è appena ripreso da un’ischemia che lo ha colpito lo scorso gennaio e pochi giorni fa è uscito dall’ospedale in cui è stato ricoverato per quasi due settimane. “Ho passato cinque giorni in pronto soccorso – racconta all’Adnkronos – non mi rendevo conto di dove fossi, mi chiedevo dove fosse Caterina, perché non venisse e mi sentivo disperato. Poi ho capito che nessuno poteva entrare a causa del Covid, mi sono adeguato a quelle regole balorde. Ma sapevo che lei c’era sempre ad aspettarmi”.
Brass ci accoglie nel salotto della sua casa di Isola Farnese, buen retiro alle porte di Roma, con la moglie Caterina Varzi. Una scatola di sigari adagiata sul divano, la coperta di pile sulle gambe e gli inseparabili occhiali dalla montatura rossa calati sul viso. “Sono tornato a casa con la barba lunga, sembravo un barbone – spiega il regista -. Non ricordo di essere stato lavato per giorni. La situazione di emergenza per le misure anti Covid non può essere gestita con misure che limitano gravemente la libertà delle persone e il loro diritto all’affetto e alle cure nei momenti più difficili”.
Caterina non l’ha abbandonato un istante. Al contrario, ogni giorno, per ore, ha aspettato che un medico uscisse a darle notizie. Ma con il Covid che ha rialzato la testa e gli ospedali al limite del collasso, anche nella struttura di Roma Nord nella quale era ricoverato il regista i posti letti scarseggiavano. Finché Caterina ha sollevato il caso e tramite l’avvocato Rita Rossi ha indirizzato una lettera alla direzione sanitaria. Dopo 5 giorni Tinto è stato trasferito in reparto.
“Dopo un’emorragia cerebrale, un ictus e due ischemie il mio pensiero è più chiaro – confessa Brass -. La libertà di un uomo si evince anche davanti alla malattia e quindi alla morte. In questo momento di emergenza, se un medico mi chiedesse di scegliere tra la mia vita e quella di un giovane non esiterei. Ho dato al mondo tutto quello che avevo da dare. Ora ogni mia speranza per un mondo migliore risiede nei giovani”.
La paura della vecchiaia, tuttavia, non sembra sfiorarlo. “Non mi spaventa affatto – dice -. Ho fatto quello che potevo fare e non ho rimpianti su nulla. Vivo la mia vita serenamente e sono perdutamente, ‘grandemente’, innamorato di Caterina. Ciò non significa che abbia perso la gioia di vivere, sono felice di ogni momento”. Neanche il coronavirus lo spaventa: “Figuriamoci, lo lascio fuori dalla porta di casa” ammette, e anzi, si dice “pronto ad accogliere la sfida di un simpatico produttore napoletano, quello di girare il mio ultimo film da remoto”.
Ad addolorarlo, non lo nasconde, è però il pensiero di dover lasciare Caterina sola un domani. “Ma mi consola sapere che una donna come lei non resterà mai sola” obietta. Ex psicanalista, ex avvocato e attrice, Caterina è una donna affascinante e colta. Lo ascolta, lo incoraggia e lo guarda innamorata. “Io ovviamente a queste affermazioni protesto” spiega, mentre ripercorre il suo primo incontro con il regista. “A legarci è l’insofferenza che abbiamo entrambi rispetto all’ipocrisia e a tutto ciò che è la rappresentazione del potere – osserva -. E poi c’è una libertà di fondo che ci unisce profondamente”. Insieme a Caterina, Tinto ha realizzato un corto, ‘Hotel Courbet’, che portò a Venezia nel 2009 e scritto ‘Madame Pipì’ per i tipi di Bompiani. In totale il maestro del cinema erotico ha girato 30 film “di cui 29 censurati – fa notare -. Ad eccezione della pellicola ‘La vacanza’ che poi ha ricevuto il premio della critica a Venezia. Ma Ziva resta il mio sogno. L’ho scritto e mai girato”.
In questi giorni il suo pensiero è rivolto ai giovani, soprattutto a quelli che vivono un momento di isolamento e magari rinunciano ad avere rapporti: “Trasgredite e fregatevene delle regole” suggerisce. Quanto al sesso, non usa mezzi termini: “Con o senza mascherina, ma fatelo comunque e fatelo spesso”. Proprio il sesso, fa notare il maestro, ancora oggi continua ad essere un tabu per molti: “Non certo per me – dice – ma per le femministe dell’ultima ora: provano a cambiare approccio ma non ci riescono perché sono imprigionate nella loro ideologia”. Oggi, sottolinea, il sesso viene trattato come fosse ‘mordi e fuggi’ e non viene mai approfondito nei film “perché si ha paura di addentrarsi in un territorio che è ancora un tabu” spiega Brass.
Non per lui, che sul grande schermo ha sperimentato ogni tipo di realtà e non solo per quanto riguarda l’eros. Negli anni ‘50 quando Tinto vola a Parigi, dove fa l’archivista per la Cinématheque, entrando in contatto con i grandi della Nouvelle Vague: “Mi confrontavo con Godard, Truffaut – spiega -. Di Parigi conservo un ricordo bellissimo, respiravo grande libertà, per me Parigi ha rappresentato una grande gioia di vivere”. E’ da questo confronto che nasce la sua concezione cinematografica, il suo modo di intendere il cinema, che doveva essere di rottura rispetto alla tradizione e quindi sperimentale. Rimpianti non ne ha. Come quando rinunciò ad ‘Arancia meccanica’. “Stavo girando ‘L’urlo’ – ricorda – lo avrei potuto girare subito dopo ma non era possibile, allora l’ha fatto Kubrick ma io non mi sono mai pentito”.
Con le sue attrici ha sempre avuto un ottimo rapporto sul set: “All’inizio erano sospettose ma poi si adattavano completamente alla mia cinematografia – ammette -. Adesso non ne vedo nessuna…tranne Anna Ammirati (protagonista di ‘Monella’, ndr) che viene ancora a trovarmi ed è sempre presente e vicina. Ha anche voluto che conoscessi sua figlia”. Sulla biblioteca di casa campeggiano tre manifesti elettorali di quando nel 2010 si candidò con Marco Pannella ed Emma Bonino in Veneto. ‘Meglio un culo che una faccia di culo’ si legge. “Oggi la crisi la sto seguendo pochissimo – fa notare – non c’è nessun politico in grado di rompere o fare cose nuove oggi. Mario Draghi? E’ un tecnico, potrebbe essere un buon premier, è sicuramente il meno peggio. Conte invece è finito, basta”.
Alle donne in politica invece, un consiglio lo dà volentieri: “Dovrebbero avere il coraggio di osare, di fare di più ma ricadono negli stessi cliché di potere degli uomini. Questo mi delude molto, le donne dovrebbero rompere con il modo di fare degli uomini, smarcarsi dalle loro dinamiche”. Mentre a un giovane che vorrebbe fare il suo stesso mestiere direbbe “di impegnarsi, di farlo con determinazione, di seguire la sua strada, la sua visione del mondo, sfidando le convenzioni”. L’intervista finisce, ma Caterina chiede se c’è altro che vogliamo sapere. Così ne approfittiamo: ‘Una volta disse che il culo è lo specchio dell’anima, la pensa ancora così’? “Sì – ride soddisfatto il maestro – ma ora ho buttato lo specchio ed è rimasta l’anima”.
Federica Monchi, Adnkronos