Il calciatore, appena scomparso, è uno dei protagonisti, insieme a Roberto Mancini e a molti altri campioni, del film diretto da Marco Ponti che racconta lo scudetto vinto nella stagione 90/91 dalla squadra blucerchiata. Presentato al Torino Film Festival, il film è uscito al cinema dal 28 novembre al primo dicembre 2022
Addio a Gianluca Vialli, il doc La Bella Stagione dedicato alla Sampdoria degli anni 90. Il calciatore, appena scomparso, è uno dei protagonisti, insieme a Roberto Mancini e a molti altri campioni, del film diretto da Marco Ponti che racconta lo scudetto vinto nella stagione 90/91 dalla squadra blucerchiata. Presentato al Torino Film Festival, il film è uscito al cinema dal 28 novembre al primo dicembre 2022
Gianluca Vialli, ex attaccante della Nazioale, ma anche di Juventus, Sampdoria, Cremonese, Chelsea si è spento all’età di 58 anni a Londra, dove viveva e dove era ricoverato da settimane per la recidiva del tumore al pancreas che lo aveva colpito nel 2017. Il calciatore è stato uno degli interpreti principali di La Bella stagione, il documentario diretto da Marco Ponti che racconta la cavalcata verso lo scudetto della Sampdoria nella stagione 1990/1991. Il film è stato presentato Il film è stato presentato in anteprima il 26 novembre 2022 al Torino Film Festival ed è stato distribuito nelle sale cinematografiche italiane il successivo 28 novembre
LA BELLA STAGIONE, LA TRAMA DEL FILM
Genova, 1990. Una giovane squadra, la Sampdoria di Vialli e Mancini, che da qualche anno sta frequentando con entusiasmo anche i palcoscenici internazionali, intraprende un’avventura epica che cambierà per sempre la storia del calcio italiano. La BellaStagione è il racconto di questa incredibile cavalcata per la vittoria, attraverso le voci dei giocatori e dei membri dello staff che queste stagioni sportive le hanno vissute sulla loro pelle, e quelle dei giornalisti che ne hanno scritto e parlato. A completamento, una serie di materiali di repertorio inediti ed esclusivi. Un viaggio in cui quella mitica Sampdoria ha deciso di diventare non solo la più forte, ma anche la più bella, vincendo un campionato italiano e sfiorando il trionfo nella Coppa dei Campioni dell’anno successivo, fermandosi solo di fronte al temibile Barcellona allenato da Johan Cruijff.
Una storia durata una vita, una di quelle in cui quel magico gruppo di amici non si perde mai di vista e si sostiene nei momenti più difficili, fino alla fine, fino alla notte magica di Wembley, l’estate del 2021. Che poi è anche quella della vittoria agli Europei e diuell’indimenticabile abbraccio in lacrime tra i Gemelli del Gol. La cornice narrativa èrappresentata dal presente e dal passato di Vialli e Mancini in Nazionale: le delusioni di Italia ’90 e gli allori di Euro 2021. Successi sportivi e traguardi, ma anche sentimenti,amicizia e complicità. Quella Samp fu speciale perché speciali furono gli interpreti. Che avevano una specie di luce negli occhi; la luce di chi sapeva che stava scrivendo unapagina di storia. Lo loro e quella della Sampdoria. Indipendentemente dalle sconfitte e dalle vittorie.
LE PAROLE DEL REGISTA MARCO PONTI
“Ho incontrato delle persone straordinarie.Trent’anni fa hanno fatto un’impresa rara: prendere una piccola squadra che non aveva mai vinto eportarla alla vittoria dello scudetto della Serie A. Erano una squadra bollata come di viziati, di promesse che non sarebbero mai state mantenute, di fighetti che pensavano più a divertirsi che a giocare. Avevano la “maglia più bella del mondo” e se l’erano fatta fare — unici anche in questo — in cachemire. E invece hanno fatto ricredere tutti quanti, quella primavera del 1991. La squadra è la Sampdoria e questa storia naturalmente si svolge a Genova. Ecco: prima di incontrarli pensavo chel’impresa della loro vita fosse appunto quella — mai più replicata — dello scudetto.
Mi sbagliavo. L’impresa vera l’hanno fatta col tempo. Hanno capito di essere una banda di fratelli e che la loro fratellanza non aveva molto a che fare con vittorie, sconfitte, pareggi. O con gol e parate, a dirla tutta. La loro fratellanza è quella di persone che hanno condiviso un sogno e da lì sono partite costruendo tutta una vita. Assieme, nei momenti belli e nei momenti difficili. Sempre, e per sempre. Ho incontrato delle persone straordinarie. Si chiamano Luca Vialli e Roberto Mancini. E con loro, accanto a loro, ho visto Gianluca Pagliuca, il portierone. Il suo vice Giulio Nuciari, una vita in panchina. E poi: Moreno Mannini, Pietro Vierchowood, figlio di un soldato dell’Armata Rossa che decise di diventare italiano. Luca Pellegrini, il capitano. Ivano Bonetti e la sua riserva inesauribile di scherzi. Marco Lanna, l’unico di Genova, così legato al gruppo che ora della Samp è il presidente. E ancora: Giuseppe Dossena, Attilio Lombardo detto Popeye, Fausto Pari, Giovanni Invernizzi e infine il brasiliano dall’età indefinibile: il simpaticissimo Toninho Cerezo. Li ho accompagnati nei loro ricordi, nelle loro battaglie, nei loro sogni realizzati e nei loro sogni spezzati. Ho imparato tanto, forse di più che in tutti i film fatti prima di questo. Ho imparato che aveva ragione il loro mentore, il mitico Vujadin Boškov, quando diceva che “pallone entra quando Dio vuole” e “partita finisce quando arbitro fischia”: inutile fare giri di parole o nascondersi dietro scuse e casualità. Ho imparato che un uomo speciale come Luca Vialli può affrontare una dura malattia riuscendo a dare forza e coraggio a tanta gente, regalando a piene mani i suoi sorrisi e le sue lacrime. E infine, io li ho visti ritrovarsi l’anno scorso in campo, il giorno della finale dei Campionati Europei: l’allenatore Roberto Mancini aveva chiamato accanto a sé i vecchi pistoleri per rifondare lo staff dirigenziale della Nazionale. Ho visto Vialli e Mancini abbracciarsi e piangere, per la gioia e per il dolore, per la loro buona e per la loro cattiva sorte. E ho capito che La Bella Stagione non è un film solo sul gioco del calcio. È un film sulla forza delle relazioni, che sono state messe a dura prova in questi anni calamitosi. È un film su quello che possiamo essere, se solo riusciamo a trovare il gruppo giusto, il posto giusto, il momento giusto. Non per diventare eroi, quella è retorica falsa e inutile. Ma per diventare, a fatica, anno dopo anno, un esempio per tutti quelli come me che ancora — come diceva Hemingway — hanno bisogno di una luce per la notte.”