Rettore: «Io trasgressiva? La prima volta fu con mio marito, 44 anni fa. Morandi? Se non sa usare i social, si ritiri»

Rettore: «Io trasgressiva? La prima volta fu con mio marito, 44 anni fa. Morandi? Se non sa usare i social, si ritiri»

Rettore, lei è davvero intramontabile.
«E chi mi ammazza?»

Vaccinata?
«Certo, tre dosi, ma io sono sopravvissuta anche alla Sars, se la ricorda?».

Si ammalò all’epoca?
«Può dirlo forte, oggi l’abbiamo dimenticata perché si parla solo del Covid, ma io stetti male per un mese. E sono pure talassemica, pensi».

Però a vederla lei sembra il simbolo della salute: piena di energia, curata, provocatoria a Sanremo, spesso battagliera in televisione.
«Ma perché sono la Rettore, mi chiamano per fare casino, è sempre stato così. Lei dice che sono intramontabile e io le dico che alla gente piaccio perché dico quello che penso. Anche ai giovani».

Certe sue sfuriate sono memorabili.
«Quasi sempre legate a ‘sto cavolo di Sanremo. Una volta mi scontrai in diretta con Marcella Bella e Vincenzo Mollica disse quello che non doveva dire, cioè che eravamo due primedonne. Io risposi che lì di primadonna ce n’era una sola. Oggi con Marcella siamo amiche e cantare con lei è una goduria».

Un altro che ce l’aveva sempre con lei era Bevilacqua.
«Scriveva che avevo istinti pruriginosi. Ma si può? Detto da uno di Parma, poi».

Be’, lei cantava versi come «Il kobra non è un serpente/ ma un pensiero frequente/ che diventa indecente».
«Guardi che l’altra canzone contenuta nel disco, Delirio, era ancora più conturbante».

Quella che faceva così: «torbidamente guidata/ dalla mia vita dannata»?
«Raccontavo il sesso dalla parte delle donne, ma capitemi: sono nata e cresciuta in un Veneto che non è solo bianco, ma secondo me all’epoca era oscurantista. Mia madre avrebbe voluto studiare ma siccome era donna e la famiglia aveva deciso diversamente ha dovuto mettersi a lavorare. Io volevo diventare la voce libera delle donne che si prendono la bellezza e la libertà a cui hanno diritto».

«Di notte specialmente», per citare un altro successo?
«Ah, quella canzone appartiene a tempi più maturi. Eravamo a metà degli anni Novanta e io vedevo che le battaglie femministe non avevano portato a niente. Era un invito a vivere la notte e i piaceri senza pensare all’indomani, “giocando solamente”».

Il testo di «Kobra» però fece arrabbiare più di uno.
«Una professoressa di Palermo presentò una specie di esposto dicendo che io traviavo i giovani. Mi arrabbiai , perché mi sentivo pura come una cascata d’acqua di roccia».

Il brano, uscito nel 1980, arrivò in vetta alle classifiche della Germania.
«Guardi che alla fine degli anni Settanta io ero in testa alle classifiche di mezza Europa tranne che in Italia. L’incontro con Elton John avvenne proprio ad Amburgo. Io ero cotta persa di lui, che suonava il pianoforte con Kiki Dee. Avevo una borsa piena di suoi vinili, mi avvicinai e gli mormorai un complimento. Lui mi gelò con lo sguardo, ma Kiki mi volle parlare. Qualche tempo dopo, lui musicò per me canzoni come Remember».

Ancora oggi ragazzi e ragazze intonano «Splendido splendente», canzone che ha 42 anni. Come mai secondo lei?
«Perché per me i testi dei brani sono sempre stati molto importanti. Hanno una profondità e una struttura linguistica che curo fin nei dettagli. Non tutti sanno che io leggo Shakespeare e Platone, anzi, Platone è la vera strada che ho sempre seguito. Per esempio mi ha insegnato a prendermi sempre le responsabilità delle mie azioni. Se io faccio un post su Facebook o Instagram me ne assumo la responsabilità e agisco di conseguenza».

Non come fanno altri, vuole dire?
«Non come quelli che prima mettono sui social un pezzo di canzone destinata a Sanremo e poi “oh, ho sbagliato, scusatemi, sono uno sbadato” e cose così. Ma dai. E allora, con affetto, dico: Morandi, ti devi ritirare!».

Platone insegna.
«Ma bisogna essere coerenti. Io, a modo mio, lo sono sempre stata».

Dunque nella vita si è presa tutto il piacere che una donna poteva prendersi?
«Guardi, la mia prima volta è avvenuta a diciannove anni ed è stata una bella fatica. Ma si doveva fare, lui sarebbe poi partito e rimasto via a lungo».

Con chi l’ha fatto?
«Con Claudio Rego, l’uomo con cui sto ufficialmente dal 1977!»

Ma Rettore, questa lei la chiama trasgressione?
«E che ci posso fare se siamo ancora innamorati? Certo, non siamo riusciti ad avere un figlio, cosa che abbiamo desiderato tantissimo. Però io ci ho provato: mi sono presa dei lunghi periodi di riposo, ho cercato di allontanare lo stress per favorire la fecondazione, ma niente, il figlio non è arrivato e pazienza».

Su, racconti una trasgressione vera.
«Guardi, tanto per farle capire: nel periodo in cui Biscardi mi invitava al Processo del Lunedì perché sono una tifosa della Hellas di Verona, un giorno incontrai Corrado Pani. Mi fece una corte discreta, poi mi invitò a cena ma io gli risposi che Claudio mi aspettava fuori, come sempre».

Abbiamo capito, «di notte specialmente» non succede niente.
«In verità ho avuto un corteggiatore particolare e molto famoso, ma non posso rivelare il nome. E se è per questo anche una spasimante donna. Ma non dirò mai chi sono. Ah, per chi lo stesse pensando, no, non è Berlusconi: l’ho conosciuto bene, ma non mi ha mai filato. Chissà perché».

Donatella Rettore è anche un look indimenticabile. Le paillettes, i lustrini, i capelli dritti, le spalline. Oggi vediamo tante cantanti esibire un look simile.
«Sì ma adesso non mi faccia fare come i Cugini di Campagna: se qualcuna oggi si veste come mi vestivo io sarà sicuramente un caso e non perché mi sta copiando. Però una cosa mi vanto di averla fatta».

E qual è?
«Io ho sdoganato il fisico maturo. Minigonne dopo i quarant’anni, scollature dopo i cinquanta. Se una ha un bel corpo non capisco perché non si possa fare. Questa è stata, diciamo, un’altra fase della mia carriera, un nuovo messaggio rivolto alle donne: credete in quello che siete».

Anche con David Bowie, a Londra, parlavate di vestiti?
«La conversazione più interessante che abbiamo avuto è stata proprio su questo tema. Mai parlato di musica con lui. A Londra, poi, tra gli anni Settanta e gli Ottanta, vedevo ragazzi con lamette appese tipo ciondoli. Ma io le lamette le avevo già viste a Roma, la lametta ricorreva nel gergo, in frasi come “mo’ me tajo”. E così nacque “Dammi una lametta che mi taglio le vene”».

Ancora oggi c’è chi risponde «Diventa bieca questa notte da falene».
«Quando la cantai per la prima volta, a Discoring nel 1982, eravamo a Roma e un ragazzo del pubblico mi disse: “‘A Rettò, sta canzone nun funziona”. Ci rimasi male, ma quello diventò uno dei miei successi più intramontabili».

Ha più amici o amiche?
«Guardi, sia l’uno che l’altro. Ma mi piace qui citare una donna molto intelligente e che è stata spesso vittima di pregiudizi: Sabrina Salerno. È simpatica, talentuosa, fa battute formidabili, mi fa ridere. Purtroppo non sempre il mondo coglie quello che siamo. O non fino in fondo».

Roberta Scorranese, corriere.it

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