1969, la storia dell’anno che cambiò la musica

1969, la storia dell’anno che cambiò la musica

Da Woodstock all’esordio dei Genesis, da ‘Tommy’ agli Stones

La notizia che in agosto si svolgeranno due mega eventi per celebrare i 50 anni di Woodstock, il festival più famoso della storia della cultura popolare, spinge a tornare a guardare a quel 1969 che rimane uno degli anni “magici” del rock. La densità di eventi è impressionante, la cultura giovanile è ancora in piena esplosione, divisa tra istanze di pace, battaglie per i diritti civili, ricerca di metodi alternativi di aggregazione sociale e un dirompente desiderio collettivo di nuovi modi di espressione artistica. Il 30 gennaio i Beatles, ormai immersi nel loro lungo addio alle scene, suonano per l’ultima volta in pubblico: con intento beffardo si esibiscono sul tetto del palazzo che ospitava la Apple (l’etichetta del gruppo) al numero 3 di Savile Row a Londra. La performance sarà interrotta dalla polizia, come raccontato nel film “Let It Be”. I rapporti tra John, Paul, George e Ringo sono ormai catastrofici eppure la band pubblica “Yellow Submarine”, colonna sonora del cartoon, e, il 26 settembre, il leggendario “Abbey Road“.Eventi simbolici che inaugurano un anno straordinario segnato da raduni di massa di segno diverso: il più celebre è la tre giorni di Woodstock, ospitata dal 15 al 17 agosto alla Max Yagur’s Farm di Bethel, New Jersey: 500mila persone che celebrano amore e musica in una confusione totale e in modo inconsapevole anche la fine della Summer of Love. In un certo senso all’opposto di questo spirito c’è il festival di Altamont, in California. Doveva essere la risposta della West Coast a Woodtsock è passato alla storia come un incubo a causa dell’uccisione di un ragazzo da parte degli Hell’s Angels, chiamati dai Rolling Stones a fare il servizio d’ordine. Proprio gli Stones, il cinque luglio, avevano radunato più di 250 mila persone ad Hyde Park, per un concerto dedicato a Brian Jones, il chitarrista fondatore della band, trovato morto nella piscina della sua villa due giorni prima, poco tempo dopo aver lasciato gli Stones, Al suo posto era subentrato Mick Taylor.Il 15 novembre a Washington 500mila persone sfilano per protesta contro la guerra del Vietnam: ad accoglierli Pete Seeger, Peter, Paul and Mary, Arlo Guthrie, John Denver. Impressionante poi la pubblicazione di album destinati a cambiare la storia della musica: a gennaio esce il primo disco dei Led Zeppelin che in pieno furor creativo già a ottobre pubblicheranno il secondo titolo, Whole Lotta Love. A febbraio, da Detroit arriva “Kick Out The Jams”, leggendario live degli MC5, la band che ha piantato i semi del Punk e della musica come espressione rabbiosa del disagio. I loro fratellini fuori di testa, gli Stooges, guidati da Iggy Pop, debuttano ad agosto. Più o meno nello stesso periodo i Cream, primo super gruppo della storia formato da Eric Clapton, Jack Bruce e Ginger Baker danno alle stampe “Goodbye”, ultimo titolo in studio della loro abbagliante e tormentata storia. In marzo debuttano i Genesis con quel “From Genesis To Revelation” che sarà ripudiato dalla band. Ad aprile escono “Nashville Skyline” di Bob Dylan e “Songs From a Room” di Leonard Cohen, che contiene “Bird on a Wire”, uno dei brani fondamentali dell’artista canadese. Debuttano i Chicago e Joe Cocker, con l’album intitolato “With A Little Help From My Friend”, proprio il brano che lo trasformerà in un divo a Woodstock. Maggio è segnato da due titoli. “Crosby, Stills & Nash”, primo album del trio, e da “Tommy”, il capolavoro di Pete Townsend e degli Who, prima opera rock della storia. A giugno, con “Empty Sky” inizia la carriera in studio di Elton John, escono “More” dei Pink Floyd e “Beck Ola” di Jeff Beck, in luglio debuttano gli Yes, in agosto i Santana, altri eroi di Woodstock. Ma in luglio con “In A Silent Way” è Miles Davis a indicare la nuova strada per la contaminazione del jazz. Ma proprio a ridosso dell’11 luglio, il giorno del primo allunaggio esce “Space Oddity”, avventura spaziale di Major Tom destinata a rimanere uno dei capolavori di David Bowie, all’epoca ancora in cerca del successo. In ottobre c’è un altro debutto clamoroso. “In The Court of the King Crimson King”, primo album dei King Crimson, la band di Robert Fripp che ancora oggi è un simbolo di ricerca musicale, mentre Frank Zappa dà alle stampe “Hot Rats”, uno dei più riusciti esempi di fusione tra rock e jazz, e i Pink Floyd realizzano “Ummagumma”. A novembre esce il primo titolo degli Allman Brothers e David Bowie dà alle stampe il suo secondo album, destinato a essere ripubblicato nel 1972 con il titolo “Space Oddity”. Sul piano del rock, dicembre chiude questo anno straordinario con “Let it Bleed” dei Rolling Stones, quello con canzoni come “Gimme Shelter”, “You Can’t Always Get What You Want”, “Midnight Rambler”. Due delle più adorate icone della musica popolare tornano al successo. Elvis Presley, dopo una serie di 57 concerti a Las Vegas, pubblica “Suspicious Mind” e “In The Ghetto”. Frank Sinatra addirittura “My Way”, destinata a rimanere uno dei più celebri evergreen del suo repertorio e della storia. Ma anche la musica Black, nel pieno della lotta per il riconoscimento dei diritti civili degli afro americani, produce titoli fondamentali: i Temptations escono con “Clound Nine”, l’album che segna la svolta funk lisergica della Motown, Dusty Springfield, regina del pop rock British, pubblica “Dusty in Memphis”, gioiello del Soul, James Brown “Say It Loud I’m Black and Proud”, manifesto dell’orgoglio Black, Sly And The Family Stone, una delle band più influenti del periodo, produce “Stand”, altro disco manifesto, con “I Want To Take You Higher”, la title track, “Everyday People”, un mega successo amplificato dall’incendiaria performance di Woodstock, debuttano i Meters, band decisiva per il Funk, Isaac Hayes incide “Hot Buttered Soul”, uno dei titoli più importanti della black music (tra l’altro è uno dei primi casi in cui viene usata la parola “rap” per definire un parlato sulla musica), Diana Ross incide l’ultimo singolo numero 1 in classifica con le Supremes “Someday We’ll Be Together”, i Jackson 5 si presentano con il primo album della loro carriera.

Paolo Biamonte, Ansa

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