Dietro personaggio “Bogey” un impresario night club di New York
Il Rick Blaine di Casablanca è veramente esistito: il protagonista del leggendario film con Humphrey Bogart e Ingrid Bergman è basato sulla vita di Billy Rose, un leggendario impresario teatrale e proprietario di night a New York prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale la cui ruvidezza esteriore era accompagnata da una profonda preoccupazione per i profughi ebrei in fuga dal nazismo.
“Rose è stato il vero Rick Blaine. Il suo Casa Manana fu il vero Cafè Americain”, scrive sulla rivista ebraica “Forward” Mark Cohen, il suo biografo e l’autore di “Not Bad for Delancey Street: The Rise of Billy Rose”. Che Casablanca fosse ispirata a fatti storici – la città del Marocco fu porto di transito di profughi, molti dei quali ebrei, in fuga dall’Europa minacciata da Hitler – è noto da tempo. Fino ad oggi, però, nessuno aveva mai dato un nome al vero Rick. Secondo Cohen, Rose (il cui vero nome era Samuel Wolf Rosenberg, figlio di poveri immigrati ebrei nel Lower East Side di Manhattan) era nella testa di Murray Burnett e Joan Alison quando scrissero “Everybody Comes to Rick’s”, la piece teatrale del 1940 mai andata in scena che i due autori riuscirono però a piazzare a Hollywood. Il film è di meno di un anno dopo.
Cohen si è chiesto chi potesse essere il “cinico proprietario di night” nella New York della fine degli Anni Trenta con le caratteristiche descritte nel copione. Rose, come Rick in Casablanca, non beveva mai con i clienti: infatti, non beveva mai. In un profilo del 1939, il New York Times lo descrive come un uomo “dalle palpebre pesanti. In riposo appare quasi letargico, ma di solito è intensamente vigile”. Le direzioni di scena di Burnett e Alison chiedono a Rick di “annuire quasi impercettibilmente” quando da l’ok a Sam di suonare la Marsigliese. “Sono in un racket. Non mi si chiede di avere amici”: sembrano messe in bocca a Rick le citazioni di Billy riprese dai giornali dell’epoca. “Duro come i chiodi quando fa gli affari, nel cuore è un sentimentale. Una vecchia canzone gli fa venire un groppo alla gola”, aveva scritto dell’impresario il New York Times: proprio come Rick si commuove pensando a Ilsa mentre Sam canta “As Time Goes By”.
Quanto al finale in cui Rick fa in modo che Lazlo e Ilsa sfuggano ai nazisti, ci sarebbe un parallelismo anche qui: nel 1939, mentre i 900 profughi ebrei del transatlantico St. Louis venivano respinti dalle autorità Usa, l’impresario salvò un ebreo austriaco pagando per il visto che permise al fuggiasco di entrare a Cuba.
Ansa