(di Tiziano Rapanà) Le parole girovaganti sono tante e ogni cesto comprende sempre una cura del dottor Divago. E non è un citare a caso il meraviglioso Marcello Marchesi, ma ogni intento è sempre fatale: sottintende l’intrattenimento. Il presunto balsamo del cuore è una mera panacea anche dal concetto stesso di tempo libero. Ossia, presa in giro per far credere che anche da lì si possa assumere l’ossitocina e non solo dal “potere dell’abbraccio” e dalla parola salvifica, che guarda sempre al bene e alle cose giuste. L’ignavia dell’avveduto è notoria e la si ritrova in ogni periodo che ammicca alla narrativa, che si crede letteratura (e la protervia fa sempre danni!). La parola di qualità non sembra sempre trovare spazio. Non è reietta ma irrilevante (che è pure peggio). E adesso che il tempo è tutto attualità e non c’è speranza di curiosare tra i cantieri dell’innovazione come i vecchi annoiati fanno nei lavori in corso, si pensi seriamente al ritorno di Radio Londra di Giuliano Ferrara. O ci si deve sempre accontentare del vigente, che culla il mesto modesto ragionamento del fuoco fatuo dell’attualità? Ma io voglio l’esibizionismo dell’alterità rispetto al confabulato mediatico. Io voglio un ribaltamento di tutto, col rischio di scombinare la semantica. Un fiore non può essere solo un fiore, lasciamo le immagini chiare ai poveri di fantasia. Pertanto, ci vogliamo ripensare? O questo mondo mediatico lo vogliamo lasciare ai principi e le principesse dei regni della futilità? Specchio delle mie brame, re-inventa l’agire culturale del reame.