(di Tiziano Rapanà) Fiorello, unico, straordinario, spumeggiante. Più di Raoul Bova, lui è il vero possibile interprete della fiction Don Matteo. Oggi, nel ritorno ufficiale di Viva Rai2! è addirittura riuscito a far fare pace tra Totti e Spalletti. Ormai Fiorello è più curiale di un vescovo, la sua comicità, priva di alacrità nel catturare un’ombra di malizia, piace a tutti. Non c’è e non c’è mai stata quella volontà dissacratoria che fu protagonista del primo atto della carriera di Benigni e del meglio del fare televisione di Luttazzi. Fiorello guarda a tutti e guai a fare arrabbiare qualcuno. E difatti nessuno questiona sul talento dello showman siciliano. Per tutti è un dato di fatto, un qualcosa da dare per scontato. “È il più bravo”, dicono. Ed è certamente un artista pieno di energia e creatività. Ma mai una volta vedo una novità che voglia sconsacrare un cliché, un luogo comune. Totò era un fustigatore della società, non piaceva ai benpensanti. Un suo episodio della serie, Tutto Totò, intitolato Totò a Natale fu massacrato dalla censura Rai e accantonato. Fiorello, invece, piace anche ai possibili aspiranti censori: la sua comicità non mette in discussione l’esistente, non smembra le certezze del telespettatore piccolo borghese. Fiorello è un campionissimo della televisione, ma la sua apparente irritualità è troppo liturgica. È diventato come Don Matteo: una parola buona per tutti, una battuta carina che è sempre una carezza e mai ficcante sarcasmo. Sarebbe perfetto per la prossima stagione della serie omonima: è simpatico, bravo attore anche drammatico (ha lavorato con Anthony Minghella e i fratelli Citti) e abile gagman con il sempre unico Nino Frassica.