Emily Ratajkowski rivela: «Incolpavo me stessa per le molestie che ho subìto»

Emily Ratajkowski rivela: «Incolpavo me stessa per le molestie che ho subìto»

Nell’autobiografia My Body appena presentata a New York la modella è tornata sul tema degli abusi sessuali subiti nella sua vita: «Mi chiedevo se in qualche modo avessi incoraggiato io i fotografi che ci provavano con me. Incolpavo me stessa, il mio corpo»

La modella Emily Ratajkowski a 30 anni è una donna felice e realizzata, sia sul lato sentimenti che sul lato carriera. È una delle top model più pagate al mondo e lo scorso marzo è diventata mamma per la prima volta. Del piccolo Sylvester Apollo Bear, frutto dell’amore col marito, il produttore cinematografico Sebastian Bear McClard.

Ma il suo passato è fatto anche di molestie sessuali che ha voluto mettere nero su bianco nell’autobiografia My Body, appena presentata in anteprima a New York (uscirà sul mercato il 9 novembre). Nel libro la modella accusa fra l’altro il musicista Robin Thicke, che durante la realizzazione del video di Blurred Lines l’avrebbe molestata, toccandole il seno. Per quell’episodio, e per altri analoghi, Emily era arrivata a incolpare se stessa. «Mi chiedevo se avevo incoraggiato i fotografi che ci avevano provato con me, o se avrei dovuto denunciare Thicke quando, girando quel video, mi afferrò i seni». Lei lo respinse, ma quando sul set le chiesero se stava bene si limitò a rispondere «con un sorriso, per sdrammatizzare. Pensai che, dopotutto, era il capo». 

Emily non denunciò neanche «Owen, il mio primo ragazzo, che abusò di me. Quando, tempo dopo, seppi che era stato denunciato per stupro da un’altra ragazza, mi chiesi: perché lei ha avuto il coraggio e io no? Avrei voluto essere come lei, ma incolpavo me stessa, il mio corpo»

Un corpo bellissimo su cui, da adolescente, riceveva «messaggi contraddittori»: «Mia madre mi diceva: “Vestiti come ti pare, fregatene di cosa pensa la gente”. Quando avevo 13 anni, mi comprò un abito per il ballo della scuola. Era azzurro, aderente, le chiesi: “Non è troppo sexy?” E lei: “No, sei stupenda”. Invece gli insegnanti lo giudicarono scandaloso e mi cacciarono dal ballo. Mia madre mi trovò in lacrime, umiliata e confusa»

Crescendo le cose non migliorarono. Emily iniziò a provare «vergogna» per le «reazioni che suscitava» il suo corpo: «Quando ho iniziato a fare la modella, a guadagnare con la mia bellezza, mi sembrava una forma di rivincita, ma naturalmente la situazione era più complessa di come pensavo». Oggi ha un seguito di milioni di persone e, tra pubblicità e campagne, ha «guadagnato più di quanto mia madre, professoressa di inglese, e mio padre, insegnante di disegno, potessero sognare in una vita». Ma la verità «è che mi sono sentita sfruttata e sminuita. Nei giorni buoni, quando mi sentivo giudicata solo come un bel sedere, riuscivo a liquidare quegli sguardi come sessisti. Nei giorni bui, detestavo me stessa e ogni decisione presa mi sembrava un errore clamoroso. A vent’anni, non capivo che le donne che traggono potere dalla bellezza devono quel potere agli uomini di cui suscitano il desiderio. Sono loro a esercitare il controllo, non noi». 

Vanityfair.it

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