(Tiziano Rapanà) Da oggi è possibile vedere, su Netflix, Suburra serie prequel del celeberrimo film di Stefano Sollima. Ho visto le prime due puntate (dirette da Michele Placido) e ve ne parlo. Mi sono piaciute: mi hanno avvinto e convinto. Forse anche più di Gomorra, telefilm eccessivamente idolatrato dalla critica, che ha i suoi pregi senza dubbio, anche se è sostanzialmente una noiosa telenovela con troppe pretese artistiche. Ovviamente due puntate non bastano a fare un complessivo punto della situazione di Suburra, tuttavia sono utili per capire se ci si trova di fronte ad una buona serie. Non si tratta di un capolavoro, ma – almeno stando a quanto visto – è la miglior serie europea realizzata, quest’anno, da una pay tv. Possiede una buona storia (che ha l’unico difetto, di essere in alcuni punti, eccessivamente farraginosa), una solida regia (che, talvolta, abbonda con movimenti di macchina gratuiti), un buon parterre di attori (Francesco Acquaroli, il potentissimo Samurai, su tutti) e soprattutto l’idea di costruire un equilibro tra il prodotto di genere e il racconto d’autore, che raramente è presente in una serie italiana (probabilmente solo nelle prime stagioni della Piovra e in qualche altra fiction più recente interpretata da Beppe Fiorello).
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