‘L’acqua del lago non è mai dolce’ potrebbe essere miniserie tv
È sorpresa e felice Giulia Caminito il giorno dopo la vittoria del Premio Campiello 2021 che ha conquistato con una storia dura, di rabbia e frustrazione, ‘L’acqua del lago non è mai dolce’ (Bompiani), che ha avuto 99 voti e vedrebbe bene come miniserie tv. “Non mi aspettavo questo riconoscimento.
Ho letto anche gli altri libri della cinquina e mi sono piaciuti. È molto imprevedibile il meccanismo del Campiello, le persone della Giuria Popolare cambiano ogni anno. Veramente non era semplice capire come sarebbe andata perché non ci sono indizi. Al Premio Strega è più facile intuire perché già dalla prima votazione si sanno gli orientamenti, i votanti sono gli stessi” dice all’ANSA la scrittrice, già nella cinquina del Premio Strega 2021, in partenza per Roma, la città dove è nata nel 1988.
Fragile per un problema di salute che la ha colpita recentemente, di cui sta indagando la causa, la Caminito ha mostrato una resistenza e una forza davvero eccezionali nella serata finale del premio, per la prima volta all’Arsenale di Venezia.
Dopo due romanzi storici, sociali e corali, questo libro scritto in prima persona, in cui racconta la sfida all’infelicità di Gaia, bambina e poi adolescente nel vuoto degli anni Duemila, che non riesce a trovare un proprio posto nel mondo, ha rappresentato un po’ una svolta. In Gaia sale la rabbia, la violenza, ha una famiglia disastrata, un rapporto difficile con la madre Antonia, un padre disabile e si muove tra Roma e Anguillara Sabazia, sul lago di Bracciano.
Che cosa pensi abbia conquistato i lettori di questo libro? “E’ la prima volta che intercetto un pubblico intorno alla mia età, più giovane di me, dai 35 anni in giù, che in qualche modo si è un po’ rivisto in questo romanzo, in questo tipo di adolescenza e frustrazione. Il passaparola tra le persone delle mie età ha aiutato molto anche il lavoro dei librai e delle libraie”.
La rabbia di Gaia è quella di una ragazzina che non ce la sta facendo, “che non sa chi è, non si vede riconosciuta dagli altri e inizia a scalpitare perché non vuole stare all’angolo. Forse soprattutto le persone della mia età si sono sentite colpite rispetto a dei vicoli ciechi che hanno incontrato in questi anni, dopo la fine degli studi” spiega la Caminito che ha studiato filosofia politica. E oggi la rabbia della scrittrice, è nei confronti della politica. “Quella frustrazione terribile di tanti anni dedicati a una formazione filosofica, a uno studio del mondo, che poi non vedi mai concretizzato. Il non sentirsi rappresentati è una cosa che mi provoca molta rabbia” dice.
La precarietà è uno dei nodi fondamentali del romanzo: “questa sensazione di incapacità, di non arrivare mai alla conquista di qualcosa un po’ ci appartiene. Dall’altra questa non è una generazione di persone semplicemente lamentose, ma che ogni volta cercano di ricrearsi, di essere duttili per raggiungere quello per cui hanno studiato”.
Perchè hai voluto staccarti dal romanzo storico? “Per non rimanere in un’unica etichetta. E nei mie prossimi progetti mi staccherò dal romanzo in prima persona, al presente. Vorrei ogni volta reinventarmi e scrivere quello che desidero in quel momento. Effettivamente ero molto spaventata dalla prima persona e di parlare del presente. Mi sono sfidata e ci ho provato”.
Come vedresti una trasposizione de ‘L’acqua del lago non è mai dolce’ al cinema o in tv? “Qualcosa si è mosso, ma niente di ancora definitivo. A me piacerebbe molto, sarebbe tra le cose che ho scritto l’unica e più adatta a diventare film o serie tv.
La cosa migliore secondo me sarebbe una miniserie perchè in qualche modo riuscirebbe a coprire degli archi narrativi più ampi, senza dover tagliare troppo con l’accetta. Finora ho avuto solo delle trasposizioni teatrali che sono molto diverse”.
Ma in Gaia, c’è qualcosa di Giulia Caminito? “Ci sono moltissime esperienze, incontri, episodi della mia vita che ho in qualche modo trasformato. Molti sono autobiografici e nella storia li ho caricati molto. Forse la cosa che abbiamo più in comune è l’interesse per le parole, per i dizionari che è sempre stato un po’ parte di me. Lei è un po’ indotta a questo amore mentre io ci sono arrivata più liberamente” dice la scrittrice che è cresciuta in una famiglia di lettori fortissimi.
La famiglia di Giaia è fuori dalla società del benessere, la madre Antonia combatte contro un mare di ingiustizie, ha 4 figli e un marito infermo.
E nel romanzo ci sono vari passaggi tra Roma e quello che le succede intorno, “come la grande città distrugge alcuni comportamenti vitali dell’identità della provincia e del territorio e come dall’altra parte porta anche soldi, allargamenti, lavoro”.
Nuovi progetti? “Ci sto pensando però sono ferma. Mi darò molto tempo. Ci sarà bisogno di staccarsi molto da questo libro e reinventarmi, trovare delle forze alternative per non trovarmi schiacciata da come è andata con questo romanzo” dice. La priorità ora è risolvere il problema di salute. “Devo fare altre indagini e capire con i medici che terapia fare. Sicuramente dovrò anche riprogrammare i prossimi incontri” dice la scrittrice attesa il 15 settembre alla serata inaugurale di Pordenonelegge, come da tradizione.
Ansa.it