Da Sorbillo a Ducasse, i menu ‘firmati’ approdano sulle tavole degli hotel

Da Sorbillo a Ducasse, i menu ‘firmati’ approdano sulle tavole degli hotel

Chef stellati e format rinomati approdano nell’hospitality, rivoluzionando il concetto di ristorazione. Così gli hotel adottano nuove formule di gestione per le proprie proposte food&beverage.

Ristoranti firmati da chef stellati, format rinomati e consulenze strategiche hanno rivoluzionato le proposte culinarie degli hotel. Fuochi e fornelli sono diventati un asset per il settore dell’hospitality italiana e i vantaggi ricadono su tutti i player del settore. “Sono in primis i nomi rinomati, dallo chef stellato al format di successo, a fare un’analisi di fattibilità per capire se operare nella struttura ricettiva in questione può offrire loro dei vantaggi: dal prestigio della location fino a ottenere una fetta di clientela più ampia”, ha dichiarato Giacomo Pini, founder della società di consulenza e formazione Gpstudios a Pambianco Wine&Food Magazine. “Dall’altra parte, per l’hotel offrire una proposta f&b già ‘rinomata’ e di un certo livello è sicuramente una leva per attrarre un maggior numero di ospiti per il soggiorno”.

RISTORANTE FIRMATO O CONSULENZA STRATEGICA?
I modelli di business che una struttura ricettiva può scegliere per affiancare un nome di prestigio alla propria offerta culinaria sono diversi. Da una parte “il ristorante ‘anonimo’ di un albergo che chiama uno chef stellato perchè firmi il suo menu, sempre se l’analisi di fattibilità lo permette, va a cambiare il posizionamento della struttura diventando così un ristorante di firma”, continua Pini. “Dall’altra parte, invece, se l’hotel in questione avesse uno spazio a disposizione con tutte le potenzialità del caso, allora potrebbe decidere di affittarlo o di darlo gratuitamente in gestione al nome noto che attiri per lui la clientela”. Si tratta insomma di una sorta di outsourcing di classe. Inoltre, solitamente questi ristoranti sono aperti anche ai clienti esterni alla struttura ricettiva, che recandosi a mangiare nel locale possono venire a conoscenza dell’hotel per poi tornare a pernottare. “È tutta una questione di visibilità e di offerta”, conclude Pini.“Si pensi all’albergo Atlantis di Dubai che contiene almeno sette format di ristorazione diversi, come Nobu, Acurio, Blumenthal, Gordon Ramsay… credo sia un concetto molto interessante e che sia un fenomeno in evoluzione in Italia”.

UN FORMAT, DUE STRUTTURE RICETTIVE

E, infatti, in Italia il fenomeno si sta consolidando. Un esempio è dato dal format di ristorazione argentina El Porteño, firmato dall’Holding Dorrego Company, che, oltre ai suoi locali su strada, trova sinergie con l’hotellerie in due diverse strutture ricettive: Umiltà36, a Roma, e Speronari Suites, a Milano. La prima soluzione è un hotel 5 stelle parte della Shedir Collection, a cui fanno capo quattro hotel a Roma, a breve cinque, e che punta sul concetto di diversificazione. Ogni hotel ha un’anima e un design diverso e la proposta gastronomica riflette la struttura di riferimento. Per Umiltà36, oltre allo spazio lounge dove la cucina gestita dall’hotel è aperta dall’orario di colazione fino a mezzanotte, è stato scelto il menu argentino di El Porteño Gourmet. “Il proprietario di Shedir Eduardo Safdie è entrato in società con i soci di El Porteño”, ha dichiarato Claudio Ceccherelli, CEO di Shedir Collection. “Si tratta di un’azienda all’interno dell’azienda, di cui sia i soci del ristorante sia Safdie fanno parte, pagando l’affitto all’albergo”. La scelta culinaria è ricaduta proprio su El Porteño poiché “anche il titolare Safdie è argentino e andava spesso a mangiare nel locale quando veniva a Milano”. Inoltre, questa soluzione permette al marchio di Dorrego Company di “trovarsi all’interno di un indirizzo prestigioso a 100 metri dalla Fontana di Trevi, e a noi albergatori di avere una gestione del comparto della ristorazione più redditizio”. Dunque l’offerta culinaria di Shedir Collection, aperta anche ai clienti esterni, è composta, al piano terra, dal Dandy Caffè – con una proposta di ‘comfort food’, dai piatti romani, alle insalate, fino al pesce – e dal ristorante argentino, nella corte interna della vecchia sede di Forza Italia.

La seconda struttura ricettiva ad aver creato una proposta ad hoc con il marchio El Porteño è Speronari Suites. “Tutto è nato quando il proprietario dell’immobile in cui è ubicato Speronari Suites contattò me – ha dichiarato il CEO di Speronari Suites Paolo Catoni – per via della mia pregressa esperienza nell’hospitality (alla guida di Hotel Solutions dal 2005, ndr) e i titolari di El Porteño per la ristorazione. La proprietà ha poi scoperto che ci conoscevamo già e ha preferito avere un unico inquilino nell’edificio creando così la società ad hoc Speronari Srl, che oggi è al 50% di Hotel Solutions e al 50% di Dorrego Company”. Dunque la parte di hospitality e quella di ristorazione sono due attività separate ma in capo alla stessa azienda. Il ristorante El Porteño Gourmet è aperto anche agli ospiti di Speronari Suites grazie a una convenzione. “Siamo orgogliosi di avere un ristorante di tale qualità nel nostro stesso edificio e valorizza sicuramente il soggiorno dei nostri clienti”, aggiunge Catoni. Facendo una stima, la sera sono circa due o tre i tavoli dei clienti di Speronari. “Questa combinazione food e hospitality fino a poco tempo fa in Italia sicuramente non c’era. All’interno degli hotel i ristoranti non erano considerati di qualità e non erano frequentati da clienti esterni. Oggi le cose sono cambiate, basta guardare alle proposte culinarie dei 5 stelle”. A livello di fatturato, le stime del 2023 contano 2,3 milioni di euro per El Porteño Gourmet e 2,8 milioni per la soluzione ricettiva di Speronari Suites. Si tratta, insomma di una strategia a due voci “che funziona molto bene e infatti abbiamo simili obiettivi futuri: stiamo cercando nuovi immobili dove replicare questa sinergia. Se rimanessimo a Milano non necessariamente con i marchi Speronari e El Porteño, mentre fuori città questa combinazione è un’ipotesi che non escludiamo”.

Dalla carne argentina alla pizza, un altro format noto che approda nell’hospitality di lusso è quello della pizzeria napoletana di Gino Sorbillo che apre La Locanda della Canonica all’interno di Anantara Convento di Amalfi Grand Hotel, parte del gruppo Minor Hotels. Qui la gestione della proposta food&beverage, spiega il general manager della struttura Giacomo Sarnataro, “è di competenza della direzione dell’hotel sotto la guida del brand Anantara, congiuntamente con lo chef Claudio Lanuto per quanto riguarda il Ristorante dei Cappuccini e Gino Sorbillo per il progetto de La Locanda”. Gino Sorbillo, nello specifico, “è un consulente strategico con un background di eccellenza nel settore, a cui viene riconosciuto un compenso per la sua attività di consulenza nel progetto con Anantara”. L’obiettivo della collaborazione è di offrire agli ospiti dell’hotel e ai clienti esterni un “outlet” che proponga le specialità del territorio e la scelta è ricaduta proprio sul nome di Gino Sorbillo poiché “io e Gino – continua il general manager – ci siamo conosciuti a un evento e fin da subito si è creato un forte legame che lo ha portato a sposare l’idea con grande entusiasmo, non solo perché in linea con il suo obiettivo di espandere l’attività anche sulla Costiera Amalfitana, ma anche per l’opportunità di poter legare il suo marchio a un brand di lusso del settore ospitalità”. Il target del locale è “per lo più internazionale, ma anche locale e nazionale, con una proposta di pizza gourmet rivolta a tutti coloro che vogliono vivere un’esperienza autentica”. L’hotel Anantara considera la ristorazione come “una grande opportunità, offrendo lo stesso livello di eccellenza dei servizi dell’hotel anche nella proposta f&b”.

Un altro format a sbarcare in un hotel è l’insegna internazionale di cucina giapponese Zuma, che fa capo al Gruppo Azumi, e che inaugurerà questa estate il suo locale sulla terrazza panoramica affacciata sul Golfo di Napoli dell’albergo Capri Palace Jumeirah, nella località di Anacapri.

GESTIONI STELLATE

Non solo i format, ma anche i grandi nomi stellati stuzzicano l’hotellerie. È il caso di Romeo Collection che ha scelto Alain Ducasse, lo chef vivente più premiato dalla Rossa (con 14 stelle Michelin) per il suo nuovo hotel Romeo Roma in apertura a ottobre 2023. “Il Ristorante Alain Ducasse sarà guidato dall’executive chef Stéphane Petit, che dal 2016 lavora con Ducasse nei diversi outlet che portano il suo nome”, ha dichiarato il CEO Alfredo Romeo. La proposta f&b ricopre una certa rilevanza per la compagnia alberghiera che comprende anche una struttura a Napoli (il primo della collezione). La scelta di Ducasse è però ricaduta su Roma “poiché la capitale è un centro nevralgico di cultura, storia e arte, e la destinazione ideale per il debutto dello chef in Italia con la sua prima insegna urbana”. In futuro Romeo Collection si definisce “decisamente positivo” a coinvolgere lo chef stellato e il suo team in nuovi progetti. Dato “l’alto posizionamento di Romeo Roma non potevamo che scegliere una figura di assoluta rilevanza mondiale, coerente con il prestigio della nostra collezione”. La proposta culinaria dell’hotel, sarà completata dai ristoranti Il Napoletano, “ripercorrendo la tradizione culinaria partenopea” e Il Cortile, con una carta dedicata alla pizza, entrambi gestiti dallo chef Roberto Boemio, che dalle cucine di Romeo Napoli si trasferirà a Roma.

Un altro chef stellato ad aver convinto l’hotellerie è Niko Romito, alla guida del progetto di esperienze culinarie per i Bulgari Hotels & Resorts dal 2017 con Il Ristorante – Niko Romito. A Milano un’altra stella ad aver brillato anche nell’hotellerie è quella di Enrico Bartolini, che declina in tre diverse soluzioni la proposta culinaria dell’hotel Milano Verticale | Una Esperienze, affidate allo chef Michele Cobuzzi: il Bar con giardino, l’Osteria contemporanea e il Ristorante Fine Dining.

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