Ospite del Taormina Film Fest 2021, Ferzan Özpetek ha incontrato il pubblico per raccontare de Le fate ignoranti, di cui ricorre il ventennale, e della serie tv ispirata al film.
Ha compiuto 20 anni Le fate ignoranti in questo 2021 e ancora oggi resta il più grande successo di Ferzan Özpetek, che all’epoca aveva diretto Il bagno turco e Harem Suare. Quel film, interpretato da Margherita Buy e Stefano Accorsi, fu una piccola rivoluzione, per la sincerità con cui raccontava l’amicizia, l’accettazione dell’altro, la libera scelta sessuale. Uscito il 16 marzo e vincitore di diversi Nastri d’Argento, Globi d’Oro e Ciak d’Oro, Le fate ignoranti diventerà una serie tv che debutterà su Su Star di Disney+ il prossimo 23 febbraio e su cui vige il più assoluto riserbo. Özpetek ha però rivelato qualcosa al pubblico del Taormina Film Fest durante un incontro dedicato al melodramma del 2001 che ci ha portato su una terrazza del quartiere Ostiense di Roma e nella vita di una donna borghese. Ecco le sue dichiarazioni, i suoi ricordi, i suoi pensieri.
Le fate ignoranti – il film
Mi trovavo a Istanbul perché ero andato a trovare Serra Yilmaz, e lei a un certo punto mi ha dato un libro di un pittore famosissimo, René Magritte, in cui c’era un quadro intitolato “La fata ignorante”. Più tardi, in taxi, stavo con Gianni Romoli e ho detto: “Serra mi ha regalato un libro di Magritte”, quindi ho aperto il libro e, guarda caso, mi è apparso “La fata ignorante“. “Gianni!” – ho esclamato – “Qui c’è scritto La fata ignorante“, e lui ha risposto: “Abbiamo trovato il titolo: Le fate ignoranti“.
Un film su cui (quasi) nessuno avrebbe scommesso
Il film è partito con l’idea di divertirmi, di raccontare una storia che fosse nelle mie corde. La distribuzione, che era Medusa Film, mi ha dato piena libertà. Mi ha detto: “Fai quello che ti pare, anche con il titolo, la gente non lo capirà, il film non avrà successo, aspettati un disastro”. Ricordo che all’epoca abitavo da solo dopo 20 anni di convivenza, passavo tanto tempo con Stefano Accorsi, che non stava lontano da me, chiacchieravamo tanto, ci chiedevamo quando avrebbero fatto uscire il film. Finite le riprese, Medusa ha detto: “Aspettiamo un attimo”. Era gennaio, nel frattempo Muccino aveva girato L’ultimo bacio. Quando è uscito, ho cominciato a chiedere: “Ma io quando esco? Perché ho girato prima io”. Nel frattempo, però, Stefano era diventato una star. Mi ripetevano: “Aspettiamo aspettiamo”, così il film ha debuttato nella seconda metà di marzo, e siamo usciti con 48-50 copie e con un’atmosfera da funerale. Stranamente, però, Le fate Ignoranti ha avuto uno strano effetto, perché dopo due settimane è letteralmente esploso. Siamo arrivati quasi a 300 copie. Quindi è stato un successone, ma la cosa più interessante è che quell’anno là c’era una mia amica, che ha sempre letto sempre le mie cose e che, insieme a Piero Tosi, ha detto: “Il film rimarrà nella storia perché cambierà moltissime cose, per com’è girato, per i personaggi, per come racconti le cose e per i colori, non solo per il discorso sulla sessualità”. Io non ero convinto, ma poi, negli anni, ho capito che avevano ragione. Le fate ignoranti non è invecchiato per niente. Non scorderò mai la prima proiezione che ho fatto per due miei amici, che si sono addormentati. “Ragazzi” – ho detto – “ma avete dormito?”. E loro: “Eravamo stanchissimi”. Non è stato un momento facile, c’era chi mi diceva: “Non farai una lira” e chi: “E’ un film scandalo”. Sono riuscito a mantenere la calma. Oggi, invece, sarei stato malissimo.
Margherita Buy
Margherita l’ho vista al Festival di Venezia mentre ero nella giuria delle opere prime. L’ho conosciuta in un giorno che non scorderò mai, perché Sergio Citti mi disse: “Le fate ignoranti è un titolo che è una bomba”. Con Margherita siamo stati a cena insieme, mi ricordava molto il personaggio di Antonia. Poi, quando ho letto la sceneggiatura a casa mia insieme agli attori – una cosa che è diventata un’abitudine, perché da 20 anni lo stesso pizzaiolo che ci porta la pizza al taglio per pranzo – la Buy mi ha chiesto: “Posso rimanere un po’ di più?”. Sono andati via tutti e lei mi ha detto: “Non posso fare il film. Sono incinta”. Allora ho chiamato Gianni Romoli e gli ho spiegato: “Gianni, Margherita è incinta, facciamo così: Antonia resta incinta del marito morto”. Gianni l’ha trovata un’idea stupenda, e Margherita si è calmata. Rammento benissimo la scena in cui Antonia è all’aeroporto che sta partendo. Margherita teneva la borsa sulla pancia che ormai si vedeva tantissimo. Mi piace prendere la realtà e usarla per i miei film.
Margherita Buy, la pioggia e il significato di fate
Durante Le fate ignoranti c’era una scena in cui Ernesto si perdeva e Antonia lo cercava, dovevamo girare con il bel tempo, e invece pioveva, pioveva, pioveva. “Margherita” – ho detto . “camminerai sotto la pioggia”. E lei: “Ma io sono incinta, come faccio a lavorare sotto la pioggia?”. Allora abbiamo usato una controfigura. La pioggia ha reso quella scena molto più drammatica. Quando sto facendo un film e ci sono delle cose che non funzionano, dico sempre: “Sono arrivate le fate”, il che significa che non bisogna andare più in quella direzione. Anche nella vita succede un po’ la stessa cosa. Quando incappo in un imprevisto mi dico: “Ti devi disperare? No, questo è un segno”. Le fate, insomma, sono portatrici di cambiamento, Non bisogna mai buttarsi giù quando ci sono situazioni difficili, bisogna sempre trovare qualcosa di positivo nelle cose negative.
Serra Yilmaz
Ci sono attori che che ricorrono nei miei film, come Stefano Accorsi, Margherita Buy, Ennio Fantastichini, Riccardo Scamarcio, Serra Yilmaz. Io e Serra siamo due pazzi veri. Una volta siamo andati a un notiziario della CNN, un programma importantissimo. C’era una giornalista molto seria, una tipo Bianca Berlinguer. A un certo punto ci ha domandato: “Ma come mai voi lavorate sempre insieme?”. Io ho risposto: “Serra ha delle mie foto compromettenti”. E la giornalista: “Davvero?”. Serra ha fatto cenno di sì e la giornalista le ha creduto. Che imbarazzo! Poi le abbiamo detto: “Ma stiamo scherzando!”. Ci avrà preso per matti.
Il successo del film ancora oggi
Quando sono andato da Mara Venier a presentare il mio ultimo libro “Come un respiro”, stavo aspettando il mio turno perché ero in collegamento da casa. Prima di me c’era Roberta Capua che parlava del virus. A un tratto ha detto: “Mara, fra un po’ so che avrai ospite Özpetek. Siccome io non sarò qui, volevo ringraziarlo per tutto quello che ha fatto per l’Italia e anche per tanti miei amici in America. Ci tenevo a ringraziarlo per Le fate ignoranti, un film che ha aiutato tantissime persone, che ha portato un nuovo sguardo”. Queste sue parole hanno significato tanto per me. Mi fa un’enorme tenerezza ricevere dei messaggi su Instagram da parte di ragazzi che mi scrivono: io abito in provincia di…, mi sentivo solo perché mi vergognavo di com’ero e vedendo i suoi film non mi sono sentito più solo. Una volta, mentre ero in un villaggio del Sud Est della Turchia, dove eravamo andati per promuovere Allacciate le cinture, abbiamo scelto un ristorantino, dove c’era un cameriere che, riportandomi il cappotto, mi ha detto: “Signor Özpetek, io per vedere un suo film faccio un’ora e mezza di viaggio con l’autobus, perché qui non c’è un cinema. Lei non può capire quanto è importante per me”. Non potete immaginare la gioia che ho provato.
Le fate ignoranti diventa una serie: Gli angeli ignoranti
Il titolo
Quando sono andato a cena con la Disney a casa di Tilde Corsi, ho detto: “Non possiamo mettere ignorant fairies perché è molto brutto, cambiamolo in angeli ignoranti”. Mi hanno risposto: “Ma è un titolo bellissimo”. L’altro giorno, scherzando, ho detto: “Ma voi non mi avete pagato per il titolo, l’ho trovato io e non mi avete dato niente”.
La serie e il film
Tildemi ha detto: “Ricordati sempre che non lo volevi fare. Invece quando con Gianni ci siamo messi a parlare, gli ho detto: “Raccontiamo una storia che interessa anche a noi e che non ci dia l’impressione che stiamo rivedendo il film”. E così è stato. E’ una serie che puoi vedere e anche se non conosci il film. E se lo conosci, comunque è una novità. Questa è una cosa a cui tenevo molto. Mi hanno proposto di fare serie da Mine vaganti. Ho riposto no. Mi piacerebbe invece fare una serie tutta inventata da me.
La serie e Luca Argentero
Nella serie raccontiamo i tre protagonisti prima dell’inizio del film. Quando ho visto la prima puntata, ho detto: “Però!”. Lo so, me la canto e me la suono, ma, anche se al giorno d’oggi nessuno si scandalizza se un uomo tradisce la moglie con un altro uomo, sono rimasto colpito lo stesso. La cosa che fa impressione, secondo me, è il tradimento dei sentimenti, non il tradimento sessuale. Restiamo sempre spiazzati di fronte a un tradimento dei sentimenti. Devo ringraziare tantissimo Luca Argentero, perché gli ho chiesto di fare un personaggio che poi appare in tutte le puntate, non vi dico in che modo. Mi ha detto: “Ferzan, guarda, io faccio il film, però non mi voglio spogliare, non voglio baciare nessuno, ti prego, non mi sento più a mio agio, sono un vecchio”. La sua agente ha voluto mettere sul suo contratto tutte le cose che non poteva fare, e, invece è stato di una generosità sorprendente, di una disponibilità rara. Poi c’è Edoardo Scarpetta, che è meraviglioso. Altro non posso dirvi, sennò mi uccidono.
Ricordi e pensieri sparsi
Il sogno nel cassetto e Dino De Laurentiis
Otto o nove anni fa ero a Los Angeles e Dino De Laurentiis mi ha fatto chiamare. E’ arrivata una macchina nera e mi ha portato nella sua villa, mi sentivo un po’ come i grandi attori dei film hollywoodiani. Dino era seduto su una sedia, sono entrato e lui mi ha detto: “Piacere”. Doveva ancora fare colazione, io invece non avevo mangiato niente per l’emozione, avevo preso solo un caffè. Così abbiamo fatto colazione insieme. A un certo punto mi ha detto: “Senta, lei è un regista del cinema italiano che ammiro tanto, ha un tocco molto diverso da tutti gli altri, quindi adesso io le chiedo: che film sogna di fare? Mi dica e lo facciamo, posso trovare qualsiasi attore”. “Guardi” – gli ho risposto – “al momento non mi viene in mente nulla”. E lui: “Ci pensi”. Poi abbiamo parlato d’altro. La stessa sera mi è arrivato di nuovo il messaggio: “Dino de Laurentiis la vuole di nuovo a colazione”. Sono tornato e lui mi ha parlato di tutta la sua vita, mi ha fatto vedere tutte le sue cose, ha spinto un bottone, tutte le serrande si sono abbassate, è uscito fuori uno schermo e abbiamo visto pezzi dei suoi film. Quindi mi ha raccontato un episodio su di lui e Silvana Mangano: mi ha parlato della sera in cui, mentre erano in un albergo di New York, hanno saputo della morte del figlio. Dino mi ha spiegato: “Da quella sera lì non ho più sentito la voce di Silvana, non mi ha più parlato”. Allora gli ho detto: “Scusi, ma raccontiamo la sua storia che è bellissima”. Ci siamo sentiti qualche volta ma non se n’è fatto più nulla. In questo momento ho tre o quattro cose che vorrei fare, ma di solito i progetti ‘mi si presentano’ in un modo strano: mi dicono: “Sono pronto per te”. Ho sempre tante idee in testa, una avanza, l’altra torna indietro.
Il set, che passione!
Sono uno che ama andare sul set, stare sul set. Di un film mi interessa soprattutto la parte delle riprese. Mentre giro, avverto sempre una forte emozione, ci sono delle cose che mi commuovono, momenti che mi fanno ridere. E poi automaticamente la mia mente va agli spettatori, e mi dico: “Questi penseranno così, quelli piangeranno”. E’ come se il regista quasi si annullasse e si confondesse con il pubblico. Ho un legame viscerale e fortissimo con gli spettatori. Ogni volta che incontro persone che mi fanno i complimenti, mi intenerisco. A volte mi dico: “Ferzan, passerà”. Bisogna pensare così e non sentirsi mai ‘sto…
La riscrittura
Sono uno che riscrive i film tutti i giorni. Il bagno turco non finiva così, terminava con lei gestiva questo bagno turco che era pieno di gente che arrivava. Ho cambiato perché il produttore turco, che era un tirchio tremendo, non aveva fatto il bagno turco come si deve, quindi ho detto: “Inventiamoci qualcosa di diverso”. L’altro giorno, durante la serie, ho fatto una cosa abbastanza sostanziale. Mi sono preso un rischio, perché ci sono gli inglesi, gli americani, che sono impazziti. DI colpo mi sono detto: “E se facessimo così?”. Adoro la novità del momento, l’energia che si sprigiona. Quando scrivi una sceneggiatura le parole muoiono sulla carta, poi fai la lettura con gli attori e le parole riprendono a vivere, poi vai sul set a girare e il set ti suggerisce cose cose nuove, così come gli attori.
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