(di Tiziano Rapanà) Penso sia il caso di ristabilire la quiete sul parlare delle cose che si muovono in Rai. Resta Marco Damilano, idem Cartabianca e Report. No, non è aria d’epurazione quella chi si respira. Sono semplici cambiamenti nell’ordine delle cose. Devo volare alto dalla ordinarietà, mi costruisco un tappeto volante con dei tessuti colorati così mi si vedrà anche da lontano. Devo per forza fabbricarmelo, perché è meglio sentire di amori millantati nati per dormire bene la notte che di presunti e probabili o improbabili cambi e spostamenti dei palinsesti. La gente non arriva al diciotto del mese, le priorità sono altre. Una cosa, tuttavia, la voglio dire. Riguarda il futuro Mezz’ora in più. Si fa il nome di Monica Maggioni per il dopo. È una grande professionista, nulla da obiettare. Tuttavia considero idonea, per le sensibilità degli ascoltatori più fedeli della trasmissione, Francesca Mannocchi. È un nome nuovo che i lettori dei giornali conoscono perfettamente. La sua storia giornalistica è esemplare ed è portatrice che può dare quella spinta ad un necessario nuovo corso. Il suo lavoro si concentra sul racconto delle migrazioni e delle zone di conflitto. Ha viaggiato in diversi paesi come Iraq, Libia, Libano, Siria, Tunisia, Egitto e Afghanistan, realizzando reportage di grande impatto. Tanti sono i premi che hanno certificato il suo talento. Tra questi, il Premio Giustolisi per un’inchiesta sul traffico di migranti e sulle carceri libiche, il Premiolino nel 2016 e il Premio Ischia nel 2019. A lei si deve la cronaca più stringente del conflitto in Ucraina per La7. Mannocchi è una personalità autorevole che può fare molto bene alla trasmissione.