Dal Web alla tv (su Sky) la rassegna stampa di Fiorello non perde smalto e continua a regalare buonumore. Gli amici al bar e il giornalista Meloccaro gli fanno da spalla
La letteratura sulla felicità è immensa, a iniziare da Epicuro e forse prima, ma a lume di buon senso mi pare che nessuno di noi sappia definire che cosa sia la felicità. La si può provare, certo, in alcuni momenti, ma è difficile da spiegare, non ci riesce nemmeno la famosa dichiarazione d’indipendenza americana del 4 luglio 1776, là dove sancisce che «a tutti gli uomini è riconosciuto il diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità». Anche la storia dello spettacolo, ben più modesta della Storia vera, sa regalare momenti di felicità: per uno spettacolo ben riuscito o per l’incontenibile comicità di uno showman. Però c’è un momento del tutto particolare in cui ti assale la felicità senza che ci sia una causa particolare: è un’atmosfera, un mood, uno stato d’animo. Qualcosa di indefinibile, sottocutaneo.
È successo in radio con «Alto gradimento», in tv con «Quelli della notte», sul web con «Edicola Fiore». E adesso che questa singolare rassegna stampa è finita in tv (su Skyuno alle 7.30 e alle 20.30 e su Tv8 alle 8), in molti hanno gridato al miracolo e spiegato i motivi per cui Fiorello regala buonumore: non è televisione, è metatelevisione, è sublimazione del cazzeggio, è più radio che televisione. Certo, sono ragioni molto valide per spiegare la bravura di Fiorello (del resto, chi se ne accorge in ritardo ha più tempo per pensarci), ma resta pur sempre un mistero come una semplice sigla rubata e una faccia truce riescano a creare il «momento Gomorra», un arabesco d’impeccabile ironia che d’incanto rovescia il lavoro tipico della tv, cioè la normalizzazione dell’insolito. Con Fiorello avviene il contrario. Intristiti dalle nostre commedie umane, gli chiediamo ogni mattina di custodire per noi questo tesoretto del buonumore, che si sviluppi e si espanda in ogni forma. Ha trovato una spalla nel giornalista Stefano Meloccaro e un coro negli amici fortuiti del bar. Lunga vita!
Corriere della Sera